Cosa c’era nella chiavetta segreta che Moggi ha dato ad Agnelli all’assemblea della Juve
Cosa c'è nella chiavetta che Luciano Moggi ha consegnato all'ex presidente della Juventus, Andrea Agnelli? C'è tutta Calciopoli ha ammesso l'ex direttore generale dei bianconeri, radiato a vita dalla Corte federale della Figc. Una sortita a margine dell'assemblea degli azionisti ha rimesso al centro del dibattito vecchi argomenti, ferite mai rimarginate e quella sindrome di accerchiamento che vive il popolo della ‘vecchia signora'.
Oggi come allora la Juve è nel pieno di una tempesta legale dalla quale non sa come e quando ne uscirà, quali saranno le eventuali ricadute sportive oppure i risvolti penali del materiale raccolto e delle ipotesi di reato prefigurate dagli inquirenti di Torino. L'inchiesta Prisma ha portato alle dimissioni in blocco dell'intero CdA e del massimo dirigente e la Procura della Federcalcio a decidere (lo farà il 20 gennaio prossimo) se ci sono le condizioni o meno per riaprire il procedimento sulle plusvalenze.
Ad aprile scorso, in primo grado, s'era chiuso con un'assoluzione delle società coinvolte perché non c'era stata alcuna "violazione delle norme federali in materia gestionale ed economica". Alla luce dei rilievi e dei riscontri dei magistrati tutto può essere (ri)visto sotto una luce differente.
Nel lavoro di ricostruzione di quel ciclone giudiziario che risale al 2006 ci sono alcuni punti fermi che lo stesso Moggi ha citato, l'ennesima difesa d'ufficio rispetto alla revoca degli scudetti, alla retrocessione e alla penalizzazione dei bianconeri per i fatti emersi in quell'estate caldissima. "Sono sei anni he lavoriamo per questo cofanetto", le parole dell'ex dg che introduce quel compendio menzionando una serie di episodi che – a suo dire – testimoniano come la Juve abbia "vinto sempre sul campo, anzi forse hanno rubato qualcosa a noi".
L'elenco potrebbe essere molto lungo ma Moggi si limita anzitutto a lanciare fatti come sassolini in uno stagno. Il resto, la parte più grossa e importante della sua trama riannodata un poco alla volta è contenuta nel supporto usb mostrato durante l'assemblea degli azionisti Juve. E così parla di quanto accaduto a Perugia "col diluvio del Curi", dello strano cambiamento in corsa delle regole sul numero degli extracomunitari da schierare in campo "per favorire la Roma facendo giocare Nakata che ha segnato contro di noi proprio il gol scudetto", del presunto ruolo avuto dal team manager Gabriele Oriali che definisce come colui "che ha contraffatto il passaporto di Recoba".
È solo la punta dell'iceberg, fatti (ri)lanciati al centro della discussione, cose che rientrano nel corredo accessorio di una vicenda che, secondo Moggi, meriterebbe un'attenzione e una (ri)lettura più approfondita. In buona sostanza, se la Procura federale ritiene vi sia materiale a sufficienza per rimettere in piedi il processo sulle plusvalenze allora ce n'è altrettanto anche per Calciopoli.
Tra i punti oscuri menzionati nel cofanetto "sentirai Carraro dire che Lazio e Fiorentina non possono retrocedere, e di non aiutare la Juventus prima di una partita contro il Milan". Oppure, in riferimento all'ex dirigente del Milan addetto agli arbitri, Leonardo Meani, dopo un Milan-Chievo 1-0, aggiunge: "Ti ho fatto dare 7 da Cecere, il giornalista della Gazzetta, ti faremo fare gratis in Svizzera un trapianto di capelli".
A cosa si riferisce Moggi? Nulla di nuovo o che non sia emerso già negli anni scorsi nelle intercettazioni che permisero agli inquirenti di tracciare i contorni del sistema di potere che coinvolgeva vertici federali, arbitrali, dirigenti e società. A maggio 2006 Franco Carraro, all'epoca presidente della Figc, rassegnò le dimissioni e le motivò in una lettera parlando di "vicenda grave e dolorosa" per quanto emerso dal lavoro delle Procure.
Restò invischiato nello scandalo perché, intercettato mentre parlava con l'allora designatore arbitrale Paolo Bergamo (che non ha ricevuto alcuna sanzione, né penale né sportiva), chiedeva di non sfavorire a livello arbitrale la Lazio e in un'altra ancora di non favorire la Juventus.
