Cosa ha fatto Mario Balotelli per tornare in Nazionale: la sua rumorosa rivincita
È solo una convocazione per lo stage di Coverciano ma il ritorno di Mario Balotelli in Nazionale è una piccola rivincita verso quel calcio che non ha creduto più in lui. A tre anni dall'ultima volta fa molto rumore. Come sempre accade quando, ciclicamente, si accendono i riflettori sull'attaccante che ha vestito le maglie di club importanti in Italia (Inter, Milan) come all'estero (Manchester City, Liverpool) e in Azzurro aveva già goduto di un bonus di fiducia incondizionato nonostante tutto. Qualità ne aveva (ha ancora?), peccato siano rimaste inespresse.
Nizza, Marsiglia, Brescia, Monza e Adana Demirspor le squadre che hanno accolto il giocatore nel corso di una carriera caratterizzata da discese ardite e risalite, fiammate improvvise e blackout totali, promesse (non mantenute) e in alcuni casi – come accaduto tra le fila delle Rondinelle – lunghi addii, attriti e ‘balotellate', l'insostenibile leggerezza dell'essere un talento imploso. Di quelli che hanno provato a volare alto ma con ali di carta.
Quale sarà il calciatore che oggi, a 31 anni (ne compirà 32 ad agosto), si prepara a un nuovo debutto? Roberto Mancini, aveva provato anche a calmare i bollenti spiriti di Balotelli ai tempi dei Citizens, poi ne ripose il nome in un cassetto come si fa con quelle foto di cui non vuoi disfarti e che capita di riprendere tra le mani quando nemmeno te lo aspetti. Nel caso di (Super) Mario spera/si augura di aver pescato il jolly dal mazzo, la carta che fa girare la sorte e cambia la mano al tavolo verde.
In una squadra che fatica a dare profondità ed efficacia alla mole di gioco proposta, una punta della stazza e delle caratteristiche fisiche (oltre che tecniche) di Balotelli può tornare comodo. Se fa gol, anche meglio. È il figliol prodigo che il padre non ha mai veramente abbandonato e lo riabbraccia adesso che, a un paio di mesi di distanza da un mini-torneo decisivo per la qualificazione ai Mondiali di Qatar 2022, proverà a guardare negli occhi per capire fino a che punto si può (ancora) fidare di lui.
Se quel briciolo di orgoglio e amor proprio, spesso seppelliti dal baccano e dai guai in cui – a volte anche suo malgrado – s'è andato a cacciare, possono essere stuzzicati. Se quel "perché sempre a me?" fa parte del passato e si è liberato dalla sindrome di simpatica canaglia (di buona compagnia ma sulla quale non punteresti un soldo bucato) che lo accompagna da anni. Se può funzionare ancora come al tempo dei gol che schiantarono la Germania agli Europei. Se certe notti sei sveglio o non sarai sveglio mai. Se sarà polvere di stelle oppure una scommessa folle. Se assieme a lui l'impresa di andare in Coppa del Mondo non è (solo) una pazza idea. Se è (finalmente) cresciuto.
Vengo a piedi dalla Turchia. S'era lasciato sfuggire Balotelli, rinfrancato dal buon vento che tira da quelle parti. Pronto a riprendersi tutto e con gli interessi. All'Adana sembra rinato, l'allenatore Vincenzo Montella ha speso parole di elogio per il "ragazzo" che con le sue reti sta dando un senso al campionato della squadra (in 19 match 3 assist e 8 gol, l'ultimo dei quali segnato in pochissimi minuti in cui è stato in campo) e sembra aver messo la testa a posto. Fosse stato un po' più sereno e meno irruente chissà quale corso avrebbe preso la sua carriera. Ma non sarebbe stato Balotelli.
Qualche sassolino dalla scarpa l'ha tolto, però il vizio non lo ha perso: a settembre scorso fece gol al Besiktas e si rivolse a muso duro al tecnico Sergen Yalcin che nel 2013 lo aveva definito un "senza cervello". Aveva consumato la sua vendetta ma nella maniera sbagliata, finendo per scatenare una rissa e passare per il cattivo di turno, più ingordo, più ingenuo e coglione che puoi. Lo odi o lo ami, Balotelli è così. Prendere o lasciare. Ci vediamo da Mario, prima o poi. Sperando faccia gol.