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Cosa è andato storto tra Marcello Lippi e l’Inter: “Giorno dopo giorno una guerra”

Il presidente, Moratti, considerò Lippi l’uomo ideale per ricostruire la squadra per il passato vincente alla Juve. Ma qualcosa non ha funzionato, a cominciare dal rapporto con Baggio.
A cura di Maurizio De Santis
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Cosa è andato storto tra Marcello Lippi e l'Inter? Tutto. Il presidente, Massimo Moratti, lo aveva voluto pensando fosse il primo e più importante tassello per la ricostruzione: doveva essere la pietra angolare, si rivelò il punto critico dell'intera struttura. Dopo Gigi Simoni, Lucescu, Castellini, Hodgson e un bel po' di milioni bruciati solo per gli allenatori l'anno precedente, il massimo dirigente tirò l'asso nella manica soffiando alla ‘vecchia signora' il Pigmalione dei suoi trofei. Ma finì malissimo, con un esonero. L'Inter era un'altra cosa. E all'Inter Lippi non ha mai attecchito.

Cosa non ha funzionato tra Lippi e l'Inter: il pregiudizio sulla Juve

Un campionato e un'apparizione in quello successivo, da luglio 1999 a ottobre 2000: tanto durò l'esperienza turbolenta sulla panchina nerazzurra. Un quarto posto risicato grazie a uno spareggio col Parma e poi il licenziamento dopo le scoppole per eliminazione dai preliminari di Champions contro l'Helsinborg e mortificante sconfitta con la Reggina.

A Milano il tecnico toscano scontò il karma del suo addio traumatico alla Juventus e del "tradimento" che gli venne imputato per essere passato sulla sponda di una rivale storica, il rapporto mai veramente decollato nello spogliatoio (burrascosi quello con Panucci, che lo ha accusato di avergli fatto perdere Euro 2000 e i Mondiali, e Roby Baggio o lo stesso Vieri, col quale si rappacificò in seguito) e con i tifosi diffidenti per il suo dna juventino, un modo di giocare mai digerito dalla squadra, il grande rimpianto (e fu lo stesso Lippi a menzionarlo in diverse occasioni) di non aver potuto contare su una coppia d'attacco che immaginava devastante con Bobo e Ronaldo il Fenomeno.

"Entrambi nel pieno, a 26 anni, una roba da urlo. Tra infortuni vari, però, insieme avranno giocato tre partite. Ronaldo si ruppe a Roma contro la Lazio…".

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Cosa non ha funzionato? A giudicare dal modo in cui ne ha più volte parlato l'ex allenatore ci sono un paio di frasi che riassumono bene il disagio che ha caratterizzato la sua permanenza e gli ha reso la vita dura.

"In nerazzurro non ero ben visto perché difendevo la mia juventinità, questo per loro non andava bene. Ad Appiano non feci molto bene, nessuno accettava il mio modo di giocare. A Torino ho vinto perché lavoravamo più e meglio di tutti".

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Avrebbe dovuto compiere la rivoluzione, andò tutto storto. "La mia esperienza interista? In carriera ci sono alti e bassi. Ho avuto tantissimi alti, l'Inter è un basso, come altri che ho avuto. Il perché non è più importante: era una grande squadra, un grande ambiente, ma non è andata benissimo, tutto qua". 

Il difficile rapporto tra Lippi e Baggio: "Uccidimi se non ti servo"

"Uccidimi se non ti servo", è la frase in spagnolo scritta sul cappellino col quale Baggio si presenta ai giornalisti dopo essere stato determinante a Verona contro l'Hellas. L'Inter aveva l'attacco decimato, Lippi gli preferì dall'inizio Mutu poi nella ripresa fu costretto dagli eventi a mandare in campo ‘codino' che più volte aveva spinto perché andasse via. Lo considerava di troppo in un reparto offensivo che annoverava Ronaldo, Vieri, Zamorano, Recoba.

A raccontarlo è stato lo stesso Baggio nella sua biografia, Una porta nel cielo. "Nel ritiro estivo avevo a malapena il diritto di respirare. Dovevo mangiare quello che diceva lui, si infuriava per un dribbling di troppo, se un compagno mi applaudiva lo faceva nero. Giorno dopo giorno una guerra, a partire dal primo incontro, quando mi chiese di fare i nomi di chi la stagione passata aveva remato contro. Io i nomi non li feci, non li ho fatti mai in vita mia. Ogni sua provocazione aveva l’unico risultato di fortificarmi. Più colpiva basso, più stringevo i denti e volavo alto". 

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Botta e risposta, punzecchiature a distanza, parole trattenute tra i denti e altre dette senza timore in pubblico. Come in occasione di un'amichevole con il Saronno che diventa l'ennesimo terreno di scontro. "Questi collaudi vengono programmati per controllare la condizione di quelli che abitualmente non giocano, che così hanno l’opportunità di mettersi in mostra. ma qui succede il contrario: nessuno si dà da fare oltre un certo limite, è insopportabile".

La replica di Baggio fu altrettanto piccata: "Sono tranquillo, mi sono impegnato dal primo all’ultimo minuto e detesto le accuse generiche. Lippi faccia i nomi dei lavativi".

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Lo sfogo iconico: "Li prenderei a calci nel c*lo tutti!"

Le storie tese tra Lippi e l'Inter deflagrarono all'alba del secondo campionato in nerazzurro. Nella stagione 2000/2001 la Serie A inizia più tardi dopo le Olimpiadi, il tecnico dura appena un match. Recoba illude ma nella bolgia del Granillo la squadra si sfalda sotto i colpi di Possanzini e Marazzina, di un avversario (la formazione di Colomba) che sputa anche l'anima in campo. L'Inter no e Lippi non ne ha più (o ne ha mai avuto) il controllo. Capisce che non è aria. Che è meglio mollare gli ormeggi e farsi cacciare. Che se resta, sarà solo un calvario sfiancante.

Una disfatta scandita dallo sfogo passato alla storia: "Se io fossi il presidente manderei via l’allenatore e poi attaccherei i giocatori al muro e li prenderei a calci nel culo tutti".

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