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Cosa è stato Tarcisio Burgnich per l’Italia: “Solo Pelé saltò meglio di me”

Si è spento a 82 anni, Tarcisio Burgnich uno dei terzini più forti di sempre che con i colori dell’Inter di Helenio Herrera e della Nazionale ha scritto le sue pagine più nelle. Definito dal compagno Picchi la ‘Roccia’, ha costruito la sua carriera tra umiltà, rudezza e determinazione vincendo tutto ciò che un giocatore può sognare.
A cura di Alessio Pediglieri
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La ‘Roccia' ha ceduto, Tarcisio Burgnich se n'è andato a 82 anni e ha lasciato subito un immenso vuoto nel mondo del calcio in cui ha collaborato a rendere grandi i colori di Juve, Inter e Napoli tra i club e quelli azzurri della Nazionale italiana. Friulano verace, taciturno e gentile, un terzino tra i più forti e completi del suo tempo e non solo, ha scritto pagine memorabili soprattutto con Helenio Herrera all'Inter e in Nazionale, vincendo in carriera tutto ciò che c'era da vincere.

Definire Burgnich un semplice difensore è riduttivo e ingiusto. Lui cresciuto nelle terre del Friuli al cospetto dell'Udinese in cui iniziò da centrocampista, per poi finire dall'altra parte d'Italia, al Palermo, dopo la parentesi vincente alla Juventus in cui si formò da terzino,  fino ad arrivare in nerazzurro era più di un classico difensore. Rude quanto doveva, moderno nei movimenti e nella visione del calcio, capace di leggere le odierne due fasi (offensiva e difensiva), perfettamente calato nel suo tempo in cui ha saputo fare la differenza. Formando con l'amico Facchetti una delle coppie laterali più belle di sempre.

La nascita della "Roccia"

Era la ‘Roccia', un soprannome che arrivò dall'amico e compagno dell'Inter, Armando Picchi subito dopo una partita contro la Spal. Burgnich si scontrò con Novelli che ruzzolò a terra con il Tarcisio nerazzurro ritto e fermo in piedi. Picchi, ex spallino, consolò l'avversario: "Ti capisco amico, dopotutto sei andato a sbattere su una roccia". Da lì, nasce il ‘mito' di un Tarcisio epocale, insuperabile, capace di restare umile in un ruolo che definì sempre di sacrificio e fatica: "L'attaccante è un ruolo di fantasia, essere difensore no: il tuo compito non è fare ma impedire di fare. Ti tocca sempre la seconda mossa, ti muovi solo in base a cosa fa il tuo avversario. Con un occhio e mezzo segui l'attaccante, con l'ultima metà il pallone".

I nostri allenatori pretendevano da noi il massimo della sportività e della correttezza, specie in area di rigore. Giocando addosso all'uomo, non potevi fargli molto male e nel mio ruolo devi imparare a restare sostanzialmente umile. Ma quando una domenica con una gomitata, Riva mi ha spaccato due incisivi e un premolare, appena ho potuto gli ho restituito il fallo. Poi ci siamo scusati, mon ho mai avuto alcun problema con nessuno dei miei avversari.

Il trionfo agli Europei del '68

E a proposito di attaccanti, la ‘Roccia' che in carriera con l'Inter di Herrera si è preso il pregio di vincere due Coppe dei Campioni, una Intercontinentale, quattro scudetti (oltre a un altro titolo con la Juve e una Coppa Italia col Napoli), con la Nazionale italiana ha vissuto momenti epici, sia ai Mondiali che agli Europei. Nel torneo continentale trionfa nel 1968, quando fu presente in tutte le fasi più importanti: nella vittoria contro la Bulgaria per 2-0 e nella semifinale contro l'URSS decisa dal sorteggio. E poi ancora, nelle due finali contro la Jugoslavia, giocate a Roma e concluse la prima 1-1 e la seconda 2-0 a favore dell'Italia.

Dopo il 4-3 contro i tedeschi ho passato tre giorni a letto, per recuperare la fatica. In fondo, abbiamo tenuto il pari fino a 20 minuti dalla fine riuscendo a fare la differenza anche grazie alla nostra miglior abitudine a giocare in altura.

La "Partita del Secolo" e la ‘scalata' di Pelè

Ai Mondiali, si laurea vice campione del Mondo con la Nazionale di Valcareggi. E' il 1970 in Messico, quando realizza bella "Partita del Secolo", il momentaneo pareggio del 2-2 (segnando il suo 2° gol in azzurro) nella semifinale Italia-Germania Ovest poi vinta dagli azzurri 4-3 e dove Gianni Brera gli concede una pagella da "9+". Poi, l'amara finale, quando Pelé realizzerà il gol del momentaneo 1-0 nella partita che il Brasile vincerà 4-1, scalando la ‘Roccia' solo come O ‘Rey avrebbe potuto osare.

Se si vede l'attimo si nota davvero come Pelè salta meglio di me. Certo, io stavo saltando storto per recuperare la posizione dopo che Valcareggi aveva deciso di cambiare le marcature: io su O'Rey, Bertini su Rivelinho

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