È il giorno della verità nella battaglia tra Uefa e Superlega: cosa può cambiare nel calcio europeo
Non è il giorno del giudizio, ma ci si avvicina parecchio. La battaglia tra Uefa e Superlega (quel che ne rimane: Barcellona, Juventus e Real Madrid) non si risolverà oggi, però in giornata sono attese le conclusioni sul procedimento alla Corte di Giustizia dell’Unione Europea. Conclusioni che, solitamente, non discostano da quella che sarà la sentenza, ma la pronuncia finale arriverà soltanto in primavera. Intanto, dopo mesi di colloqui e di operazioni diplomatiche che hanno rafforzato i legami tra Uefa e Ue, il calcio europeo resta in attesa: il tentato rovesciamento dello status quo avrà un seguito o sarà solo una bolla di sapone? Le sanzioni ritirate dal massimo organo calcistico continentale resteranno archiviate in un faldone o verranno ripristinate? Ma soprattutto, nell’Unione Europea sarà possibile riconoscere una nuova entità sotto cui organizzare competizioni calcistiche oppure tale potere continuerà ad essere affidato esclusivamente alla Uefa?
Su cosa si basa la lotta tra Uefa e Superlega
Il background è noto ormai dal 18 aprile 2021, quando 12 club europei (alle prese con un indebitamento da circa 6 miliardi di euro) svelarono il progetto per un nuovo «modello di business» nel calcio continentale. Tempo 48 ore e, tra proteste dei tifosi e minacce dei governi, il cerino della Superlega è rimasto nelle mani di tre sole fondatrici: Barcellona, Juventus e Real Madrid, che continuano ad essere le uniche a portare avanti il progetto dopo un anno e mezzo, con la società A22 Sports Management.
Mentre le altre nove hanno raggiunto con la Uefa un accordo transattivo (poi ritirato), le altre hanno portato avanti una battaglia legale ponendo l’accento sul «monopolio» creato dall’organismo calcistico europeo. Sia nel procedimento avviato presso il Tribunale Commerciale di Madrid che nella domanda di pronuncia pregiudiziale posta alla Corte di Giustizia dell’Unione Europea, tutto ruota attorno alla «posizione dominante» che la Uefa, secondo i tre club, avrebbe nei confronti dell’intero calcio continentale.
Gli ultimi sviluppi nel caso Superlega
Di recente, la Superlega ha provato a dotarsi di un volto: quello di Bernd Reichart, manager tedesco con trascorsi in Ufa Sports (poi Sportfive), Antena 3 (poi Atresmedia), RTL Deutschland e Vox. Lo scorso 8 novembre si è tenuto un incontro a Ginevra tra lo stesso Reichart e il presidente della Uefa, Aleksander Ceferin, alla presenza di altri rappresentanti di leghe nazionali (tra cui l’amministratore delegato di Lega Serie A, De Siervo, e uno dei più feroci critici della Superlega, lo spagnolo Tebas) e di altre unioni internazionali. Il risultato: i presenti hanno «sottolineato insieme che l’opposizione all’autoproclamata super lega (scritto in minuscolo, ndr) rimane schiacciante oggi come lo è stata dall‘aprile 2021». Nulla di inaspettato, se si considera che in ben altre occasioni Ceferin ha ribadito la propria contrarietà. Anche di fronte ad Andrea Agnelli, uno dei principali fautori del progetto, che però oggi non ha più un posto né all’Eca, né tantomeno alla Juventus.
Le dimissioni di Agnelli dalla presidenza bianconera hanno già ammorbidito la posizione dell’associazione dei club europei, di cui era presidente fino alla notte del tentato «golpe». Oggi l’Eca si dice disposta ad un confronto col nuovo consiglio di amministrazione juventino, ma è chiaro che ci si attenda un passo indietro nella battaglia sulla Superlega. Anche perché, e questo la Uefa lo ha dichiarato subito dopo l’incontro con Reichart, oltre ad avere «respinto all'unanimità la logica alla base di progetti come ESL», «questo approccio ha ricevuto il sostegno unanime della Commissione europea, del Parlamento europeo, dell'Assemblea parlamentare del Consiglio d'Europa e un ampio sostegno da parte dei governi nazionali, delle istituzioni pubbliche e delle parti interessate in tutto il continente».
Come si pone l'UE sul tema Superlega
Politicamente, la Uefa si è mossa con largo anticipo in territorio comunitario. Già un anno fa, nel novembre 2021, il Consiglio dell’Ue ha approvato una risoluzione «sulle caratteristiche fondamentali del modello europeo dello sport», nella quale vengono ribadite come tali «le competizioni aperte, la libertà di associazione, un approccio dal basso e la solidarietà». Due mesi fa, invece, la Uefa e la Commissione Europea hanno annunciato un accordo di cooperazione fino al 2025, ribadendo «esplicitamente la volontà della Commissione e della Uefa di proteggere e rafforzare il modello sportivo europeo, basato sui valori europei, la solidarietà tra i livelli di élite e di base, il merito sportivo, un sistema aperto di promozioni e retrocessioni e la protezione dell'integrità fisica e morale di sportivi e sportive».
I cavalli di battaglia della Uefa, nella sua disputa con la Superlega, che a sua volta vuole opporsi ad un presunto monopolio. L'ultima parola spetterà alla Corte di Giustizia dell’Ue, in un clima per nulla sereno per le istituzioni comunitarie a causa del Qatargate. E anche dal Qatar guardano con attenzione agli sviluppi del procedimento, se si pensa a chi si è opposto al progetto sin dal primo giorno: il Paris Saint-Germain, controllato dalla famiglia reale del Qatar, e il Bayern Monaco, che tra i principali azionisti ha Audi, a sua volta controllata dal Gruppo Volkswagen, che per il 10,5% è in mano alla Qatar Holding LLC. Due club che continuano a guidare il fronte contrario e che oggi, come tutto il resto del calcio europeo, attende le conclusioni: da un lato, la prospettiva di una nuova competizione esterna alla Uefa; dall’altro, il nuovo formato della Champions League che entrerà in vigore dal 2024.