Da Allegri a Sarri, la storia non cambia: la Juve ha un problema Dybala?
Da quando è arrivato alla Juve, Paulo Dybala ha segnato 78 gol e servito 30 assist in 183 partite. Nessuno ha contribuito a più gol nello stesso periodo in bianconero. Eppure, tra le pagine chiare e le pagine scure, la Joya è diventato un lusso di cui fare a meno.
Iachini: per me Dybala è una prima punta
A Palermo, nel 2014-15 Iachini fa giocare Dybala come unica punta col compito di aprire e allargare le difese. Dietro, tra le linee, c'è l'amico Franco Vázquez che Zamparini avrebbe proposto a Marotta dicendogli che avrebbe potuto diventare il nuovo Platini. “Paulo non aveva trovato la sua collocazione tattica. Giocava da seconda punta, da esterno, da trequartista. Per me invece era una prima punta” ha raccontato Iachini, come riportava Repubblica nel 2016.
Serve dieci assist, segna dieci gol (rigori esclusi), usa il baricentro basso per eludere gli avversari nello stretto. Più creativo di un centravanti classico, orienta il possesso della squadra e contribuisce da protagonista alla salvezza del Palermo. Così arriva alla Juventus per sostituire Tevez. Le reti arrivano subito: 19 al primo anno, 11 nel secondo, 22 nel terzo ma solo cinque la scorsa stagione.
Il primo anno
Nel primo anno, Allegri lo schiera da seconda punta all'inizio nel 4-3-1-2, poi in un 3-5-2 che si articola sulle interconnessioni negli spazi di mezzo tra Dybala, Pogba e Khedira. La Joya si evolve in punta di raccordo, affiancato da Mandzukic, che gli facilita gli inserimenti a suon di sponde, o Morata a cui i movimenti dell'argentino servono per andare in profondità. Chiude la stagione da vice-capocannoniere della Serie A con 19 reti, quattro in più degli expected goal. È un debutto migliore delle attese. Dybala galleggia lontano dalla porta, ma avere intorno giocatori tecnici che gli facilitano il compito lo ispira. Resta una seconda punta, per cui si limita a 33 passaggi di media e ne riceve 25, il dato più basso del suo quadriennio bianconero.
Ma sono passaggi di maggiore qualità, che mandano al tiro un compagno 1,92 volte a partita: e questo è il dato più alto della sua esperienza alla Juve. È l'unica stagione in cui supera i sei dribbling di media e i tre tocchi in area. Due aspetti che raccontano di un giocatore nel pieno controllo della scena negli ultimi trenta metri, che trasforma il modulo in un 3-5-1-1 fluido, che all'occorrenza deforma il triangolo con i due intermedi di centrocampo, salta l'uomo, crea superiorità fra le linee, verticalizza per un compagno o tira: 55 volte dall'interno dell'area, 52 dalla distanza.
A ottobre, però, Zamparini aveva avvertito Allegri: sta rovinando un campione, diceva. “Dybala è il calcio, Allegri no. L’argentino va lasciato libero di inventare e non va imbrigliato negli schemi”. Ma Allegri non lo ascolterà.
Gioca lontano dalla porta
Il 3-5-2 al secondo anno non funziona. Allegri verso dicembre passa al 4-2-3-1, lo schiera trequartista dietro Higuain con Cuadrado e Dani Alves esterni alti. Dialoga con Pjanic, vero playmaker della squadra, supera i 40 passaggi di media a partita effettuati e i 30 ricevuti. Tira meno, scendono i dribbling, i passaggi chiave, i filtranti ma aumentano i passaggi verso la trequarti offensiva. Anche in questa diversa configurazione, come sottolinea un approfondimento del 2016 di AssoAnalisti, Dybala ricerca il cambio di gioco o la sponda corta quando riceve palla. È un regista aggiunto, una versione avanzata di Pjanic, che propende a formare triangoli sulla catena di destra, a maggior ragione quando da quel lato c'è Khedira ad accompagnare l'azione. Prende campo con scambi veloci, si piazza tra le linee anche contro formazioni che fanno molta densità nella trequarti.
Allegri ne arretra il raggio d'azione mentre Higuain riempie l'area, anche per guadagnare creatività nella zona centrale alle spalle del centrocampo avversario. Ma la sua partita migliore, il capolavoro suo e di Allegri, resta il 3-0 al Barcellona in Champions League. Come notava Fabio Barcellona su Ultimo Uomo allora, “l’insolita posizione reciproca di Dybala e Higuain nella pass-map testimonia della strategia della Juventus. La manovra è poco palleggiata e pertanto Dybala non si abbassa a creare linee di passaggio e il pallone viene giocato su Higuain che viene incontro per far salire la squadra” .
