Ci vuole il coraggio di Dario Hubner per essere un grande calciatore, rimanendo se stessi
Pensi a Dario Hübner e ti ricrei un’immagine molto precisa, rifacendoti a una narrativa specifica, che chiama in causa la voglia di emergere anche quando sembra ormai passato il treno, oppure tiri fuori l’idea che in fondo il calciatore italiano perso chissà in quale categoria minore sia meglio dei tanti stranieri che giocano in serie A, oppure pensi alla provincia soprattutto, quella che tutti certificano come “pane e salame” e invece è tante altre meravigliose cose insieme.
Non sono visioni del tutto sbagliate, le conferma anche lui, queste etichette enorme e pendenti che gli abbiamo messo al collo, ma su tutte le sfaccettature di un calciatore “come noi” più degli altri forse è stato un artista, Calcutta, a sottolineare quella su cui è bene riflettere. Nella sua canzone che ha per titolo proprio il cognome del calciatore, Calcutta canta:
“In questo mondo che pieno di lacrime
Io certe volte dovrei fare come Dario Hübner
E non lasciarti a casa mai a consumare le unghie”.
Questo verso evidenzia un elemento fra gli altri, quello del coraggio di fare le scelte, sbagliate, giuste, al tempo debito o controtempo, ma farle, senza farsi aspettare dal tempo che passa e a un certo punto ti saluta. Questa forza nelle scelte, che siano state quelle di lasciare il lavoro da fabbro per il sogno di diventare calciatore oppure quella di attaccare spesso a testa bassa le migliori difese del mondo ha sempre accompagnato Dario Hübner. Una storia che la certifica e la dimostra è quella che ha raccontato Carlo Ancelotti, in quel momento l’allenatore che avrebbe costruito la migliore squadra al mondo di quel lustro.
“Era maggio del 2002, e Dario Hübner fu preso in prestito dal Milan per la tournée in America. Ricordo un aneddoto, che successe contro l'Ecuador. Finì il primo tempo, e al rientro negli spogliatoi cerco Hübner, e non lo trovo. Chiedo agli altri: “Che fine ha fatto Dario?” Abbiati mi fa: “Mister è dietro il bagno”. Aprii la porta e vidi che stava fumando una Marlboro e vicino aveva una piccola lattina di birra, che si era portato dall’albergo. Gli dissi: “Ma Dario, che fai? Ti stai giocando una conferma nel Milan e vieni a fumare e bere negli spogliatoi? Come lo giochi il secondo tempo?”. Lui mi guardò ed in tutta tranquillità disse: “Mister, sinceramente è una vita che faccio questo, e se non lo faccio non riesco a rendere al meglio. Per quanto riguarda il Milan, son venuto solamente per la pubblicità in modo che posso allungare la carriera di altri 2-3 anni. A quest’ora ero al mio paese a prendere un po’ di fresco. Terza cosa: la vuole una sigaretta?”. A quella frase tutto lo spogliatoio cominciò a ridere, e anche io mi feci una bella risata. Era così Dario, genuino al massimo. Pensava solo a star bene con se stesso”.
Coraggio vuol dire vivere l’esperienza che ti potrebbe cambiare la vita (quel Milan a fine stagione vincerà la Champions League) senza stress, ma anche allo stesso tempo esordire in serie A ed essere l’uomo del giorno. Può essere facile per tutti, ma non per chi deve giocare la prima partita della sua carriera in serie A affrontando la squadra in cui esordisce Ronaldo, il Fenomeno. Accadde invece proprio questo, Hübner esordisce con il Brescia a San Siro, segna un gran gol a Pagliuca e offusca l’esordio nerazzurro di Ronaldo. Poi gli altri avevano così tanta qualità che tirano fuori dalla panchina un bambino uruguaiano capace di fare due miracoli. Ma quello lo devi mettere in conto.
Coraggio poi è anche continuare a essere se stessi. Come per la faccenda delle sigarette.
“Fumavo almeno 20-25 Marlboro al giorno. E lo facevo alla luce del sole”.
Ma anche avere una certa consapevolezza a riguardo:
“Certo, le sigarette fanno male, lo dico sempre, ma facevo tanto sport e una vita regolare: questo mi ha salvato”.
E coraggiosi si è anche quando il Brescia di Baggio, Pirlo, Igli Tare che già ti ha fatto giocare meno degli scorsi anni e Luca Toni in arrivo ti saluta e allora tu devi farti da parte e vai al Piacenza neopromosso. Vegeti, cerchi l’ultimo contratto per chiudere in bellezza? No, diventi capocannoniere a 35 anni, una favola come giustamente è stata descritta perché devi essere un mago per farlo. Oggi Dario Hübner, o Tatanka come viene soprannominato, vive con i suoi tempi, seguendo il proprio gusto, a modo suo senza correre per avere panchine di grido o ruoli di prestigio. Continua in fondo a fare le sue scelte coraggiose, senza guardarsi indietro.