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Cronaca di una partita decisiva di Champions vissuta dalla prospettiva dell’arbitro

Secondo episodio di “Man in the Middle”, la serie tv sugli arbitri della Champions League targata Uefa. Il fischietto olandese Bjorn Kuipers rivela un problema di comunicazione col Var nei momenti decisivi di Inter-Barcellona dello scorso dicembre, Gianluca Rocchi ammette che sarebbe comodo per gli arbitri poter parlare nei postpartita.
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Antonio Conte è sempre stato un allenatore che non le manda a dire. Focoso in panchina, mai soddisfatto del risultato anche se in vantaggio. Figuriamoci se in svantaggio, e in un Inter-Barcellona che vale il passaggio dei gironi in Champions League. La tensione del match sale, i toni anche. Bjorn Kuipers, che dirige  la gara, gli si avvicina per redarguirlo: "Conte, sono io l'arbitro, non tu". Poi a Lukaku, subito dopo la rete del pareggio, durante un check del Var per eventuali infrazioni nella fase d'attacco: "Luku, hai fatto un gran gol. Vediamo se è anche regolare". L'arbitro olandese – già protagonista del primo episodio di "Man in the Middle", la serie tv targata Uefa sul mondo degli arbitri Elite di Champions League – torna nel secondo atto con altre curiosità e retroscena  sfuggiti alle telecamere e soprattutto ai microfoni televisivi.

La comunicazione col Var interrotta in Inter-Barcellona

Sempre in Inter-Barcellona del 10 dicembre scorso, ultimo match del girone F che vede i nerazzurri obbligati a vincere per passare il turno, viene annullato – per la seconda volta – il gol del potenziale vantaggio a Lautaro Martinez per fuorigioco. Minuto 80, la palla entra in rete, l'assistente attende, poi sventola la bandierina. La decisione è corretta, ma mancano le immagini da controllare al Var. "Dopo qualche secondo mi contatta all'orecchio l'A-Var (l'assistente Var, ndr) per dirmi che c'è un problema tecnico nella comunicazione", rivela Kuipers. "Immaginate 80mila spettatori, più il pubblico da casa, un gol fondamentale che viene annullato. In tv avevano già mostrato che la decisione era giusta, ma noi non lo sapevamo". Alla fine la decisione viene confermata, il risultato resta sull'1-1 fino all'86', quando una rete di Ansu Fati condanna i neroazzurri alla retrocessione in Europa League.

Rocchi: "Mi piacerebbe spiegare gli episodi dopo la gara"

Il secondo episodio mostra anche i due arbitri italiani della categoria Elite della scorsa stagione: Daniele Orsato e Gianluca Rocchi. Quest'ultimo in particolare ripercorre gran parte della sua carriera arbitrale, da poco conclusa, soffermandosi sui momenti più importanti in ambito europeo. "Sicuramente l'esordio in Champions, era uno Schalke-Benfica. Pensai ‘devo essere libero, fischiare solo ciò che vedo, senza pensarci troppo'. Questo è l'approccio migliore, se lo fai i calciatori ti accetteranno". Ma anche il tanto discusso Chelsea-Ajax, in cui l'arbitro fiorentino espulse in sequenza i lancieri Blind e Veitman per doppia ammonizione. L'Uefa ammise informalmente l'errore, Rocchi avrebbe dovuto fermare immediatamente il gioco ed espellere Blind, rendendo di fatto impossibile per Veitman prendere il secondo giallo.

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Fu duramente attaccato  dagli olandesi. "Non mi piace leggere sui giornali che l'arbitro ha distrutto la partita. Non esco di casa per distruggere nulla, vado in campo per rispettare il mio lavoro, gli avversari e il pubblico. Al massimo posso commettere degli errori". Errori per i quali a Rocchi piacerebbe poter fornire spiegazioni già al termine del match: "Sarebbe la miglior soluzione, specie nelle situazioni più controverse. La gente pensa che gli arbitri siano contenti di espellere qualcuno, ma non è vero, io ad esempio sono molto dispiaciuto. Mi chiedo sempre se potevo agire diversamente, un'espulsione non è mai una situazione carina per un arbitro".

"Gli arbitri in campo sono un bersaglio facile"

Le immagini mostrano un Rocchi ora rilassato, che si gode la famiglia dopo aver appeso il fischietto al chiodo: "È difficile ammettere di aver chiuso. Sarebbe meglio non sapere quando arriva la tua ultima partita". "È come se la tua identità venisse rimossa", spiega Stuart Carrington, professore di Scienza dell'allenamento sportivo alla St.Mary's University di Twickenham e autore di un libro sulla psicologia dell'arbitraggio. "Gli arbitri – aggiunge – impiegano anni a raggiungere il top a livello mondiale, poi da un momento all'altro vengono rimossi. È fondamentale per loro accettarne il motivo" (che per Rocchi era l'età, ndr). "Gli arbitri amano il calcio più di chiunque altro – prosegue Carrington – perché sono da soli, nessuno li sprona a continuare a crederci se non loro stessi. Nonostante ciò sono sempre al centro delle critiche, sono un bersaglio facile". Non possono difendersi mediaticamente, e diventano capro espiatorio per le sconfitte: "Nessun allenatore o giocatore incolperebbe se stesso, mettendo a rischio la propria posizione. Si cercano sempre fattori esterni per giustificare gli insuccessi". Durante una partita di media intensità un arbitro prende circa 350 decisioni, delle quali solo 50 sono chiare ed oggettive. "Questo gli permette di abituarsi a gestire le critiche – conclude Carrington – e li aiuta anche nei momenti complicati della vita".

Il lutto di Hategan durante l'intervallo di Olanda-Germania

Come quello avuto da Ovidiu Hategan nell'intervallo del match di Nations League tra Olanda e Germania del novembre 2018. Sua madre, già da tempo malata, viene a mancare mentre l'arbitro rumeno sta arbitrando il primo tempo. "Rientrato negli spogliatoi trovai due chiamate perse sul cellulare, subito pensai al peggio". Le lacrime, lo sconforto, la discussione con il designatore Uefa Roberto Rosetti: "Mi disse che se non me la sentivo potevo tornare subito a casa, ma decisi di continuare la partita per lei". Al fischio finale, il capitano dell'Olanda Virgil van Dijk notò le sue lacrime, e andò ad abbracciarlo dicendogli che aveva diretto ottimamente. "Lo ringraziai – conclude Hategan – ma volevo correre negli spogliatoi. Non so dove trovai la forza per fare una cosa del genere. Ma sono certo che lei fu orgogliosa di me".

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