“Con Ronaldo ci siamo persi”, Bonucci svela il segreto mai confessato della Juventus
Dopo l'addio di Cristiano Ronaldo alla Juventus, clamorosamente consumatosi negli ultimi giorni di mercato, si è detto come il bilancio dell'operazione CR7 nei tre anni a Torino sia da considerarsi fallimentare, alla luce della situazione finanziaria disastrosa lasciata in eredità alla società bianconera, a fronte di reiterate delusioni in Champions League solo parzialmente consolate dai due Scudetti vinti nell'ultimo anno di Allegri e poi con Sarri. Quello che mancava finora era una disamina da un punto di vista puramente calcistico del triennio che ha visto il fuoriclasse portoghese mettere a segno 101 gol con la maglia della Juve: cosa non ha funzionato nell'innesto di un campione così vincente in un'intelaiatura che appariva rodatissima.
Ci pensa Leonardo Bonucci a togliere il velo in maniera schietta dai problemi che hanno afflitto la squadra bianconera da quando Ronaldo ha messo piede nello spogliatoio della Continassa: "L'idea che un giocatore, anche il migliore al mondo, potesse garantire la vittoria alla Juventus. Questo era. La presenza di Cristiano ha avuto una grande influenza su di noi. Il solo allenamento con lui ci ha dato qualcosa in più, ma inconsciamente i giocatori hanno iniziato a pensare che la sua presenza da sola fosse sufficiente per vincere le partite. Abbiamo iniziato a mancare un po' nel nostro lavoro quotidiano, nell'umiltà, nel sacrificio, nella voglia di esserci giorno dopo giorno per il tuo compagno di squadra. Negli ultimi anni penso che si potesse vederlo".
L'atto d'accusa del difensore viterbese è tanto crudo quanto duro: "Ci siamo persi. Forse era scontato che se avessimo dato la palla a Cristiano avrebbe vinto la partita. Ma Cristiano aveva bisogno della squadra quanto noi avevamo bisogno di lui. Doveva esserci un compromesso, perché è la squadra che eleva l'individuo anche se l'individuo è il miglior giocatore del pianeta".
Bonucci allarga il discorso, facendone una questione di DNA scritto nei geni della squadra bianconera. Un DNA che è andato un po' perso nelle ultime stagioni, come spiega nell'intervista a The Athletic: "Penso che negli ultimi due anni con Sarri e Pirlo ci siano state difficoltà nella transizione. Abbiamo perso ragazzi come Khedira, Mandzukic, Matuidi, Higuain – grandi personaggi che avevano grandi qualità – per ringiovanire la squadra. La Juve negli anni ha costruito il suo successo sull'essere una squadra che non si arrende mai. Anche quando tutto sembra perduto, non dà mai l'impressione di essere battuta. Questa è la mentalità. È stato difficile in questi ultimi due anni farla entrare nella testa dei nostri giocatori più giovani. Per un po' siamo riusciti a mantenerla, ma il passaggio da una generazione all'altra è stato difficile. Ora che i nostri giovani hanno 50 partite alle spalle nella Juve, iniziano a capire la mentalità ‘operaia'…".
"E' giusto provare a fare un buon calcio ma bisogna anche lavorare duro, fare sacrifici, essere umili – arrringa Bonucci – Non puoi lasciare nulla al caso. Tutto deve essere fatto al 101 per cento: il 100 per cento non è sufficiente. Se si ripercorre la storia e si guarda quando vince la Juventus, in squadra ci sono 10 top player, 10 buoni giocatori e quattro cavalli da tiro. Ognuno di loro però ha la stessa mentalità e questa è ‘dobbiamo vincere'. Non importa come. Una partita la giochiamo bene e basta. In un'altra partita dobbiamo lottare e difendere e basta. Ma dobbiamo portare a casa i tre punti. Negli ultimi due anni questo è stato un po' messo da parte per il desiderio di fare qualcosa di diverso, pensando di poter cambiare la storia della Juventus. Tuttavia, credo – e ne ho parlato con Buffon e Chiellini – che il Barcellona vinca come fa perché questa è la storia del Barcellona dai tempi di Johan Cruyff. Il Liverpool vince come fa perché questa è la sua storia. Alla Juventus abbiamo la nostra storia". Un messaggio chiarissimo quello di Bonucci allo spogliatoio bianconero: adesso la foglia di fico Ronaldo non c'è più, si deve tornare ad essere la vecchia Juve: "Dobbiamo vincere, non importa come".