Donnarumma sotto assedio, rispunta Paola Ferrari con una vecchia storia: “È recidivo”
Il nervosismo palesato da Gianluigi Donnarumma verso la giornalista della Rai, Tiziana Alla, che aveva sottolineato il momento poco felice del portiere della Nazionale e del Psg, ha fatto molto discutere.
L'atteggiamento del calciatore ("se poi vuoi dare la colpa a me… dammela pure", s'era lasciato sfuggire), il botta e risposta avvenuto al momento dell'intervista a caldo hanno sollevato un polverone e diviso il popolo di tifosi tra chi ha puntato l'indice contro l'arroganza del giocatore, che non accetta critiche e replica in maniera poco professionale, e chi invece se l'è presa con l'inviata della TV di Stato che sarebbe stata troppo insistente nei suoi confronti nonostante avesse già ammesso parte delle proprie responsabilità.
L'episodio si è aggiunto alla grande delusione a corredo della pesante (e umiliante) sconfitta dell'Italia contro la Germania in Nations League. In calce al risultato di 5-2 subito c'è anche una porzione di responsabilità dell'estremo difensore, non esente da colpe in alcune azioni e anch'egli apparso un po' in difficoltà per le incertezze commesse.
Alla ha ricevuto la solidarietà dei colleghi giornalisti, tra cui due volti noti del piccolo schermo. L'ex telecronista Mediaset, Sandro Piccinini, oggi voce narrante delle gare di Champions League su Amazon Prime Video, s'era schierato dalla sua parte: "Donnarumma si dimostra incapace di comprendere i propri errori, un limite non da poco per un giocatore del suo livello. Complimenti a @allatiziana, non molti colleghi avrebbero fatto quella domanda".
Paola Ferrari, giornalista Rai e conduttrice tv, ha avuto parole di elogio per l'inviata a bordo campo e definito il numero uno Azzurro "recidivo", citando una vicenda che la vide direttamente protagonista. "Complimenti alla collega di @raisport@allatiziana corretta ed esemplare. Ma @gigiodonna1 è recidivo. 4 anni fa per un mio post molto critico sulle sue scelte economiche mi querelò. Brava Tiziana".
Lo scontro tra i due risale al 2017 quando l'ex procuratore di Donnarumma, Mino Raiola (morto il 30 aprile scorso), era in trattative con il Milan per il rinnovo del contratto del suo assistito.
Il tormentone sulle cifre e il tira e molla sulle condizioni economiche che separavano domanda e offerta portò Ferrari a una considerazione: "Donnarumma non dovrebbe indossare la maglia della Nazionale per un anno. Codice Etico? Quale peggior esempio di chi tradisce per i soldi?".
Il concetto del buon esempio per i più giovani che un calciatore come Donnarumma avrebbe dovuto dare divenne oggetto della diatriba sui social e in tribunale, poiché la giornalista sporse querela nei confronti di Mino Raiola per il linguaggio e le parole utilizzate in una conferenza stampa per replicare alle sue affermazioni.
A un follower che le contestava quell'opinione rispose rincarando la dose: "Non si giura vero amore per poi calpestare tutto. Il Milan ha offerto 5 milioni all'anno. Non bastavano? Cosa hanno fatto Totti e Del Piero?".
Pochi giorni dopo Mino Raiola alzò la voce davanti ai microfoni: "Ho sentito una giornalista importante della Rai dire che Gigi dovrebbe essere tolto dalla Nazionale per un codice etico, perché si è venduto per soldi, una signora che ha sposato una persona che gestisce uno dei fondi… hedge fund più grandi del mondo".
Il riferimento era a Marco De Benedetti (marito di Paola Ferrari), manager e imprenditore del Fondo d'investimenti Carlyle, che l'ex agente citò in maniera ironica ("si sveglia la mattina e pensa ai soldi, va a letto e pensa ai soldi") per controbattere alle allusioni sugli aspetti finanziari della transazione in atto tra il club rossonero e il suo assistito.
L'attacco finale fu molto duro: "Come c…o ti permetti di dire codice etico. Tu? Codice Etico? Ma vaffa tu e tutto Carlyle". Una frase che spinse Paola Ferrari a citare Mino Raiola per diffamazione chiedendo un risarcimento di 5 milioni di euro (che avrebbe destinato alla Fondazione Stefano Borgonovo per la ricerca sulla Sla) per i toni volgari adottati, per l'offesa ripetuta più volte, per il danno grave alla sua reputazione.
"Oltre alla parolaccia reiterata – raccontò la donna alla Adnkronos -, c'è il fatto di denigrare una giornalista che lavora da 18 anni e che esercita il suo dovere di critica. Non si può permettere di essere insultati anche attraverso i mezzi di stampa, come concetto e come precedente".
Il giudice, però, rigettò la querela e la condannò a pagare le spese processuali sostenendo che la presa di posizione da parte di Raiola rientrava nel diritto di critica che "può essere esercitato utilizzando espressioni anche lesive della reputazione altrui, purché siano collegate alla manifestazione di un dissenso ragionato e non si risolvano in un’aggressione gratuita".