Cosa accadde il giorno della morte di Mino Raiola: “Quei farabutti chiamarono i suoi giocatori”
Lo scorso 30 aprile Mino Raiola è morto a 54 anni, dopo aver lottato negli ultimi mesi con una grave malattia. La notizia della sua scomparsa è stata uno shock per tutto il mondo del calcio, del quale il procuratore di Nocera Inferiore era uno dei protagonisti più potenti. Tanti campioni facenti parte della sua scuderia si sono trovati da un giorno all'altro senza un punto di riferimento, o almeno così hanno pensato in molti, ipotizzando una diaspora di Pogba, Haaland e tutti gli altri.
Niente di tutto questo è accaduto, perché le cose stavano in maniera diversa da come (quasi) tutti credevano di sapere. Raiola infatti non era solo nella gestione del suo enorme patrimonio di calciatori: la figura dell'avvocato brasiliano Rafaela Pimenta – che poi ha preso le redini dell'agenzia con piglio fermo – era tutt'altro che quella di una semplice collaboratrice, ma da parecchi anni una vera e propria partner del procuratore italo-olandese, come svela adesso per la prima volta la Pimenta.
"È un mondo di uomini e molte volte Mino è andato a una riunione e ha detto di me: ‘Lei è il mio capo'. Stava scherzando, ma quello che intendeva era: ‘Non è me che dovete convincere, è lei'. Stava esagerando, ma mi stava dando il potere di portare l'uguaglianza sul tavolo – racconta l'avvocato al Telegraph – Mino sapeva che a volte sarebbe stato difficile per me come donna. Ha fatto di tutto per farlo capire alla gente. Abbiamo compreso però che era impossibile e abbiamo fatto una scelta di comunicazione. C'erano ‘un'immigrata brasiliana e un italiano grasso e mal vestito' e insieme avevano in programma di gestire i giocatori? Mino allora disse: ‘Rafa cosa dobbiamo fare?' Abbiamo deciso insieme che Mino sarebbe stato il front-man, sarebbe andato a parlare e avrebbe fatto il rumore sulla stampa. Io non avevo bisogno di essere vista. A me andava bene, ero totalmente a mio agio".
Tutto cominciò 21 anni fa, la prima operazione condotta assieme fu portare il centrocampista Fabio Montezine all'Udinese nel 2001. La Pimenta – pur molto giovane all'epoca, oggi ha 49 anni – aveva già la sua carriera di avvocato di successo ma Raiola riuscì a convincerla a trasferirsi in Europa e lavorare con lui. Aprirono un ufficio a Monaco davvero molto piccolo, Mino era il "negoziatore", lei era l'avvocato che curava tutta la parte più tecnica, contratti e documenti. Insomma, quando il 30 aprile di quest'anno Raiola è morto, qualcuno ha fatto male i suoi conti, non sapendo cosa si nascondesse dietro l'impero dell'agente campano. Non era la società di un solo uomo, non lasciava dietro di sé praterie da poter cavalcare alla ricerca di prede confuse.
La Pimenta rivela chi fu quel qualcuno che provò a fare la parte dello sciacallo e chi invece, al livello più alto, si comportò in maniera nobile: "Ci sono alcuni agenti molto grandi nel mondo. Alla gente piace chiamarli super agenti. Gli ovvi super agenti sono Jonathan Barnett, Jorge Mendes e Roger Wittmann. Se dovessi esprimere a parole la quantità di supporto che ho ricevuto da loro, avrei bisogno di un giorno. Sono stati fantastici. Ero felice che volessero aiutarmi anche se non ne avevo bisogno. Ma è stato un gesto che ho apprezzato. Uno di loro ha detto: ‘Se qualcuno viene a parlare e usa il mio nome, digli di andare a farsi fottere' ".
"Poi ci sono altri bravi agenti – spiega ancora l'avvocato brasiliano – ma ci sono anche un mucchio di farabutti che hanno chiamato i giocatori. Uno chiamò Walter Benitez (portiere argentino che era a scadenza a Nizza, accatosi a parametro zero al PSV in estate, ndr) il giorno in cui Mino morì. E Wanda, sua moglie, gli disse rabbiosa: ‘Dovresti vergognarti di te stesso.' Prima che Mino morisse chiamarono Alphonse Areola. Migliaia di persone chiamavano Xavi Simons, migliaia di persone chiamavano Erling Haaland, migliaia di persone chiamavano Paul Pogba. Hanno chiamato anche me e mi hanno detto: ‘Se hai bisogno di aiuto posso gestire l'attività per te'…". Non avevano idea di chi avevano di fronte.
"La gente trova molto difficile capire che Mino non c'è e c'è una donna – spiega la Pimenta – Per alcune persone è tipo, ‘Una donna? È impossibile!' Per alcuni è naturale: dipende dal Paese, dipende dall'età. Quando ho iniziato questa attività c'erano poche donne. Ho visto molti uomini che quando non riescono a prevalere nella discussione, ti umiliano e dicono: ‘OK, sei una donna. Cosa sai del calcio?' E io dico: ‘Non hai bisogno di conoscere il calcio per dirti di pagare il premio al giocatore. Ho bisogno di sapere di matematica.' Ho visto uomini cercare di sminuirmi, di provare a farmi perdere fiducia. Tutto il tempo. Per cercare di vincere una trattativa". No, decisamente non sapevano con chi stavano parlando: l'eredità del compianto Mino Raiola è davvero in ottime mani.