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Caso scommesse nel calcio

Di Canio chiede di essere inquadrato per un clamoroso sfogo in diretta: “Siete dei cog**oni”

Il caso scommesse ha tenuto banco ancora nelle analisi sulla 9a giornata di campionato di Serie A. Oltre a quanto accaduto in campo, riflessioni e pareri sullo tsunami che sta scuotendo il calcio. Tra tutti, Paolo Di Canio dagli studi Sky ha tuonato il proprio pensiero.
A cura di Alessio Pediglieri
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Il calcio giocato è tornato con la nona giornata di Serie A ma al di là dei risultati sui campi, tiene sempre banco il tema delle scommesse illecite che ha coinvolto come uno tsunami l'intero sistema. Così, anche nelle principali tavole rotonde della TV che segue da vicino il mondo del pallone, si sprecano analisi, commenti e considerazioni, tra cui quella schietta e diretta di Paolo Di Canio dagli studi di Sky.

Nella cornice della trasmissione serale "Sky Calcio Club", l'ex centrocampista e apprezzato opinionista ha voluto prendersi la scena per qualche minuto spiegando il proprio crudo punto di vista sull'argomento. Come da par suo, senza mezzi termini: "Popi, dammi la telecamera fissa, inquadrami" ha esordito in diretta su Sky rivolgendosi al regista della trasmissione. E poi, subito dopo essere in primo piano: "Ecco. Siete dei coglioni! Lo dico da fratello maggiore anzi, da papà visto che alcuni sono più giovani delle mie figlie. Ci sono tre miliardi di cose che uno può fare… cani, gatti, criceti su cui scommettere. Non è un invito, anche perché sarebbe più opportuno dire paternalisticamente  ‘non scommettete… entrate in un giro…' Ma scommettete sul calcio? Devi essere vuoto, cioè proprio stupidità. Devi essere stupido, ripeto, perché poi si incomincia con un vizio in una certa maniera con leggerezza, perché è la prima volta che scommetti, è la prima volta".

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Paolo Di Canio nel suo soliloquio entra poi nel merito, con nomi e cognomi: "Ti avvicini a questo mondo, poi con piani diversi come stavamo dicendo. Qui non stiamo parlando di illeciti, diciamolo perché le persone pensano che abbiano manipolato, no. Meno male e per fortuna non hanno fatto quello, ma è comunque una cosa importante da dire. Perché poi uno come Fagioli è arrivato ad una certa dimensione, vedremo, ma da quello che esce ci sono anche delle problematiche, delle minacce. Qualcosa di diverso ad esempio da quanto accaduto a Tonali che mi pare sia comunque in controllo. Dunque, ci sono dei piani diversi anche per la ludopatia, di cui si deve parlare, perché poi entri in depressione e proprio per questo ti perdi il tuo mondo".

Fin qui l'analisi di quanto accaduto, davanti agli occhi di tutti da quando le prime notizie sono arrivate a ridosso del ritiro di Coverciano con la Nazionale, fino alle prime amare ammissioni di colpevolezza e le conseguenti sanzioni al momento ferme sul fronte della giustizia sportiva che però deve ancora attendere altre carte per proseguire il proprio corso. Di Canio si spinge oltre e prova ad inquadrare che cosa sia andato storto: "Qualcosa è fallito" aggiunge e per spiegare il proprio pensiero prende a riferimento se stesso: "Vi racconto un aneddoto che mi riguarda da vicino quando ero alla Juventus. Io arrivavo da un quartiere molto popolare, un bel paravento per dire che non avevo paura o timori per affrontare un dirigente. Bene, un giorno durante l'allenamento mi vengono a dire: oggi pomeriggio devi andare in sede perché ti deve parlare Boniperti, il Presidente"

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Erano i primi anni 90 quando tra il 1990 e il 1993 un giovanissimo Di Canio, ventiduenne, arrivò a Torino sponda bianconera, governata dalla famiglia Agnelli e con presidente Giampiero Boniperti: "Ho avuto subito paura e terrore, sono andato sul chi va là: un terrore puro senza capire che cosa potessi aver fatto. Bene, ho trascorso tre ore di anticamera con la segretaria che non mi diceva assolutamente nulla: stavo lì con il sound nelle orecchie domandandomi il motivo. Quando sono entrato, vedo il Presidente che mi domanda: dov'eri ieri sera? Io rispondo in centro, da Mauro – uno dei più famosi ristoranti dove andavano tutti i giocatori della Juventus. E che ora hai fatto? Sono rientrato alle 10 e mezza. Troppo tardi, mi fa lui".

Un aneddoto che serve a Di Canio per arrivare al punto relativo alle scommesse: "Non sto esagerando, per lui quell'orario era troppo tardi. Ma siccome ero ancora scapolo, secondo me era una cosa preventiva a prescindere. E così io allora ho passato ore di terrore perché pensavo: se ho fatto qualcosa di sbagliato mi mettono fuori rosa, non posso giocare, non posso allenarmi. Ho passato il tempo a chiedere a tutti per avere una risposta che non c'era". 

Un sentimento che oggi, di fronte al buco nero sul quale si sta affacciando il calcio con i suoi, anche giovanissimi, calciatori, Di Canio stenta a rivedere: "Non è voler fare il vecchio trombone e i tempi sono cambiati, ma oggi il dirigente è pronto a giustificare il calciatore che sbaglia, definendolo poverino. Tutto perché sono cambiati anche loro, sono diventati loro stessi dei personaggi, sono molto distratti, hanno molte più relazioni e non stanno più dietro una scrivania, dentro uno studio. Va bene tutto" ha quindi concluso dagli studi di Sky "sono cambiati i tempi e va così. Però poi non bisogna giustificare. Non si deve giustificare".

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