Cosa fa oggi Beppe Dossena: aiuta “atleti in difficoltà per investimenti e matrimoni falliti”
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Beppe Dossena può vantare un record che lui stesso definisce "imbattibile, non capiterà a nessun altro": il centrocampista milanese ha i vinto i Mondiali del 1982 in Spagna indossando la maglia numero 10 e tuttavia al contempo non scendendo in campo neanche per un minuto. "Ma il titolo lo sento mio, perché contribuii a rendere tosti gli allenamenti e avevo giocato nelle qualificazioni – racconta oggi a 66 anni, denunciando poi una spiacevole vicenda legata a quel trionfo – Mi rubarono la medaglia negli spogliatoi del Bernabeu e la FIGC non ha mai pensato di farmene avere una copia". Oggi Dossena lavora come seconda voce in RAI (ha appena commentato Juve-PSV alla radio), ma si spende anche parecchio per una causa molto nobile: aiutare atleti che sono in difficoltà per problemi finanziari e familiari.
La Onlus di Beppe Dossena e Paolo Maldini per atleti disagiati: "C'è gente che pensa al suicidio"
"Oggi abito a Genova, ma dentro di me sono un gitano. Vivrei su un aereo – racconta Dossena alla Gazzetta dello Sport, spiegando poi la sua iniziativa, nata di concerto con Paolo Maldini – A fine mese lanceremo una Onlus che sto curando insieme a Paolo Maldini e altri ex giocatori. Si chiama Special Team e si occuperà di atleti di tutte le discipline che vivono momenti di enorme disagio sociale a causa di investimenti fallimentari, amicizie sbagliate, matrimoni finiti male. Ci sono ragazzi che pensano quotidianamente al suicidio. Lo sport è una comunità e ogni comunità deve aiutare e proteggere i più deboli. Abbiamo studiato un programma socio-sanitario per reintrodurli nel mondo del lavoro. Questo è un problema enorme: tutti devono poter godere di una vita dignitosa e di una terza età serena".
![Beppe Dossena con la maglia della Sampdoria: ci ha vinto Scudetto, Coppa delle Coppe, Coppa Italia e Supercoppa](https://staticfanpage.akamaized.net/wp-content/uploads/sites/27/2025/02/dossena-sampdoria.jpg)
Dossena si volta indietro e rivede un bambino che sognava di essere quello che poi sarebbe diventato: "Io sono nato a due passi da San Siro. Il lunedì lo stadio era sempre aperto perché facevano le pulizie. Una volta passai di lì con mamma, entrammo e le dissi che un giorno avrei giocato su quel campo. Da bambino non avevo la possibilità di comprare il biglietto, così passavo tra le sbarre del cancello 11. Poi la testa diventò troppo grossa per infilarmi lì e cominciai a scavalcare. Ero interista, ma per vedere Gianni Rivera mi tagliai un braccio e mi misero venticinque punti".
Quanto al calcio di oggi, l'ex campione d'Italia con la Sampdoria di Mancini e Vialli del 1991 spiega che qualcosa sta migliorando ai suoi occhi: "Ultimamente mi addormento meno sul divano. Ma ho la sensazione che i ragazzi esternino poca gioia nel giocare. E mi dispiace".