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Cosa resta della Svezia senza Zlatan Ibrahimovic agli Europei

Con le due partite di marzo, Zlatan Ibrahimovic era tornato in Nazionale, appianando i problemi con il ct Janne Andersson che lo aveva voluto per dare maggiore imprevedibilità alla sua squadra. Ibra a fine stagione si è infortunato e salterà questi Europei, ma noi speriamo ancora di vederlo in maglia Svezia ai Mondiali di Qatar 2022.
A cura di Jvan Sica
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Quando a marzo Zlatan Ibrahimović ha deciso di tornare in Nazionale eravamo tutti felici, anche tutti i tifosi avversari della Svezia agli Europei. Non solo tornava un grande calciatore, capace a più di 40 anni di essere ancora determinante per la sua squadra, a tornare era anche un grande personaggio, uno che ormai parla di sé in terza persona, ridendone però insieme a te che lo ascolti, perché ti fa capire che quella è una sorta di presa in giro per stemperare e dare tranquillità all’ambiente. Tornava un calciatore intelligente, in campo e fuori e quando accade per forza di cose si è felici.
Gioca due partite in programma a marzo per le Qualificazioni Mondiali, la prima contro la Georgia in cui serve l’assist per il gol vittoria a Viktor Claesson e poi quella contro il Kosovo, in trasferta vinta per 0-3.

Anche in Nazionale è il solito Ibra che abbiamo visto per tutto l’anno al Milan: grande capacità di fare da punto di riferimento offensivo, ottime letture nei passaggi chiave anche sotto la pressione avversaria, pochissimo pressing, ma in compenso pericolosità per i suoi movimenti con e senza palla sempre giusti e in tempo con il ritmo del gioco. A volerlo, dopo quello che stava facendo in Italia con il Milan, era stato l’allenatore, Janne Andersson, il tecnico che lasciò a casa l’Italia di Ventura e che grazie a Ibra poteva sviluppare ancora con maggiore pericolosità la sua idea di calciatore. Con il calciatore c’erano stati problemi in passato, ma il desiderio di averlo in squadra in questo stato di forma aveva permesso di superarli.

“Come hanno preso in famiglia il mio ritorno in Svezia? Avevo Vincent qui che piangeva quando sono andato via. Ma ora va bene…” – Ibra sul suo ritorno in Nazionale

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Nella testa dell’allenatore Ibrahimović sarebbe stato fondamentale per giocare da perno centrale dell’attacco e dare così ai vari Fosberg, Claesson, Quaison, Kulusevski, la possibilità di essere pericolosi con inserimenti senza palla. Sono tutti giocatori molto tecnici ma non hanno l’esplosività per prendere un vantaggio nell’uno contro uno. Serviva uno che gli aprisse spazi, per farli entrare dentro e in pochi secondi far concludere l’azione di gioco.

“È stato un incontro molto positivo. Abbiamo parlato di tutto, della mia e della sua visione, e ci siamo capiti. Alla fine si tratta di fare ciò che è meglio per la Svezia. In questo momento mi sento bene e sono forte. Voglio dare il mio contributo, decidendo le partite come nel Milan. Le impressioni sono positive e le direttive del ct chiare. Tutto dipende da come ti alleni. Qui sono nuovo, ma parliamo tutti la lingua del calcio. Non dovrebbe essere così difficile quando si gioca a questo livello”.

Senza Ibrahimovic questo castello tattico resta, ma a fare il lavoro che doveva essere del centravanti del Milan ora sono chiamati Marcus Berg, fisicamente imponente come Ibra ma con molte meno letture e sicuramente meno associativo, oppure Alexander Isak, che si è sempre cercato di costruire alla maniera di Ibra, ma non è detto che nascono questi calciatori una volta ogni generazione.

Ma se la Svezia una via d’uscita in qualche modo la troverà, risultando per forza di cose meno pericolosa e imprevedibile, Ibra che farà in futuro con la maglia della sua Nazionale? Le lacrime di marzo, lacrime di padre che ha dovuto staccarsi da un figlio che in età quadi adolescenziale lo cerca sempre di più, fanno capire anche cosa vuole dire per calciatori in età avanzata essere impegnati 340 giorni l’anno. Si parla insistentemente dei soldi che guadagnano, ma loro stessi per primi sanno benissimo che i soldi non fanno una carezza di un padre. In quella conferenza stampa Zlatan Ibrahimović ha espresso questi dolori che ogni calciatore deve ingoiare, non riuscendo a trattenersi, come invece l’etichetta pubblica impone.

“Il mio futuro? Non è ancora il momento di ritirarmi, gioco finché posso. Voglio continuare a fare ciò che amo, il calcio è la mia passione”.

Vero che Ibra ha tutto il diritto, anzi ormai quasi il dovere, di essere un padre molto più presente, ma un ultimo regalo noi speriamo ce lo faccia ancora, pensando magari di chiudere tutto con i Mondiali di Qatar 2022, anche perché per colpa del Covid, non bisogna aspettare tanto tempo.

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