Come è stato costruito il fenomeno Haaland tra papà Alf Inge e le idee di Mino Raiola
Erling Haaland ha il gol nel sangue. Che il classe 2000 norvegese figlio di un calciatore e di una campionessa di eptathlon fosse destinato a diventare un atleta professionista era scontato, alla luce di un patrimonio genetico importante. Fondamentale però per l'esplosione del bomber del Borussia Dortmund è stato il lavoro specifico a cui si è sottoposto nel corso negli anni scorsi. Una crescita, muscolare e mentale in cui oltre a preparatori e tecnici hanno avuto un ruolo fondamentale, il papà Alf-Inge e l'agente Mino Raiola. Ecco come è stato costruito il fenomeno Haaland.
Come è stato costruito il fenomeno Haaland
Molde, Salisburgo, Borussia Dortmund o nazionale norvegese non fa differenza per Erling Haaland. Il "Re Mida" del gol, segna a valanga, in qualsiasi campionato e in qualsiasi competizione, con margini di crescita importanti che potrebbero renderlo uno degli eredi di campioni del calibro di Messi e Ronaldo. Se madre natura è stata molto generosa con il biondo ragazzo norvegese, su di lui è stato fatto un lavoro specifico, fondamentale per una crescita che gli ha permesso di affermarsi nel mondo del calcio. Agilità, velocità e elasticità muscolare non sono mai mancate a Erling, che ha ereditato una predisposizione naturale allo sport dal papà Alfie ex centrocampista del Manchester City e del Leeds United e da mamma Gry Marit campionessa di eptathlon. Su di lui però c'è stato tanto da lavorare, per "modellare" un fisico e renderlo perfetto per il calcio e per una tenuta mentale da agonista di primissimo livello.
12 chili di muscoli in 15 mesi per il giovane attaccante norvegese
"Abbiamo costruito i suoi muscoli da zero", dichiarò all'epoca Erase Steenslid ovvero il suo primo preparatore parlando della dieta, e degli allenamenti speciali di Haaland per incrementare la sua muscolatura e la sua forza. 12 chili di muscoli in 15 mesi, per un ragazzo che in un'intervista del novembre 2017 si lamentava per essere cresciuto "solo di cinque centimetri in un anno", facendo riferimento alla crescita di 12 centimetri dell'anno precedente. Un exploit fisico incredibile che inizialmente si è rivelato anche uno svantaggio, visto che il ragazzo ha dovuto comunque adattarsi ad una corporatura più massiccia. Volere e potere, anche perché Haaland ha avuto alle sue spalle due figure fondamentali per la sua formazione e carriera, ovvero il papà e l'agente Mino Raiola.
Quando Raiola decise di cambiare il nome di Haaland
Entrambi hanno vinto la scommessa Haaland, accompagnandolo negli ultimi anni dentro e fuori dal campo. Basti pensare che il suo procuratore, ha deciso addirittura di far cambiare nome al ragazzo che è passato dal norvegese Håland al più europeo Haaland. Un modo per internazionalizzare un profilo, di cui si sarebbe parlato a lungo sui palcoscenici del pallone. Il tutto però senza mai bruciare le tappe: sin da giovanissimo infatti il classe 2000 avrebbe avuto la possibilità di approdare in top club. Basti pensare all'interesse della Juventus, già quando il ragazzino militava in patria.
Il ruolo fondamentale di papà Alf-Inge
Seguendo i consigli del papà (che gli ha fatto capire di avere sì ambizioni ma di anteporre sempre a tutto la sua squadra di club e la prossima partita da disputare) e di Raiola, Erling però ha deciso di accettare il Salisburgo, confermando poi: "Ovviamente ero lusingato dal fatto che la Juventus fosse interessata ma pensavo che fosse troppo presto per andarci. Il Salisburgo era il club che mi si addiceva di più ed erano quelli che mi volevano di più. Penso anche che fosse molto importante vedere quanto sarebbe stato importante un ruolo che avrei giocato per il club in cui sono entrato. Ci sono più possibilità di giocare qui". Una situazione che si è replicata anche al momento dell'approdo al Borussia Dortmund, preferito ad altri top club, con la prospettiva di poter giocare sempre con continuità anche in Europa.
Haaland, mentalità da top player
D'altronde Haaland è uno abituato a ragionare per step, e pronto sempre a migliorarsi. Dalle difficoltà a trovare le vie del gol all'inizio al Byrne, all'approdo al Molde con Solskjaer che lo ha aiutato e non poco a diventare un vero e proprio cecchino in zona gol. Sempre con la voglia di apprendere il più possibile per crescere, con la consapevolezza di dover fare i conti con una concorrenza notevole: "Il mio sogno è diventare il migliore al mondo, ma lo condivido con un milione di altri giovani giocatori nel mondo. Prima di tutto sono diventato migliore di mio padre e lui aveva 181 partite di Premier League, quindi questo è un obiettivo, ad esempio: ottenere più partite lì di lui".