Donnarumma, silenzio che indispettisce: via dal Milan senza un saluto e nemmeno un grazie
Gianluigi Donnarumma va in campo questa sera solo da portiere della Nazionale. Avrà dinanzi a sé Romelu Lukaku, che in quattro derby lo ha costretto a chinare il capo per altrettante volte a causa dei gol segnati, e proverà ad allungare la striscia di match con la porta inviolata (11 clean sheet nelle ultime 12 partite con gli Azzurri). Nei quarti di finale degli Europei l'Italia avrà tra i pali un calciatore disoccupato, anche se utilizzare un termine del genere con chi fino al 30 giugno ha guadagnato 6 milioni netti a stagione è un azzardo dialettico.
Tanti ne incassava dal Milan che per convincerlo a rinnovare il contratto ne aveva messi altri 2 sul piatto: 8 milioni netti, la fascia di capitano, il ‘diavolo' di nuovo in Champions dopo anni di magra e di mercoledì passati sul divano ad ascoltare e vedere le partite degli altri, la prospettiva di essere una bandiera di un club tra i più titolati al mondo, la fiducia della società, i consigli di un grande ex – oggi dirigente – come Paolo Maldini non sono bastati per convincerlo a ragionare con la sua testa. "Faccio quel che mi dice Raiola", ha sempre ripetuto nemmeno fosse un soldato prigioniero in guerra che, preso dai nemici, ripete nome, cognome, grado e numero di matricola.
Una stretta di mano. Una pacca sulla spalla. Arrivederci e grazie dopo l'ennesimo tormentone sul suo futuro. L'ex difensore del Milan e della Nazionale lo ha liquidato con stile, senza polemiche, con un'espressione di amara comprensione ("le nostre strade si dividono") perché sa che Donnarumma è figlio dei tempi in cui il bacio alla maglia vale come un dollaro bucato. Ne metterà in tasca molti di più, e saranno tutti buoni, a Parigi: 12 milioni netti (compresa una manciata di bonus) con il benestare dell'emiro ma dovrà rinunciare alla maglia numero 99 che ha sempre avuto in rossonero. Al termine dell'esperienza agli Europei il trasferimento al Psg diverrà ufficiale: ha già svolto le visite mediche, gli accordi sono stati sanciti da tempo (ci ha pensato l'agente), il resto è pura formalità burocratica accompagnata dal classico rituale di foto, sorrisi a bocca larga e belle parole. Anche questo fa parte del gioco.
Ancora qualche settimana e nella bio, la descrizione a margine dei profili social, potrà inserire la nuova collocazione geografica e il nome del nuovo datore di lavoro con tanto d'incarico ricoperto: portiere del Paris Saint-Germain accanto a "e della Nazionale". Fino al 1° luglio, nonostante fosse svincolato, aveva ancora la vecchia nomenclatura. Una dimenticanza che non è passata inosservata anche perché finora da parte di Donnarumma non c'è mai stato alcun messaggio, frase, post condiviso in Rete nei quali dicesse addio, rivolgesse un saluto e un grazie sincero alla società che lo ha accolto ragazzino e ha provato a farlo diventare uomo oltre che tra i più forti portieri in questo momento sulla scena. Non pensieri fatti con lo stampino ma accenti che arrivano dal cuore. Magari lo farà. Ogni cosa a suo tempo. Quello al Milan è finito da un pezzo perché ha deciso di mandare tutto al ‘diavolo'.