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Diego Milito, eroe del triplete: “San Siro è stato il posto più magico del mondo”

Diego Milito ha scritto una lettera dedicata all’Inter e ai tifosi nerazzurri per ricordare le emozioni più belle della stagione del triplete. La doppietta realizzata contro il Bayern Monaco in finale di Champions resta scolpita nella storia. Nei ricordi del “principe” è come fosse ieri: “C’eravamo solo noi, c’era il popolo interista. Io ero stravolto. Ma ero stravolto di felicità”.
A cura di Maurizio De Santis
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Il "principe" che diventò re in una notte di Champions. Nel giorno che celebra la ricorrenza del "triplete" dell'Inter la figura di Diego Milito si staglia all'orizzonte. Lo vedi spuntare da lontano. Ha il sole alle spalle e ti sembra un'ombra lontana, piccola piccola, confusa tra la polvere dei ricordi e le onde di calore che generano miraggi. Non è uno scherzo della rifrazione. È quel "ragazzo" che oggi ha 40 anni e per tutta la carriera, nonostante una grande umiltà, verrà conosciuto con quel soprannome nobiliare per la somiglianza con un'icona del calcio sudamericano, Francescoli.

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"Papà, ma perché ti sei messo così dietro? In tutte le immagini ci si vede a malapena…", gli dice il figlio Leandro che non si spiega come mai il papà goleador, decisivo nella finale di Coppa contro il Bayern Monaco con una doppietta, l'uomo che ha messo il sigillo in calce a quel trionfo storico, non sia in primo piano accanto al capitano, Javier Zanetti. È difficile da far capire a parole, forse le migliori, le più efficaci, le ha usate un compagno di squadra. "Se come calciatore vale dieci, come uomo vale quindici", disse Samuel Eto'o, il leone del Camerun che in quella squadra consegnata agli almanacchi accettò perfino di giocare da terzino perché Mou così voleva. E come fai a dire no a un allenatore "speciale?"

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Nella lettera scritta dall'ex attaccante e pubblicata dal club nerazzurro sul sito ufficiale c'è tutta la storia umana e sportiva di Milito. Diego aveva la testa a posto, una testa da "vecchio" su un corpo giovane. Il resto è stato un mix di orgoglio, grinta, capacità tecniche, dedizione al lavoro. "Come ti alleni, giochi", basta questo passaggio del testo per tracciare la personalità dell'atleta e di quella squadra incredibile.

Il calcio è diventato qualcosa sulla quale ho potuto concentrarmi perché la mia famiglia mi ha appoggiato sempre, in maniera straordinaria e piena – si legge -. Il compromesso era chiaro: non si mollano gli studi. E infatti li ho portati aventi fino al secondo anno di università, studiavo per diventare commercialista. Ricordo le corse in macchina: via da scuola e dritti agli allenamenti, mangiando un panino. O viceversa: gli allenamenti alla mattina, che mi costrinsero a cambiare classe, e le lezioni al pomeriggio.

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Con la maglia dell'Inter Diego Milito ha giocato 171 partite e segnato 75 gol, i due realizzati contro i tedeschi li ha davanti agli occhi come fosse ieri. Ricorda tutto, attimo per attimo: lo sviluppo della manovra, il pensiero rapido e l'azione repentina, i movimenti e le finte, il tiro e il gol. I due gol.

  • La palla di Julio era lunga, alla stazza di Demichelis ci avrebbe pensato Wesley Sneijder pronto per il passaggio. "Sapevo che con lui la palla arrivava sempre", dice Milito. E scattò in profondità: controllo perfetto, finta per mandare Badstuber a farfalle e poi gol. Il primo.
  • A Madrid la finta su Van Buyten spalancò le porte del paradiso. La rete di piatto sul secondo palo scatenò l'apoteosi. E sono due. Il Bayern è in ginocchio.

Ero felice, lo sono tutt’ora, se penso a quello che abbiamo fatto, tutti insieme. Al segno che abbiamo lasciato nella storia di questo club, la nostra Inter. E ve lo dico: mai, mai nella mia vita avevo visto uno stadio pieno di gente all’alba, alle sei del mattino. Già il ritorno da Barcellona era stato fantastico, con l’accoglienza all’aeroporto. Ma quella mattina San Siro è stato il posto più magico del mondo: c’eravamo solo noi, c’era il popolo interista. Io ero stravolto. Ma ero stravolto di felicità.

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