Come sta De Rossi: le condizioni dopo la polmonite e il ricovero per Covid
Daniele De Rossi è ricoverato da giovedì scorso all'Ospedale "Spallanzani" di Roma per il Covid, contratto a causa del focolaio di contagi esploso in Nazionale. Come sta? Le sue condizioni sono discrete, sotto controllo, non destano preoccupazioni e verranno valutate giorno per giorno monitorando l'evoluzione della polmonite. Dopo aver effettuato una Tac al "San Camillo" e su suggerimento dei medici, che gli hanno consigliato in via precauzionale il trasferimento in una struttura specializzata, ha scelto di recarsi presso il nosocomio capitolino. La sua situazione non era tale da richiedere il trasporto nel reparto di Terapia Intensiva.
L'ex centrocampista dei giallorossi e dell'Italia, oggi 37enne, era risultato positivo al tampone molecolare il 31 marzo scorso, in occasione della partita di qualificazione al Mondiale di Qatar 2022 in Lituania. Prima di lui, a raccontare quanto sia stata dura guarire e riprendersi dal coronavirus era stato Francesco Totti, altro ex romanista e campione del mondo con l'Italia.
La sequenza impressionante dei casi registrati nella delegazione azzurra, tra i membri dello staff di Roberto Mancini (tra cui Salsano, Lombardo, Vialli, Battara) e poi tra i calciatori ha sollevato perplessità sull'efficacia della "bolla" e dei protocolli adottati dalla Federazione. Il focolaio è scoppiato e nel cluster sono in parecchi a finire, tra cui anche Daniele De Rossi. Come sia stato possibile è tutt'ora oggetto di valutazioni.
Il primo episodio era stato rilevato giovedì 25 marzo, quando la Nazionale era ancora a Parma per la sfida contro l'Irlanda del Nord. Il segretario, Cozzi, che aveva manifestato qualche sintomo sospetto e fatto rientro a Coverciano: lì il test ha dato esito positivo. Lunedì 29 marzo a Sofia (dopo la vittoria degli Azzurri in Bulgaria) tutti i tamponi hanno dato esito negativo ma il giorno successivo (30 marzo) sono spuntati 2 casi (Lombardo e Salsano rientrati in Italia a bordo di un volo privato). Mercoledì 31 marzo la comunicazione di altri 4 contagi (Valentini, Battara, De Rossi, Vialli) che hanno fatto da prologo alle notizie sui calciatori.
Il primo della lista a risultare positivo al Covid (1° aprile) è stato Leonardo Bonucci (Juventus) e il timore che il cluster avesse potuto contagiare altri giocatori s'è rivelato fondato in seguito. È il 2 aprile quando Marco Verratti (Paris Saint-Germain), rientrato in Francia in anticipo con Alessandro Florenzi, risulta contagiato. Tre giorni più tardi (5 aprile) sarà costretto all'isolamento in quarantena anche l'ex difensore della Roma. A distanza di poche ore riceveranno la stessa notizia anche Vincenzo Grifo (Hoffenheim), Alessio Cragno (Cagliari), Salvatore Sirigu (Torino, anche se il club granata non lo ha mai comunicato ufficialmente).
Il campionato nel frattempo è ripreso: sabato 3 aprile si gioca la 29a giornata ma, nonostante i controlli a tappeto nelle società interessate dai calciatori convocati nelle rispettive nazionali, la preoccupazione resta alta. Il Sassuolo è l'unica società che, a scopo prudenziale, decide di non schierare i 4 calciatori (Gian Marco Ferrari, Manuel Locatelli, Francesco Caputo, Domenico Berardi) al ritorno dall'esperienza in Azzurro. Si teme che, prima della conclusione del periodo d'incubazione, si manifestino altri casi. Così sarà: il 6 aprile Federico Bernardeschi (Juventus) viene trovato positivo al Covid, il 7 aprile lo sarà Matteo Pessina (Atalanta).
Una situazione che solleva imbarazzi e scetticismo, confermando ancora una volta come il pacchetto di norme medico-sanitarie, licenziate dalla Federcalcio per garantire la prosecuzione in sicurezza delle partite, non sia sufficiente a permettere un calcio ‘Covid free'. E lascia in sospeso la possibilità che, entro il 19 aprile, l'Italia riesca a fornire alla Uefa rassicurazioni e un piano di accoglienza per i tifosi negli stadi tali da non essere tagliata fuori dai Paesi ospitanti di Euro 2020.