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Cosa vuol dire davvero la sentenza Diarra: no, i calciatori non potranno stracciare i loro contratti

Le regole sui trasferimenti della FIFA vanno contro il diritto dell’Unione Europea ma non è un “liberi tutti”. Nella specie è stato messo in discussione l’art. 17 sulle interruzioni contrattuali senza giusta causa.
Intervista a Avv. Felice Raimondo
Esperto di diritto sportivo e di diritto civile
A cura di Maurizio De Santis
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La Corte di giustizia dell'Unione Europea ha affermato che le principali norme della Fifa che regolamentano e controllano il sistema del mercato dei trasferimenti dei calciatori sono "contrarie al diritto dell'UE". Lo ha fatto a corredo della sentenza sul caso Lassana Diarra che, alla luce del pronunciamento, potrebbe avere conseguenze devastanti sulle norme. Quali? La decisione, con ogni probabilità, sposterà radicalmente il potere contrattuale a favore dei giocatori e lontano dai club, che non avranno più strumenti inattaccabili per trattenere i calciatori nella speranza di ricavare ingenti compensi per il trasferimento.

Sono due i concetti chiave espressi nel verdetto: le norme attuali relative all'autorizzazione del passaggio dei giocatori limitano la libertà di movimento; le attuali norme che richiedono ai club acquirenti di sostenere il costo del risarcimento per un giocatore che rompe un contratto "senza giusta causa" sono anti-concorrenziali. Nell'intervista a Fanpage.it l'avvocato Felice Raimondo, esperto di diritto civile e di diritto sportivo, chiarisce qual è la portata del verdetto e cosa può accadere davvero.

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Davvero adesso per un giocatore sarà più facile rescindere il contratto senza il rischio che né lui né l'eventuale club interessato sopportino misure di risarcimento?
"No. Non è che d'ora in poi i giocatori potranno stracciare i contratti a loro piacimento. La Corte di giustizia dell'Unione Europea ha detto una cosa diversa, ossia che i regolamenti Fifa, nei casi di interruzioni contrattuali senza giusta causa, non possono impedire a priori il trasferimento del giocatore (né mediante il mancato rilascio del CIT (certificato internazionale di trasferimento), né mediante responsabilità presunte che possano scoraggiare la circolazione del lavoratore). Questo vuol dire che nei casi di interruzione contrattuale senza giusta causa, il calciatore sarà libero di andare dove vuole.
Ma la società che perde il giocatore resta libera di far causa sia al calciatore sia al club che lo acquista. Ergo, fatti salvi i diritti patrimoniali lesi dalla interruzione contrattuale. Sarà poi ovviamente compito dei Tribunali della FIFA (e del TAS, nel caso) stabilire le responsabilità e quantificare i danni. Libera circolazione non vuol dire giungla dove ognuno fa quello che vuole senza sopportarne le conseguenze".

Dunque, non è così facile né automatico ‘rompere' un contratto. Ma qual è la norma che la Fifa dovrà riformare?
"La sentenza di oggi è un altro duro colpo ai regolamenti delle Federazioni Sportive Internazionali. Nel caso odierno parliamo di un danno da lucro cessante (perdita di proposte di ingaggio da parte di società) che il calciatore Diarra sosteneva di aver subìto a causa dell’applicazione di determinate disposizioni del regolamento della Fifa sullo status e sui trasferimenti dei calciatori.
Nella specie è stato messo in discussione l’art. 17 sulle interruzioni contrattuali senza giusta causa. Il regolamento, infatti, prevede un divieto per la nuova società di tesserare un giocatore professionista che abbia risolto il proprio precedente contratto senza giusta causa, e consente alla società di provenienza, in caso di controversia contrattuale tra detta società e il calciatore in merito alla risoluzione del contratto previgente, di negare il rilascio del certificato internazionale di trasferimento (CIT) necessario per tesserare il calciatore".

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È certo che adesso la Fifa dovrà ora affrontare una serie di questioni su come, in quanto organo di governo del calcio mondiale, modificare le sue regole.
"La decisione di oggi della Corte di giustizia dell'Unione Europea ha dato torto alla Fifa, sostenendo che queste regole ostacolano la libertà di circolazione dei giocatori e restringono la concorrenza tra i club. Infatti, riportando il comunicato della CGUE ‘dette norme fanno gravare su tali giocatori, e sui club che intendano ingaggiarli, rischi giuridici rilevanti, rischi finanziari imprevedibili e potenzialmente molto elevati nonché significativi rischi sportivi, che, considerati nel complesso, sono tali da ostacolare il trasferimento internazionale di questi giocatori'.
Anche in questo caso, come già accaduto per la Superlega, le finalità generali di gestire e tutelare l'interesse e la regolarità delle competizioni, è stato perseguito mediante l'ausilio di norme che, a detta della CGUE, sembrano spingersi, sotto molti aspetti, oltre quanto necessario per il perseguimento di tale obiettivo. Tant'è che, appunto, secondo i giudici europei viene violato anche il diritto della concorrenza. Sul punto, è stato affermato che le controverse norme della FIFA (RSTP) hanno lo scopo di restringere, se non addirittura di impedire, la concorrenza transfrontaliera che potrebbero farsi tutti i club di calcio professionistici stabiliti nell'Unione".

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Cosa accadrà adesso, davvero c'è il rischio si scateni il caos?
"Il Tribunale del rinvio dovrà adeguarsi a questa decisione e, soprattutto, la Fifa dovrà adeguare il suo Regolamento sui trasferimenti cancellando il contestato art. 17 RSTP o, nel caso, riformandolo. D'ora in avanti, quindi, un giocatore che risolverà il suo contratto senza giusta causa potrà trasferirsi in un altro campionato senza che gli venga negato il certificato internazionale di trasferimento (CIT). E le eventuali sanzioni patrimoniali non dovranno essere tali da scoraggiare il trasferimento, anche nei confronti del club acquirente. Ergo, finalmente è stata sbloccata la libera circolazione dei calciatori che si trovavano invischiati in controversie di quel tipo".

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