Edoardo Bove: “Ho troppo tempo libero, non sono abituato. La sera mi chiedo: ma che ho fatto oggi?”
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"Ci sono volte in cui mi sveglio e non riesco a dare un senso alla giornata". A Sanremo Edoardo Bove aveva già spiegato qual è il nuovo percorso di vita intrapreso dopo aver rischiato la morte per un'anomalia cardiaca. Ma la frase che scolpisce racconta benissimo qual è lo stato d'animo attuale del centrocampista della Fiorentina.
"La testa fa i suoi giri… ci sono alti e bassi", dice rivelando quanto possa essere dura affrontare una nuova quotidianità che scivola via in maniera molto ‘normale', quasi ordinaria, anche troppo rispetto allo status precedente a quel 1° dicembre di cui oggi può ancora parlare. "È come se si fosse chiuso un cerchio, tutto è ricominciato da quel momento", ha aggiunto ricordando le impressioni ricavate dal suo ritorno in campo, accanto ai compagni di squadra della Viola.
Null'altro può fare che atto di presenza anche se sta bene: il defibrillatore sottocutaneo che gli hanno impianto gli chiude, in base alla rigidità del protocollo, la possibilità di calcare i prati della Serie A. Potrà farlo solo all'estero, dove la normativa è meno rigorosa rispetto a quella italiana. A 22 anni sa che non è finita ma deve lasciare che il tempo, i riscontri medici e le opportunità si incastrino perfettamente. "Prima, mi svegliavo e sapevo che il mio obiettivo era allenarmi – ha dichiarato a Vanity Fair -. Ora faccio duecentomila cose in più, anche più importanti, ma arrivo a sera e mi chiedo: ma che ho fatto oggi?".
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Bove è pronto a tutto, ma ci tiene a dire di non sentirsi affatto un supereroe nell'affrontare una situazione che è troppo più grande di lui. "Il calcio è troppo importante per me, non posso permettere a me stesso di mollare così. Ci riprovo e vedrò anche come starò: se avrò paura, se non sarò tranquillo… allora cambierà tutto".
La luce, il buio poi di nuovo la luce. La sequenza videoclip della sua vita ha subito una cesura improvvisa, come pellicola che salta cinema. Gli manca qualcosa, lo ha ricostruito attraverso le testimonianze e le immagini. Gli hanno detto che quando era in ambulanza ha "fatto un po' di casino… gridavo, mi dimenavo, mi hanno dovuto legare".
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Il resto lo ha letto negli occhi dei suoi cari quando li ha trovati accanto al suo letto. "Non ricordo di essere caduto. Mi sono risvegliato in ospedale, toccandomi le gambe perché pensavo mi fosse successo qualcosa al ginocchio. Non capivo nemmeno la gravità della situazione, pensavo di essere semplicemente svenuto. Loro invece sapevano di avere corso il rischio perdere un figlio o rivedermi in condizioni brutte".
In diretta tv, al Festival, ha ammesso di essere stato molto fortunato per essersi trovato nel posto giusto, al momento giusto: i soccorsi erano lì, pronti. A molte altre persone non è andata come a lui. E lo ribadisce: "Ho capito di essere stato molto, molto fortunato. Ho rischiato tanto, devo essere grato alla vita perché tutto è successo in un campo di calcio, col soccorso a portata di mano: in 13 minuti ero in ospedale (dove è rimasto per 12 giorni, ndr). Non so come sarebbe andata, se fosse successo in un'altra circostanza. Ma forse era destino che mi salvassi, non me lo spiego diversamente".
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Una domanda ronza in testa a Bove ed è quella che si farebbe qualsiasi altra persona: perché proprio a me? "Ma io so che a interrogativi del genere non ci sarà mai una risposta. La sorte ha voluto questo per me, noi possiamo decidere solo come reagire. Cosa è successo al mio cuore? Dal punto di vista medico c’è certamente una causa scatenante (è entrato in arresto cardiaco dovuto a una torsione di punta, ndr), ma ancora la dobbiamo capire fino in fondo. Sto facendo dei controlli, e altri ne farò ancora".
Segnale. Niente di soprannaturale ma Bove usa questa parola quando dice che il "suo cuore" gliene ha mandato uno. "Queste cose succedono quando è sotto sforzo, forse troppo". Quel che ha vissuto riduce a una dimensione ‘umana' quel mondo del calcio che, spesso, appare così dorato e distante da chi lo guarda. "Almeno per me, resta un prato verde sul quale divertirsi. Noi giocatori siamo fortunati, guadagniamo molto più degli altri sportivi… e non so quanto sia giusto. Il business che c'è intorno al calcio fa muovere tanti soldi ma è anche vero che un calciatore di serie A per allenarsi fa molta meno fatica di un qualsiasi nuotatore".