David Ginola è morto per otto minuti, lo ha salvato un calciatore: “Insistete col defibrillatore”
David Ginola ogni tanto passa una mano sul petto e sente il solco delle cicatrice. "Quando la vedo mi ricordo di essere una persona fortunata", racconta e ripensa a quel giorno del 2016 quando morì per otto minuti e poi tornò in vita perché non era la sua ora, per un miracolo della Provvidenza, perché la sorte aveva deciso che il filo della sua vita non sarebbe stato reciso quel giorno durante una gara di beneficenza, perché un amico/calciatore (Frederic Mendy) ebbe la testa dura e non volle arrendersi e gli praticò con insistenza e fece cieca la manovra RCP (rianimazione cardio polmonare).
Lui continuò fino a quando l'arrivo dei soccorsi e l'utilizzo del defibrillatore non riportò l'ex centrocampista della nazionale in terra: fu come tendergli una mano in mezzo al buio e trascinarlo fuori da quel limbo in cui era precipitato. L'ex stella di Psg, Tottenham e Newcastle sembrava morto, non lo era. Sembrava spacciato, invece no: un altro paio di scariche e il suo cuore riprese a battere.
"Lo avevano usato già tre volte (il defibrillatore, ndr) e stavano per desistere perché dicono che se dopo tre volte il cuore non riparte è inutile proseguire – dice ancora l'ex giocatore -. Ma quel vigile del fuoco si sbagliava… e se sono ancora qui e posso parlare di cosa m'è accaduto lo devo ai miei amici che hanno insistito. Un anno dopo ho rivisto quella persona a Nizza e quando ci siamo incontrati è scoppiato in lacrime… mi disse che gli era sembrato di vedere un fantasma".
A distanza di sette anni da allora parla della sua esperienza per sensibilizzare l'opinione pubblica sulla campagna Save A Life In 15 Minutes del tabloid The Sun, in cui viene chiesto alle persone di apprendere il metodo giusto per intervenire in caso di estrema necessità.
"I medici mi dissero che se non fosse stato per Frederic e per aver creduto in quegli otto minuti di potermi salvare eseguendo la RCP sarei morto oppure sarei rimasto in uno stato vegetativo per i danni che avrebbe subito il mio cervello a causa della mancanza di ossigeno. Cosa successe? Ho avvertito un dolore all'inguine, mi sono sentito mancare e sono crollato a terra".
Febbraio è il mese del cuore della British Heart Foundation e, in qualità di ambasciatore dell'ente di beneficenza, Ginola ne sta promuovendo il corso online gratuito, RevivR, che può insegnare in una ventina di minuti come si praticano RCP e defibrillazione.
L'ex giocatore ha un motivo in più per impegnarsi in prima persona, lo spiega bene una frase che ama ripetere quando presenta la sua compagna: "Ci siamo conosciuti il giorno in cui sono morto", dice rammentando come Maeva Denat (38 anni) creda sia la ragione per la quale è rimasto in vita.
Il destino li fece incontrare in un ristorante un'ora prima della partita nella quale Ginola "morì". Lui veniva dalla rottura del precedente matrimonio e quel giorno sentì qualcosa rinascere dentro di sé. Qualcosa che, anche se incosciente in quegli otto minuti, deve avergli dato la forza di restare attaccato alla vita.
"Devo ringraziare lei e il mio amico. La vita a volte ti porta dei regali quando meno te lo aspetti – ha aggiunto l'ex calciatore transalpino -. Quando sei incosciente, sei a un bivio e ci sono due strade: la vita o la morte. Perché ho scelto la vita, non lo so, perché ero incosciente. Ma quando guardo Ever, mi rendo conto che lei non ci sarebbe se non avessi scelto di vivere".