Dalla Nations League ai Mondiali: l’Italia cerca l’ultimo tassello che manca per essere completa
Nella storia non era mai successo che una Nazionale, dopo aver vinto un grande torneo internazionale, dovesse subito ripartire forte perché erano pressanti alcuni impegni decisivi per il cammino futuro. Il calcio delle Nazionali è cambiato molto soprattutto in questo, ovvero nella maggiore importanza che ogni partita ha per i diversi tornei che stanno nascendo come funghi (si parla con insistenza di Mondiali ogni due anni). A poco più di un mese dalla vittoria degli Europei di Wembley, gli Azzurri hanno dovuto affrontare un trittico di partite determinanti per la corsa verso i Mondiali di Qatar 2022.
Dopo il pareggio contro la Bulgaria, dovuto anche a una condizione fisica da inizio stagione, è arrivata una buona partita e un pareggio però che spostava poco contro la Svizzera. Il conseguente pareggio degli elvetici poi in Irlanda del Nord e la nostra vittoria per 5-0 contro la Lituania ha in pratica rimandato tutto a novembre, quando avremo la partita casalinga con "i crociati" che deciderà la prima del girone (la seconda va agli spareggi e noi abbiamo un bruttissimo ricordo molto fresco).
Se già gli impegni di qualificazione erano decisivi per non dover attraversare il labirinto degli spareggi, a ottobre ci giochiamo addirittura un torneo, la Nations League, da disputare in casa e ancora di più messa nel mirino come obiettivo per fare bacheca e continuare a vincere. Questa esigenza di essere pronti subito, appena dopo la vittoria di un grande torneo, ha portato con sé una serie di conseguenze che negli anni passati non si verificavano.
In primo luogo Mancini ha toccato pochissimo il suo assetto di base e i calciatori con cui ha vinto il torneo continentale. Prima degli infortuni degli atalantini Toloi e Pessina, l’unico volto nuovo delle convocazioni di Mancini rispetto agli Europei era Lorenzo Pellegrini. Questo ovviamente ha tolto la possibilità di testare nomi nuovi che stanno emergendo nel nostro campionato (Dimarco, Lucca, Zaniolo, Tonali, anche se il centrocampista del Milan è rientrato dopo l’infortunio di Pessina) e di inserirli così in meccanismi fluidi su cui lavorare a lungo. Come ogni Nazionale anche a noi servono sempre nuovi calciatori che magari non saranno subito utili nella campagna verso il Qatar, ma che sarebbe meglio preparare per un turnover possibile in alcuni ruoli se e quando saremo ai Mondiali.
Mancini ce lo ha insegnato non buttando via la generazione che aveva perso Russia 2018: le costruzioni troppo affrettate e d’impeto non sono mai sensate e non portano mai a nulla di buono. Serve programmare passo dopo passo e inserire tanti giocatori nuovi in partite anche decisive, così da farli arrivare pronti al grande appuntamento. Se noi siamo andati sul sicuro, anche perché giocando la Nations League in casa vogliamo fare la figura più bella possibile, i nostri avversari qualche esperimento vorrebbero farlo. La Spagna, la nostra avversaria in semifinale, vuole ancora di più esasperare il possesso palla, facendo magari coesistere Sergio Busquets e Rodri e chiedendo a Mikel Merino della Real Sociedad di dare forza e continuare a gestire il pallone a centrocampo.
La Francia vuole ripartire dai suoi punti di forza, Pogba, Mbappé, Varane, ma iniziare a dare responsabilità ai vari Upamecano, Jules Koundé, Theo Hernandez, giocatori che devono dimostrare oggi di poter valere la titolarità in Qatar e infine il Belgio che cambia poco perché non ha un grande serbatoio alle spalle, anche se l’idea di testare a grandi livelli Alexis Saelemaekers e Charles De Ketelaere è il segno che un cambio di passo una squadra in fase discendente vuole darlo.
Sarà un torneo molto interessante in ottica futura, ma anche per capire quale sarà il calcio da seguire nel prossimo futuro. Luis Enrique non chiede mezze misure. Se agli Europei il suo tourbillon altamente tecnico è stato portato avanti senza ritrarsi di fronte alle pressanti critiche interne, oggi, con la ragione della sua parte per una semifinale europea raggiunta e giocata molto bene, il tecnico spagnolo cerca di andare ancora un passo più in là e proporre un calcio di completo possesso proprio quando i grandi club di Spagna sembrano persi e non sono più l’etichetta privilegiata del calcio contemporaneo.
Il Belgio non può non avere come centro di tutto la posizione 1-1 di Kevin de Bruyne e Romelu Lukaku. Sono due calciatori che determinano ogni azione di qualsiasi squadra in cui giocano. Si deve partire da lì, ma la bagarre sarà sugli esterni perché sia Hazard che Mertens ormai sembrano in fase discendente e trovare eredi non è così facile. La Francia non si sposta dall’attacco Benzema–Mbappé, con Griezmann alle spalle (e chi si sposterebbe?) ma deve trovare centrocampisti di corsa e rapidi nell’innescare il gioco offensivo. In questo senso il Veretout di questo inizio campionato romanista, potrebbe essere una pedina inamovibile.
Infine ci siamo noi, visti da fuori sempre uguali, con il triangolo difensivo più forte del mondo (Donnarumma–Bonucci–Chiellini), Barella in piena condizione che può fare anche meglio rispetto agli Europei e il nostro “problemino” offensivo in cui sbattiamo da anni. Non si fanno troppi esperimenti quando ci si gioca un titolo, Mancini lo sa e fa bene ad andare sul sicuro, ma l’idea di trovare l’uomo giusto al centro dell’attacco per il suo calcio è un tarlo che lo assilla e lo accompagnerà almeno fino in Qatar. Il cammino è breve e la scelta è corta, ma tutto si può risolvere con un calciatore apparso improvvisamente o con un’idea geniale. Per fortuna in serie A quest’anno abbiamo tanti tecnici che sanno inventarsi soluzioni. Mancini li guarderà con grande attenzione per capire se riusciranno a risolvere anche il suo problema.