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Cos’è la costruzione dal basso e quando diventa un errore imperdonabile

C’è grande dibattito intorno alla costruzione dal basso nel gioco del calcio ogni qualvolta subentra un errore decisivo in costruzione da parte di un giocatore: nelle ultime settimane è successo con Alisson, con Maksimovic e poi con Bentancur ma si ripeterà ogni qualvolta un calciatore cercherà un’altra soluzione diversa dal lancio lungo nei pressi della propria area. Una discussione ormai stucchevole e che aiuta solo ad aumentare quel grande bluff che è la contrapposizione tra “giochisti” e “risultatisti”.
A cura di Vito Lamorte
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Ormai sembra una costante, quasi un momento atteso per moltissimi. L’errore nella costruzione del gioco dal basso è diventato quasi il simbolo di una battaglia ideologica e punto di discussione dal quale prescinde la ormai faida tra gli appassionati di calcio che da alcuni vengono divisi in "giochisti" e "risultatisti", neologismi che pur scavando significano poco o nulla. Perché non calciare la palla lunga e far salire tutta la squadra invece di muovere la palla nei pressi della propria area? Quella che viene definita una vera “ossessione” da alcuni, per altri è il frutto di un lavoro basato su determinati principi e dal quale si parte per cercare di arrivare agli obiettivi.

Si parla tanto, forse troppo, di ‘costruzione dal basso’ ma spesso lo si fa a sproposito o soltanto per alimentare un dibattito ormai stucchevole. La prima domanda a cui rispondere: cos’è la costruzione dal basso? Si tratta di un principio di impostazione del gioco che non è solamente una preferenza di stile ma permette la conquista dei metri di campo e il superamento dei “blocchi” avversari muovendo il pallone dal portiere e dai difensori centrali. Questa idea richiede abilità tecniche individuali, una efficace organizzazione di squadra e doti mentali come coraggio, personalità, capacità di scelta e visione. L’integrazione del portiere permette la ricerca della superiorità numerica oltre ad una migliore occupazione degli spazi e proprio il coinvolgimento dell’estremo difensore nella costruzione dell’azione risulta un elemento pressoché imprescindibile quando si cerca di sviluppare questa idea: questo è il motivo per cui oggi vediamo portieri sempre più bravi con i piedi rispetto a qualche anno fa.

Si può giocare soltanto in questo modo? Chiaramente no, però ci sono delle tendenze evidenti. In base ad un studio pubblicato dall’osservatorio calcistico CIES sulle stagioni 2016/2017 e 2017/2018, le squadre che hanno vinto un campionato europeo hanno avuto una percentuale media di possesso palla superiore al 57% e negli ultimi dieci anni la media di passaggi per partita nei cinque maggiori campionati europei è aumentata di molto. Cosa vuol dire questo? Si cerca sempre più di avere il possesso del pallone e di non concedere l’iniziativa agli avversari, si lavora per preparare qualsiasi tipo di situazione sin dalle prime costruzioni e proprio la partenza dal basso permette di sviluppare il possesso fin dall'inizio di ogni azione.

Si potrebbero prendere due esempi, molto diversi tra loro ma vicini in ordine di tempo, per provare a capire di cosa parliamo effettivamente. Il primo è il Sassuolo di Roberto De Zerbi, che contro lo Spezia ha mandato Ciccio Caputo in gol con un’azione partita dai piedi del portiere: Consigli cerca l’attaccante venuto in appoggio nella propria metà campo, il 9 scarica su Ferrari che in verticale trova Obiang dopo il tacco di Djuricic e il centrocampista può lanciare il suo compagno in campo aperto verso la porta. Un esempio perfetto di come costruire dal basso e tirare fuori i propri avversari.

Il secondo è la Lazio di Simone Inzaghi. I biancocelesti con l’arrivo di Pepe Reina hanno trovato un regista arretrato che gli permette di giocare sia con i compagni vicini che lungo, soprattuto sfruttando le capacità aeree di Milinkovic-Savic. A Bergamo i biancocelesti hanno trovato il secondo gol proprio grazie ad un retropassaggio che il portiere spagnolo ha tramutato subito in azione offensiva e grazie al lavoro nel ‘primo campo' e alla pressione in avanti dei bergamaschi si è creata una voragine alle spalle della linea difensiva atalantina che Correa ha sfruttato alla grande.

Quindi costruire dal basso è l’unica scelta intelligente nel calcio attuale? La risposta è ancora no. Dipende dalle idee degli allenatori, dai calciatori che si hanno a disposizione e dalla loro disponibilità a fare loro questi principi. Ci sono tecnici più bravi a convincere i loro giocatori che portando in campo un determinato tipo di offerta calcistica avranno più possibilità di vittoria, oltre alla possibilità di migliorare anche come singoli; mentre altri cercano solo di sfruttare nel miglior modo possibile le caratteristiche dei propri atleti e trarne quanto più beneficio possibile. Un esempio pratico sono le parole Kasper Schmeichel, portiere del Leicester di Claudio Ranieri, nel documentario Fearless Foxes: Our Story sulla vittoria della Premier League 2015/2016: “Il punto non è avere il controllo del pallone ma cosa farci con quel pallone tra i piedi. Perché se è più utile fare un solo passaggio, decidi di farne cinque per raggiungere lo stesso risultato? Devi giocare conoscendo i tuoi punti di forza e giocarci assecondandoli”. 

Esiste un solo modo per giocare a calcio? Sicuramente no. Ci sono delle idee su cui lavorare e da adattare al proprio contesto per cercare di arrivare ad un obiettivo. Vincenzo Italiano, tecnico dello Spezia di cui si parla tanto in questi giorni, proprio ai nostri microfoni disse: “Ricercare il portiere non è abusare o coinvolgerlo in maniera inutile. Al posto di buttarla in tribuna o regalarla all’avversario, uno scarico dietro ti permette di restare in possesso. Se c’è lo sviluppo in avanti e si può verticalizzare si deve sempre fare, ma se non c’è possibilità lo sfogo sul portiere è un’opportunità. Poi è chiaro che non siamo dei folli, se non ci sono dei punti di fuga si può puntare su altre situazioni in caso di pressione forte: da lì nasce un nuovo sviluppo e si lavora su seconde palle o su dove casca il pallone. Si tratta di tenere il pallone più tempo e coinvolgere tutti gli effettivi, tra cui il portiere".

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Quelli di Alisson in Liverpool-Manchester City, di Maksimovic in Genoa-Napoli o di Bentancur in Porto-Juve non sono errori concettuali ma tecnici, o se preferite individuali; che non sono dovuti ai principi che le loro squadre stanno cercando di sviluppare. La ricerca di queste soluzioni è dovuta alla volontà di ‘complicarsi la vita' sul primo campo per poi avere spazi maggiori in fase offensiva ma per fare questo spesso bisogna correre qualche rischio.

La costruzione dal basso sarà un tema di dibattito ogni qualvolta un calciatore cercherà un'altra soluzione diversa dal lancio lungo nei pressi della propria area e questo aiuterà solo ad aumentare quel grande bluff che è la contrapposizione tra "giochisti" e "risultatisti". Come se l'obiettivo di chi cerca soluzioni alternative ai principi già noti fosse quello di perdere le partite. Non è una moda, né un vezzo. Agli albori del football, come ben racconta Jonathan Wilson in "La piramide rovesciata", regnava il caos con i giocatori che volevano avere la palla al piede e dribblare mentre il passaggio era ritenuto un'azione di gioco da "femminucce". Il gioco prese fortunatamente strade molto diverse in seguito. E fa nulla se per alcuni la "modernità non serve".

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