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David Sesa: “Retrocessi col Napoli perché il Brescia aveva Baggio e Toni. La Serie A era incredibile”

David Sesa a Fanpage.it ha raccontato le sue esperienze a Lecce e a Napoli dopo la sua fascinazione per il calcio italiano da figlio di emigrante: l’ex attaccante, oggi allenatore, ha analizzato anche la crescita del calcio svizzero a livello internazionale e il lavoro fatto da tutto il movimento per ridurre il gap con le altre nazioni.
A cura di Vito Lamorte
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"Finta di Lima, punizione di Sesa: gran tiro di interno collo piede ed è il gol che al 24′ porta in vantaggio il Lecce". Con queste parole il servizio di 90° Minuto, storico programma calcistico della Rai, ha raccontato il gol che David Sesa realizzò contro l'Inter il 25 marzo 2000, in occasione della 27^ giornata di campionato. L'attaccante svizzero nei campionati sul finire del millennio era un vero e proprio beniamino per i tifosi leccesi e le sue doti balistiche vengono tutt'ora ricordate dai supporter che frequentano il Via del Mare.

Sesa ha vestito per 4 stagioni la maglia del Napoli, giocando 82 partite e segnando 6 reti, prima di iniziare la parabola discendente della sua carriera nelle serie minori. Oggi allena il Rapperswil-Jona, squadra di terza divisione svizzera, e a Fanpage.it ha raccontato la sua fascinazione per il calcio italiano, da figlio di emigrante, prima di esserne protagonista. L'ex attaccante ha analizzato anche la crescita del calcio svizzero a livello internazionale e il lavoro fatto da tutto il movimento per ridurre il gap con le altre nazioni.

Cosa fa oggi David Sesa?
"Io faccio l’allenatore al Rapperswil-Jona e sono al terzo anno lì. Mi piace molto, è una società ambiziosa e infatti lo scorso anno siamo arrivati secondi ma in questo torneo solo la prima sale di categoria. Abbiamo fatto davvero un buon lavoro sia in campionato che in Coppa di Svizzera, visto abbiamo eliminato l’Yverdon (club di Super League) e poi siamo usciti con lo Young Boys".

Che allenatore è David Sesa?
"A me piace molto il contatto con i ragazzi giovani che hanno voglia di migliorarsi e di crescere. Vedere il percorso dei giocatori, valutarlo insieme e capire quali obiettivi si possono raggiungere. Sono un allenatore a cui piace il gioco offensivo, le mie squadre fanno molti gol e cerchiamo sempre di essere propositivi. Il sistema che io preferisco è il 4-3-3 ma non siamo inquadrati e proviamo sempre a mettere i giocatori a loro agio".

Suo padre era della provincia di Avellino, seguiva il calcio italiano da piccolo?
“Mio padre era di Sant’Angelo dei Lombardi e guardavamo il calcio italiano quando possibile, visto che prima era molto più difficile vedere tante partite o soltanto i gol come oggi. Non c’era Internet quindi ci affidavamo ai pochi servizi sportivi e ai giornali, oggi c’è una copertura completamente differente. Qui dove sono nato io si segue tanto il calcio tedesco ma noi guardavamo anche quello italiano, come in Ticino. Nel cantone francese sono più legati alla Ligue 1. Prima il campionato italiano era il massimo per tutti e per questo aveva molto seguito: negli anni ’80, ’90 e 2000 la Serie A era il top, oggi invece si guarda un po’ altrove. Guardavamo il Napoli, l’Avellino, la Juventus, il Milan, l’Inter… a me piaceva guardare soprattuto i calciatori più che le squadre visto che c’erano Platini, Maradona, Boniek, Zico. Il campionato italiano era davvero incredibile in quel periodo".

David Sesa alle prese con Benarrivo durante Lecce-Parma.
David Sesa alle prese con Benarrivo durante Lecce-Parma.

Ha firmato il suo primo contratto da pro con lo Zurigo a 17 anni e mezzo: ricorda come ha speso i primi soldi?
"Ti devo dire la verità, prendevo pochi soldi. Erano veramente pochi. Abitavo ancora dai miei genitori. Era più un rimborso spese al rialzo. Io ero giovane e mi fecero questo contratto come premio. Non giravano le cifre di oggi. Non ci ho mai badato più di tanto perché non erano i soldi la parte importante ma essere riuscito a diventare un calciatore: in quel momento sei contento e non pensi ad altre cose”.

Dallo Zurigo al Servette fino al Lecce: quale fu l’impatto con il calcio italiano, e con l’Italia, all’epoca?
“Io sono arrivato nella Serie B italiana dalla Serie A svizzera ma nel campionato cadetto il livello era molto, molto, alto. In B c’erano piazze come il Torino, l’Atalanta, il Lecce… un livello altissimo. Noi avevamo una squadra forte e vincemmo il campionato, questo facilitò il mio percorso di inserimento“.

