Ciro Muro rivede Maradona seduto vicino a lui: “Ho strappato il biglietto vincente della lotteria”
Ciro Muro ha un grande rimpianto, anzi due, per quello che poteva essere nella sua carriera da calciatore e non è stato. Cresciuto nelle giovanili del Napoli, il trequartista venne richiamato alla base dal club azzurro dopo un paio di prestiti a Monopoli e Pisa, in cui aveva dimostrato il suo talento. Quella non sarebbe stata una stagione come le altre per il Napoli, per usare un eufemismo. Correva l'anno 1986 quando Muro rientrò a Soccavo, sede allora degli allenamenti del club partenopeo: qualche mese dopo la squadra di Diego Armando Maradona avrebbe festeggiato il primo storico Scudetto, un titolo cui Ciro contribuì da riserva con 11 presenze. Poi andò via, una decisione che oggi a 60 anni – quando ci pensa – non rifarebbe mai.
Il rimpianto di Ciro Muro: "Avevo il biglietto vincente della lotteria e l'ho strappato"
"Ho preso per due volte il biglietto vincente della lotteria e l'ho strappato – racconta alla Gazzetta dello Sport – La prima, quando decisi di andar via da Napoli e passare alla Lazio in Serie B: volevo giocare, con Maradona davanti e in quella squadra ci riuscivo ma non come sognavo io, che puntavo a diventare il Totonno Juliano del Napoli. Diego mi parlò: resta, il futuro ti appartiene, vedrai che ci sarà modo… Avevo un contratto quinquennale".
Muro decise diversamente: estate del 1987, aveva 23 anni, andò alla Lazio ed anche lì due anni dopo avrebbe poi fatto una scelta che è il suo secondo rimpianto. "Feci la seconda sciocchezza – racconta l'ex fantasista – Eravamo stati promossi in Serie A, c'erano Ruben Sosa, Dezotti, Gutierrez, Paolo Di Canio. E c'era chi diceva: qua il sudamericano sei tu. Mi telefona Gigi Simoni, mi invita ad andare a Cosenza, io avevo ancora tre anni con la Lazio. Dissi di sì. E non ce l'ho fatta più a tornare tra i grandi. Potevo starci, ma chi sbaglia paga e io non contento del primo errore ne commisi un altro. Avessi dato ascolto a Diego, a mio padre che non voleva andassi via da qui…".
A Muro restano ricordi meravigliosi di quell'anno memorabile per un popolo intero, ma anche per lui: "Una volta mi venne dedicato un titolo da un giornale: ‘Murodona'. Fu dopo un gol a Firenze, su punizione".
La discesa della carriera di Muro: "Da quando è iniziata, è stato impossibile rialzarsi"
Dopo il Cosenza in Serie B, Muro non risalirà più nella massima serie, girovagando tra B e C, qualcosa che in pochi avrebbero detto avendo visto quel talento purissimo brillare da giovanissimo. Poi ha intrapreso la carriera da allenatore, passando anche per le giovanili del Napoli tra il 2009 e il 2013, e adesso – dallo scorso 12 novembre – siede sulla panchina del Castel Volturno, che milita nel torneo di Eccellenza: "Ho disfatto tutto io. La decisione di staccarmi me la porto dentro. Ero cresciuto nel Napoli, ci ero arrivato da Portici, direttamente dal collegio. Non avevo mai frequentato scuole calcio, ero un talento naturale, di strada ma nel senso buono. Istinto. Bagni impazziva per me, perché avevo la mania dei tunnel. Il responsabile di me stesso resto io: ci ho messo del mio, tanto, ma doveva andare in questo modo. Dal momento in cui è cominciata la discesa è stato impossibile rialzarsi".
Muro chiude dando un consiglio ai giovani calciatori napoletani che non vedono sbocchi restando nella propria città: "Non è facile, si investe poco, e da qua i ragazzi se ne vanno. Potessi fermarli, glielo direi: non fate come me. Ve ne pentirete".