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Dario Canovi, il primo procuratore italiano: “Così Raiola passò dal ristorante a Moggi”

Dario Canovi è unanimemente considerato il primo procuratore nella storia del calcio italiano. A Fanpage.it ha raccontato il suo punto di vista sulla trasformazione del ruolo di agente, tra aneddoti e paure.
A cura di Redazione Sport
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Chi è stato il primo procuratore sportivo in Italia? Provate a fare questa domanda a chiunque lavori in ambito calciomercato e la risposta sarà la stessa nove volte su dieci: Dario Canovi, avvocato triestino di nascita ma romano d'adozione, entrato nel mondo del calcio ormai quasi 50 anni fa per risolvere controversie legali tra calciatori e società e ritrovatosi ad inventare un mestiere che di fatto non esisteva. Nel corso degli anni ha gestito grandi campioni (da Falcao e Bruno Conti, da Nesta a Thiago Motta) ed ha sempre rappresentato un punto di riferimento per la categoria. Lo è ancora oggi, in un contesto di grandi cambiamenti per il calcio e per il ruolo degli agenti. Un processo complesso di cui ha parlato ai microfoni di Fanpage.it.

Canovi, riconosce ancora il mestiere di cui è stato uno dei primi interpreti?
"È cambiato tantissimo. ovviamente. Quando io ho iniziato l'ho fatto perché ero un avvocato fiduciario dell’Associazione Calciatori. Mi sono ritrovato un mestiere addosso, non è che l’ho inventato io: è il mestiere che ha inventato me. Allora noi eravamo più che altro degli assistenti, dei consulenti dei calciatori. La figura dei procuratore, che era sconosciuta, non era ben vista, perché fino a quel momento i presidenti facevano quello che volevano con i calciatori. Era solo l’inizio. Noi assistevamo i calciatori e la nostra fortuna dipendeva da come li assistevamo".

Oggi invece gli agenti si sono presi il centro della scena.
"Adesso un procuratore, per legge, può assistere le tre parti del contratto: la società che cede, quella che acquista e il giocatore. Il che è un’assurdità giuridica, oltre che essere fondamentalmente sbagliato. Io penso che non sia giusto, né morale, che un agente guadagni più del suo assistito. Noi eravamo pagati sulla base di una percentuale sui guadagni del calciatore, non sulla cessione del calciatore".

Le commissioni nel giro di pochi anni sono cresciute vertiginosamente.
"Io apprezzo moltissimo il Milan che ha lasciato andare Donnarumma, perché le commissioni che Raiola pretendeva erano assurde".

È vero che è stati tra i primi ad introdurre Mino Raiola nel sistema?
"Avevamo fondato un’associazione internazionale di agenti e per una riunione andammo a Amsterdam. Rob Jansen, un procuratore figlio del presidente dell’Assocalciatori olandese, ci invitò a pranzo e finimmo in un ristorante italiano il cui direttore era Mino Raiola".

E fu l'inizio.
"Entrò come interprete di Ron Jansen, poi mi chiese di portarli a conoscere a Luciano Moggi. In quell’occasione c’era un Juventus-Ajax e ricordo sempre che Moggi gli fece fare sei ore di attesa. Loro mi dissero: ‘Con lui non faremo mai nulla'. Poi io con Moggi ho chiuso in modo non amichevole, mentre Raiola con lui ha avuto un’amicizia molto stretta".

Alessandro Nesta è stato tra i più grandi assistiti di Dario Canovi
Alessandro Nesta è stato tra i più grandi assistiti di Dario Canovi

Arriveranno davvero a mettere un tetto alle commissioni?
"Dice un vecchio proverbio italiano: ‘Fatta la legge, trovato l’inganno'. È così, io non lo ritengo legittimo e legale. Non credo che lo si possa imporre a una società e a un professionista. A me risulta che i più grandi agenti del mondo hanno già pronto un ricorso alla Corte europea contro questo eventuale regolamento. La Fifa doveva averlo già pubblicato l’anno scorso, probabilmente sa o comprende che rischia di perderla questa causa".

E analogamente: troveranno un modo per regolamentare le plusvalenze?
"A parte l’assurdità di certe cifre, è offensivo oltre che irritante vedere certe valutazione fatte dai club su certi calciatori. È assurdo valutare un giocatore che non ha mai giocato quattro o sei milioni di euro. Però è anche difficile dire che Portanova non vale 10 milioni o Rovella non ne vale 30 milioni. Dipende da quella che è una legge del mercato".

Quindi come si risolverà?
"La Federazione dovrebbe intervenire in anticipo e dire: ‘Le plusvalenze non possono essere tenute in conto nel bilancio in caso di scambio di prestiti e cessioni'. Perché è quello il problema. Adesso sono curioso di vedere quello che succederà nel processo penale, credo che quello potrebbe cambiare molte cose".

Che idea si è fatto dell'ingresso dei fondi nel calcio italiano?
"Ho un certo timore. È chiaro che cambia tutto e gli interessi economici diventano sempre più grandi e importanti. Ecco, questo mi spaventa enormemente, perché è chiaro che le squadre più ricche saranno sempre più ricche e le squadre più povere saranno sempre più povere".

Lo scenario di cui si discuteva nei giorni della Superlega, più o meno un anno fa.
"Quello che è successo con la Superlega era per me un delitto contro il calcio, perché toglieva meritocrazia. E questo credo sia l’assassino del calcio".

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