La parola giusta può essere solo una, netta e fragorosa: fallimento. È il modo più efficace, probabilmente il più corretto, per descrivere lo stato del piano nato in seno alla Juventus nel 2018 con l'acquisto di Cristiano Ronaldo. Un percorso, ormai biennale, che si è fermato nuovamente in Europa. Ancora una volta al capolinea dell'Allianz Stadium, un anno dopo l'Ajax, ma stavolta contro un avversario nettamente inferiore. Quel Lione, settimo classificato in Ligue 1, al quale nell'arco dei 180 minuti è bastato fare il massimo delle proprie possibilità (modeste, a questi livelli) per mandare a casa la Juventus.
Il contrasto tra Cristiano Ronaldo e la Juve che lo circonda è la fotografia più impietosa dello stato delle cose. Il portoghese, anche contro il Lione, è stato l'unico a dimostrarsi all'altezza della Champions League. Una storia che va avanti dallo scorso anno e per certi versi si aggrava, uno psicodramma sportivo che si attorciglia su se stesso. Nelle ultime due Champions, la Juventus ha segnato sette gol nelle partite ad eliminazione diretta e tutte hanno portato la firma di CR7. Attorno a lui, una distesa di inadeguatezza, tra calciatori palesemente insufficienti per il livello della Juve ed altri che continuano a sciogliersi sul più bello al cospetto di un contesto di livello europeo.
Con Cristiano Ronaldo la Juventus ha tentato un all-in, con un duplice obiettivo praticamente dichiarato: aumentare la riconoscibilità del brand su scala globale – ma a fronte di una spesa fuori da ogni parametro per lo stipendio – e vincere la Champions League. Due anni più tardi, si riscopre ferma al punto di partenza in Europa e aggrappata ai lampi di classe del suo campione. Eterno e fenomenale, ma non sufficiente e mestamente solo nel momento decisivo. L'istantanea di un fallimento.