De Rossi alla Roma fa sembrare Mourinho un dinosauro del calcio: ma la vera differenza non è in campo
Daniele De Rossi in meno di due mesi ha ribaltato la Roma, che sta galoppando come non faceva da anni. La squadra gioca bene, benissimo e vince. In campionato è a un passo dalla zona Champions, in Europa League ha blindato i quarti dopo il 4-0 rifilato al Brighton. Tutta un'altra musica rispetto all'epoca di Mourinho, che è stato liquidato a metà gennaio. Si respira un'aria diversa, la squadra è più serena in campo e fuori. De Rossi ha usato il giusto approccio anche con i calciatori che, al di là del modulo differente, in campo sembrano allegri e sereni, oltre che vincenti.
Sette vittorie, due pareggi (che in fondo equivalgono a una vittoria, perché il turno con il Feyenoord è stato superato) e una sconfitta. Il bilancio di DDR come tecnico giallorosso è favoloso. Ventisette gol fatti (che sono 2,7 a partita di media) e undici subiti (uno a match). Ma i freddi numeri non bastano per capire che cos'è il derossismo, che prima o dopo sarà coniato.
La Roma è cambiato totalmente in pochissime settimane. Il modulo, certo, fa la differenza. L'iper-difensivo 3-5-2 è stato abiurato. Si gioca con una difesa a quattro, con due esterni che spingono, un centrocampo mobile, veloce, un Pellegrini d'annata, che ha una media realizzativa da vero bomber, un Dybala rifiorito e Lukaku ha ripreso a segnare con continuità.
Certamente c'è stata una svolta sul campo, e si vede, la Roma non solo vince, ma diverte e i calciatori si divertono. Tutto il passato è stato spazzato via. La narrazione è cambiata, con De Rossi si è voltato pagina, pure a parole. Mou era sempre grigio, polemico, focoso, non solo con il mondo esterno alla sua Roma. Ma lo era anche con durezza nei confronti dei suoi calciatori, che molto spesso sono stati presi di mira, un po' a turno.
Lo scorso 23 dicembre, dopo il 2-0 al Napoli, il portoghese non ebbe parole dolci per la sua squadra esaltando le rose di Bologna e Fiorentina (che ora è dietro di 4 lunghezze). Aggiungendo che senza giocatori di livello la sua Roma non era squadra di alto livello: "Lotteremo con tutte le forze per provare ad andare in Champions League. Bologna e Fiorentina stanno volando? Stanno volando per due motivi: hanno bravi allenatori e poi hanno due rose fantastiche, con due giocatori per ruolo. Senza Smalling, Sanches e Dybala, non siamo fortissimi. Tutti insieme siamo forti e abbiamo anche un allenatore bravo".
Parole più dolci, ma nemmeno tanto, rispetto al solito, forse perché dopo una vittoria, ma che non erano nuove e che erano state già sentite, pochi mesi prima (a novembre 2023) dopo la partita di Europa League con il Servette: "Qui c’è gente che ha un atteggiamento sbagliato, che gioca in modo superficiale certe partite.E che senza neanche avere una grande storia in Europa si permette prestazioni del genere, come questa. Gente che ha perso un’occasione. Da oggi in poi a chi mi chiederò perché gioca poco gli dirò che lo farà solo quando gli altri saranno morti". Pare si riferisse a Belotti (ora alla Fiorentina), Spinazzola, Aouar, Renato Sanches e Pellegrini, che subentrarono, oltre che a Celik.
Parole durissime nei confronti della sua rosa, come era stato dopo il noto 6-1 incassato dal Bodo/Glimt e che oggi risuonano in modo fortissimo oggi pensando a quello che dice da settimane De Rossi che i suoi calciatori tende a esaltarli e a non caricarli di pressioni e di parole feroci: "Ogni squadra ha delle fasi calanti, io non ho fatto niente di che. Si è solo incanalato tutto nel migliore dei modi e sono felicissimo. Loro sono giocatori forti, stanno vincendo e segnando, abbiamo giocatori che altre squadre si sognano. Non c’è niente di speciale in quello che faccio, alleno solo la condizione fisica, che è fondamentale in questo calcio. Li tratto da esseri umani e loro rispondono in campo con queste prestazioni".
La magia di Mourinho non c'è stata, quella di De Rossi invece c'è e si vede e contro il Brighton tra i migliori c'è stato Celik, che è stato, in modo un po' colorito, elogiato dal suo allenatore. Il turco ha ascoltato parole totalmente diverse rispetto a prima: "Non è che se gli dici che è forte diventa forte, se è una sega è una sega. Celik è uno dei più forti che abbiamo, non è che se lo martello diventa forte, all’inizio gli preferivo chiunque, ma lui stava lì con il sorriso, non perché è scemo, voleva giocare di più e gli ho risposto che facevo le scelte per farmi vincere le partite, non ho niente contro di lui ma ci punto. Uno può reagire con il muso, con il sorriso, poi questo lo accetto, io ero un titolare e se non giocavo non ero felicissimo, ma se vai forte in allenamento, vai forte pure in partita". Parole che testimoniano la differenza tra il vecchio e il nuovo corso, che sta facendo benissimo alla Roma.