David Sesa approda al Lecce grazie a Pantaleo Corvino, attuale Responsabile dell’Area Tecnica del club: che rapporta ha con il direttore?
“Ci sentiamo ancora e lui è bravissimo a trovare da calciatori da valorizzare. Ha sempre viaggiato molto e mi scovò nell’amichevole Svizzera-Jugoslavia, che all’epoca era fortissima. Mi venne a vedere e dopo alcuni contatti ci accordammo per il mio passaggio al Lecce”.

Sesa in azione con la Svizzera: 36 presenze e un gol con la nazionale elvetica.
Sesa in azione con la Svizzera: 36 presenze e un gol con la nazionale elvetica.

C’è un gol che ha più significato per lei?
"Quello a cui sono più legato è quello che ho segnato all’Inter. Fu importante per due motivi: a noi servivano i 3 punti per non retrocedere e quel gol ci aiutò, poi segnare ai nerazzurri non capita sempre. Loro avevano una squadra mostruosa, con gente che poi vinse e partecipò ai Mondiali. Ce ne sono stati tanti altri ma se devo scegliere, dico quello".

Da Lecce al Napoli, che era molto diverso da quello di oggi. Ci racconta la sua esperienza in azzurro?
“Io al Napoli ci sono stato quattro anni, che non sono pochi. Era un club diverso soprattuto a livello societario e c’era un po’ di confusione, che non ha aiutato: cambiammo tantissimi giocatori e io ho avuto a che fare con sette allenatori in quel periodo. Così è difficile aver una stabilità. Il primo anno siamo retrocessi con una buona squadra e al nostro posto si salvò il Brescia di Baggio e Luca Toni. Il livello della Serie A era incredibile“.

Ha avuto la possibilità di giocare per qualche big della Serie A?
"Quando ero al Lecce ci sono stati dei contatti con la Juventus e la Lazio: dopo il primo anno col Lecce in A alcune squadre che hanno chiesto informazioni".

David Sesa con la maglia del Napoli.
David Sesa con la maglia del Napoli.

La Svizzera ha eliminato l’Italia a EURO 2024 in maniera netta e ha confermato la crescita del movimento elvetico: come ha colmato il suo gap con gli Azzurri, e di tutti gli altri, nel corso degli anni?
"Qui abbiamo strutture importanti per fare sport. Possiamo fare calcio tutto l’anno grazie a queste strutture e dopo aver studiato come lavoravano in Italia, Germania e Inghilterra creando una filosofia nostra. In questo modo il movimento è cresciuto, la scuola di allenatori è migliorata tanto e i risultati sono evidenti. Un lavoro federale a 360 gradi".

Oltre ad un lavoro federale, però, anche i club svizzeri nei tornei europei sono molto più competitivi rispetto a qualche anno fa…
"Assolutamente sì. C’è stato un grande lavoro nei settori giovanili, sullo scouting e il miglioramento della scuola degli allenatori ha permesso a tutto il movimento di fare importanti passi in avanti. Io credo che tutto sia cominciato negli anni ’90, quando c’era CT della nazionale Roy Hodgson: da qual momento è iniziato un lavoro strutturale che ha portato i suoi frutti nel tempo. I risultati della Svizzera sono sotto gli occhi di tutti e sono continui, a differenza di qualche anno fa quando si partecipava ad un torneo ogni tanto: ora ci siamo praticamente sempre".

Lei ha avuto esperienze da allenatore e da vice-allenatore. Quale ruolo preferisce?
"A me piace più l’allenatore in prima ma il vice è fondamentale per avere il contatto con lo spogliatoio. Sono due ruoli molto diversi".

Ha lavorato in Belgio e conosce bene il calcio belga: come mai la generazione dorata del Belgio ha raccolto molto meno di quanto tutti si aspettavano?
"Non è così automatico che la squadra più attesa del torneo poi lo vinca. Non è una cosa che accade spesso. Il Belgio ha avuto una generazione di calciatori clamorosa e pur occupando il primo posto nelle classifiche FIFA ha sempre avuto qualche difficoltà nelle competizioni. A volte la sfortuna, a volte lo stato di forma di alcuni calciatori… a quei livelli la differenza nelle partite secche si assottiglia sempre di più e basta un dettaglio per cambiare la storia. Forse avrebbero anche meritato di vincere qualcosa ma quello che hanno fatto loro sulle accademie (settori giovanili) è un lavoro fantastico. Sono molto bravi nel migliorare il calciatore a livello di tecnica. Quando io stavo lì all’Anderlecht nelle giovanili c’era Doku, Lukebakio, Saelemaekers… ma tutti i club fanno un lavoro enorme".

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