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“Da noi non c’è posto per donne e invalidi”: pugni e calci ad una tifosa disabile

Il fatto è accaduto in Israele, tra i tifosi della stessa squadra, il Beitar. Autori del vile gesto gli estremisti de “La Familia”, una delle frange più violente del calcio internazionale. Il motivo? Alcuni supporter si erano schierati a difesa del proprio giocatore, musulmano, Kamso Mara: fatto inaccettabile per gli ultrà de “La familia”, considerati dallo stesso proprietario del Beitar “una organizzazione terroristica”
A cura di Alessio Pediglieri
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Chi ha visto il docufilm che li rappresenta lo sa: con "La Familia" è meglio non avere nulla a che fare. Al di là del nome, che può apparire in un primo momento tutt'altro che pericoloso, così si definiscono i tifosi estremisti del club israeliano Beitar, oramai celebre nel mondo del calcio più che per i successi in patria, per la violenza dei propri supporter. Che si sono di nuovo distinti nell'ultimo match di campionato venendo alle mani con la parte più equilibrata della stessa tifoseria. Motivo? La presenza di un giocatore musulmano in rosa, pretesto per dare sfogo ancora una volta alla violenza.

"Ricordano una organizzazione terroristica" ha commentato amaro il proprietario del Beitar Gerusalemme, Moshe Hogeg che ha commentato dolorosamente quanto accaduto sugli spalti offrendo le proprie pubbliche scuse ai coinvolti nella vicenda. Da tempo, sta provando a vendere il club, stanco di una frangia di tifosi che fanno della violenza e dell'intolleranza il loro vessillo. Ma fino ad oggi non vi è riuscito, nemmeno quando era vicinissimo a cedere il 50 per cento della proprietà ad uno degli appartenenti alla famiglia regnante di Abu Dhabi, transizione poi frenata per alcuni affari poco ortodossi da parte di Sheikh Hamad bin Khalifa Al Nahyan.

Tornando a "La familia", da sempre si sa che costituisce una delle tifoserie più violente nel mondo del calcio. Intolleranti, razzisti, estremisti: "puri per sempre", come recita il titolo del docufilm che ne rappresenta la (pessima) cartina tornasole degli appartenenti de "La familia", sempre più veicolo di violenza. Non si contano più i precedenti in cui questi pseudo tifosi, riuniti col pretesto delle partite del Beitar, sfogano le loro frustrazioni e rabbia. Nel 2016 furono arrestati in 50 a seguito dell'aggressione del 2015, con relativa accetta, ad un tifoso del Tel-Aviv. Nel 2019, si scagliarono contro il club reo di aver ingaggiato un giocatore nigeriano, Ali Mohammed il cui nome non poteva venire pronunciato né tanto meno scritto sulle maglie. Poi, la contestazione alla vendita del 2020 agli sceicchi arabi, infine l'ultimo episodio.

"Nel nostro stadio non c'è posto per disabili e donne" hanno gridato in faccia ad una tifosa invalida, della propria squadra, il Beitar, rea insieme ad altri di difendere un proprio giocatore, musulmano, Youssouf Kamso Mara: e giù botte, calci, pugni. Una rissa in piena regola, poi debitamente denunciata alle autorità dagli assaliti che si sono visti minacciati dall'ira famelica de "La familia" libera di farsi ancora una volta giustizia da sola.

Davanti a tutto questo il club ha però deciso di reagire e ha lanciato via social un campagna a sostegno dei tifosi veri: "Questo non è il momento di parlare, questo è il momento di agire. Siamo tutti scioccati dai violenti incidenti avvenuti la scorsa notte all'interno del nostro stadio tra i tifosi. Noi tifosi, come società e come società in generale non dobbiamo sopportare tali atti e dobbiamo sradicarli", si legge sul profilo Twitter del club.

Poi, sempre a sostegno della parte di tifoseria aggredita, "il Betar Jerusalem Football Club annuncia una manifestazione di sostegno contro la violenza e per i tifosi della squadra che sono rimasti feriti" con la chiara intenzione di non lasciar passare impunito quest'ultimo atto di follia

Il Betar Jerusalem condanna ogni violenza e ha lavorato negli ultimi anni per combattere la piaga malvagia che macchia il nome del nostro club e il nostro vasto pubblico. La violenza di oggi ne è la prova concreta, con il superamento di un'altra linea rossa, dopo aver aggredito i tifosi della squadra sugli spalti.

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