Dunque, è di fatto da prima punta che continua a dare il meglio. Lì dove Francisco Buteler l'ha spostato per primo, dalla posizione di centrocampista offensivo, nelle giovanili dell'Instituto di Cordóba in Argentina.
La stagione migliore
Nel 2017-18 Allegri esaspera il modulo dell'anno prima, poi gradualmente lo trasforma in un 4-3-3 a geometria variabile: 4-4-2 in non possesso, 4-5-1 nell'avvio dell'azione. Il baricentro si abbassa, la moltiplicazione dei terzini e delle ali induce la Juve a sviluppare gioco soprattutto sulle fasce. Dybala è di fatto un'ala destra con facoltà di tagliare dentro. Funziona, segna sempre: 22 reti, ancora una volta più degli expected goals.
Allegri arretra il suo raggio d'azione e valorizza la sua comprensione dello spazio che facilita lo scorrere del gioco da dietro e la progressione negli spazi di mezzo. Con questi movimenti, con la disponibilità a spostarsi indietro e venire incontro, Dybala ha costruito un fondamentale vantaggio competitivo nella sfida contro il Napoli di Sarri nel 2017. Proprio sulle sue qualità nella facilitazione delle transizioni contava Allegri, che lo mantiene il centro offensivo della squadra pur non giocando al centro dell'attacco.
Con Ronaldo cambia tutto
L'arrivo di Cristiano Ronaldo cambia tutto. Dybala arretra, perde 1,81 palloni e completa solo 2,10 dribbling (suo record negativo in carriera). In compenso, distribuisce 4.67 lanci lunghi a partita, una media che conferma il suo ruolo di collegamento tra il centrocampo e le ali o i terzini sulle fasce. Con un giocatore come CR7 davanti, Allegri ha dato spazio a Mandzukic per riempire l'area e favorire la rapida risalita del campo. L'arretramento della Joya, combinato con la presenza di mezzali che non si esaltano nel gioco corto, dovrebbe favorire la sua evoluzione in trequartista. Ma Dybala non si rivela un assist-man particolarmente prolifico: passa dai 16 delle prime due stagioni, con 0,315 expected assists (xA) ogni 90 minuti, ai 9 (con 0,165 xA) degli ultimi due campionati. Calano anche i passaggi chiave (ovvero i passaggi che portano il compagno al tiro): è un effetto ulteriore del suo progressivo allontanamento dalla porta.
Ronaldo catalizza le attenzioni e la manovra della Juve, che si fa inevitabilmente più diretta. Cambiano i modi per arrivare al tiro, i cross passano da 15.63 di media (nella stagione 2017-18) a 20.92. Dybala, che continua a muoversi nella zona di centrodestra, sulla trequarti ma senza trovare una vera posizione da cui incidere, si adatta con difficoltà al contesto di una squadra che attacca in un modo che non rispecchia e non valorizza le sue qualità.
Perché non gioca nemmeno con Sarri?
Dybala resta un attaccante che fa più fatica ad agire da trequartista, occupa posizioni strette nella corsia di centro-destra. In questa Juve potrebbe giocare da attaccante di movimento, anche se le diverse caratteristiche e l'intesa con CR7 sembrano rendere Higuain più adatto per il ruolo.
Con il pieno recupero di Rabiot e Ramsey, con la maturazione di una condizione che renda la squadra compiutamente sarriana negli ultimi trenta metri, potrebbe completare il tridente a destra. Un ruolo che ora, in una squadra dal baricentro più basso e oscillante, è interpretato meglio da un giocatore di progressione come Douglas Costa, già decisivo come Cuadrado, per le stesse ragioni, nelle prime fasi di passaggio al 4-3-3 della gestione Allegri.
Più istintivo che riflessivo, la Joya ricerca costruzioni intuitive negli spazi stretti. Preferisce gli assist corti, gli scambi veloci. È un creativo che rende bene in uno schema preciso di movimenti collettivi delineati. E questo potrebbe anche aiutarlo con Sarri, una volta completata la transizione. Se accetterà di non essere l'unico protagonista davanti, potrà tornare ad essere protagonista.