Cosa è successo a José Maria Callejon alla Fiorentina
Cosa è successo a José Maria Callejon? La Fiorentina lo aveva preso nell'estate scorsa a parametro zero. S'era svincolato dal Napoli dopo il lungo addio provocato dal Covid e dai tempi diltati della stagione che arrivò fino ad agosto. L'ex Real Madrid lasciò la maglia azzurra dopo averla indossata per sette stagioni, dal 2013 al 2020. Giunse nel Golfo assieme ad altri due compagni delle merengues: Raul Albiol, che sarebbe divenuto una colonna della squadra, e Gonzalo Higuain che con i partenopei avrebbe battuto il record di gol in un campionato di Serie A (36). Un attaccante, un difensore e un centrocampista che avrebbero segnato un'epoca (assieme a Mertens e a Insigne) della formazione di Maurizio Sarri.
Calcio calibrato alla perfezione, schemi che sembravano cuciti a misura per quegli uomini, forza del collettivo, intuito e senso tattico, feeling: le qualità e le caratteristiche che hanno scandito (anche) la permanenza di Callejon a Napoli. Qualcosa non ha funzionato dall'arrivo di Ancelotti in poi, con Gattuso s'è stretto la mano e si sono salutati in un bellissimo abbraccio dopo la vittoria in finale di Coppa Italia contro la Juventus. Le lacrime di José, portato in trionfo dai compagni, bagnarono i titoli di coda di una stagione balorda per il coronavirus e per quanto era accaduto.
A Firenze, salvo cambi di rotta resterà fino al 2022 (come da contratto, che prevede anche un'opzione per l'anno successivo) ma a giudicare da come sono andate le cose non è stata un'avventura fortunata. Almeno finora. Otto presenze totali (7 in A, 1 in Coppa Italia) per un totale di 416 minuti giocati: in media, 52′ match (1 gol al Padova). Pochi, soprattutto se rapportati ai numeri dell'esperienza in azzurro: 349 presenze (82 gol, 48 assist), 26799 minuti in campo per una media di 76.8 circa a partita. Ha pagato le difficoltà della Fiorentina, la difficoltà di adattarsi a un'idea di gioco differente. E il cambio di allenatore non lo ha certo favorito, come spiegato dallo stesso Prandelli alla vigilia della sfida col Bologna.
Negli ultimi anni ha dimostrato di essere un maestro sui tempi e nelle capacità di smarcarsi, al momento è penalizzato perché il sistema di gioco è questo – ha ammesso Prandelli -. Per me è un problema profondo ed umano, mi resta difficile lasciarlo sempre in panchina.