Sono tre le telefonate che finirono sotto la lente degli inquirenti, prima e dopo la partita Lazio-Brescia del 2005 e un'altra ancora relativa alla Juve. Nella prima Carraro sembra premurarsi che il direttore di gara non commetta errori. "Senta, no, volevo dirle… – è il dialogo di Carraro con Bergamo – domani c’è questa, Lazio-Brescia che è una partita delicatissima… no, perché loro stanno nervosissimi… la cosa importante è che domani… per carità, se il Brescia deve vincere che è più forte, però che non ci siano… c’è un ambiente qui che è molto teso, capito?!".
Nel secondo dialogo c'è un’altra conversazione tra Carraro e Bergamo ma questa volta il tono è diverso: il designatore viene quasi rimproverato per la mancata concessione da parte dell’arbitro Tombolini del (presunto) calcio di rigore richiesto dalla Lazio e sembra rimarcare la richiesta di un occhio di riguardo nei confronti della Lazio. "Ho visto che pure un rigore gli hanno negato – dice Carraro a Bergamo – eh beh, insomma, è inutile che le dica un cazzo perché… le dirò di fare il contrario, così forse riusciremo a ottenere qualche cosa… domenica vanno a Milano ed è una partita oggettivamente difficile… poi però bisogna dargli una mano".
Quale fu la replica del designatore? "No, no, recuperiamo, recuperiamo… ieri, ieri non è riuscita bene e chi ha sbagliato paga… purtroppo la cosa era preparata bene e non è riuscita bene… questa è la verità e quindi lui paga di persona".
Un anno prima (2004), in un dialogo circoscritto al periodo precedente a Inter-Juventus, Carraro chiede chi è l'arbitro designato (Rodomonti, ndr) e discute con Bergamo premurandosi una raccomandazione in particolare. "Mi raccomando, che non aiuti la Juventus per carità di Dio eh? Che è una partita delicatissima, in un momento delicatissimo, della Lega, eccetera…. Per carità di Dio, che non aiuti la Juventus. E faccia la partita onesta, per carità, ma che non faccia errori a favore della Juventus, per carità eh…".
E per sottolineare l'importanza del concetto Carraro aggiunse: "Se c’era Collina, anche se sbagliava, nessuno diceva un cazzo, ma… Rodomonti se sbaglia a favore della Juventus succede l’ira di Dio. Siccome poi c’è…. tra l’altro, tenga presente che si gioca domenica sera; lunedì c’è l’elezione della Lega eccetera, per cui sarebbe una roba disastrosa, insomma. Capito?". Bergamo risponde: "È una mia preoccupazione domani parlarci, dottore".
L'ex numero uno della Federcalcio fu squalificato per 4 anni e 6 mesi nella sentenza della CAF (in primo grado), sanzione che venne tramutata in una multa 80 mila euro nella sentenza della Corte federale. A livello penale a maggio 2009 venne prosciolto dall'accusa di frode sportiva.
Quanto al ruolo di Leonardo Meani nella chiavetta di Moggi c'è un compendio dettagliato di come l'ex addetto agli arbitri del Milan sembrasse interpretare il proprio ruolo in maniera molto più ampia rispetto all'incarico. Al terzo grado del processo sportivo venne condannato con due anni e due mesi di inibizione, più altri tre mesi per il cosiddetto Calciopoli bis, mentre nel processo penale di Napoli fu assolto per prescrizione in Appello. Per il Milan, penalizzato in campionato ma riammesso in Champions (l'avrebbe vinta nel 2007), pagò per tutti.
Perché l'ex direttore generale della Juve lo cita? Anche nel suo caso emergono intercettazioni dal passato tra cui una che lo registra mentre parla con l'ex arbitro, Massimo De Santis, in occasione di Fiorentina-Milan del 1° maggio 2005. Qual è il succo del dialogo? Evitare che Nesta, come Seedorf e Rui Costa, siano ammoniti così da non saltare la sfida successiva contro la Juve. Il Milan vince 2-1 e non ci sono cartellini gialli per i diffidati.
La Juve entra in silenzio stampa come protesta contro l’arbitraggio di De Santis e il lunedì 2 maggio Meani richiama il direttore di gara che dice: "Hai visto? Ho fatto fa’ il silenzio stampa alla Juve, non c’era mai riuscito nessuno nella storia del calcio". "Poi mi dicono che sei juventino…", è la battuta di Meani che completa il pensiero successivamente: "Ma lui sta perdendo la testa, il direttore, eh… non deve dire certe cose perché vuol dire che stai perdendo il controllo… ho l’impressione che lui stia perdendo… è un po' come quello che sta perdendo potere e si attacca un po’ a tutto".