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Chiellini svela il trucco snervante che ha usato per tutta la carriera: “Così capivano che ero lì”

Giorgio Chiellini a 39 anni ha lasciato il calcio e in una lunga intervista ha parlato anche dei suoi metodi nei duelli con gli attaccanti e ha parlato anche di alcuni trucchetti.
A cura di Alessio Morra
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A 39 anni ha lasciato il calcio Giorgio Chiellini, l'ultimo grande difensore italiano o meglio l'ultimo esponente di una straordinaria scuola. Il suo palmares parla da solo, una valanga di scudetti, due finali di Champions e il successo agli Europei. Il livornese, che presto potrebbe tornare alla Juve da dirigente, ha fatto scuola anche per i suoi modi rudi e a volte molto al limite che lo hanno contraddistinto.

Dopo il ritiro dal calcio, l'ex capitano della Juventus ha rilasciato a ‘So Foot' un'intervista e ha risposto a una domanda sul suo comportamento in campo. Chiellini ha spiegato la sua ‘cattiveria' e ha spiegato perché si è comportato in campo molto spesso con modi quasi al limite. L'applicazione estrema nasce da mondo lontano e parte in un momento preciso e cioè quando un giovane Chiellini fa il suo esordio in Serie C con il Livorno, con gli amaranto disputa un paio d'annate da rincalzo, vince un campionato, prima di fare il grande salto: è titolare quando il Livorno torna in Serie A dopo quasi 50 anni: "L'aver esordito in Lega Pro è stato fondamentale per me. Con giocatori che non conosci non è semplice, difensori che hanno avuto una carriera onesta e che conoscevano tutti i trucchi per disturbare gli attaccanti. Ciò ha permesso loro nonostante poca tecnica o un fisico non eccezionale di fare un ottimo lavoro".

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Cattiveria non è la parola giusta, astuzia forse sì. Di sicuro in campo non ci sono amici o fratelli. Sono tutti rivali, dal primo all'ultimo. Chiellini porta un esempio, quello di Pazzini: "Toccare spesso il tuo avversario, ad esempio, fa capire che sei lì. Gli impedisci di fare certi movimenti, gli dai fastidio. Vedi una volta cosa è successo con il ‘Pazzo'. È uno dei miei più grandi amici nel calcio. Lui è toscano come me, le nostre famiglie si conoscono. Ma quando l'ho affrontato, tutto è scomparso. Una volta stava giocando con una maschera sul viso. Ne ho indossato una anch'io, quindi so quanto può essere restrittivo. Allora ho passato l'incontro toccandolo, facendolo muovere. Sembra poco, ma gli ha impedito di concentrarsi sul suo obiettivo: fare gol". 

Certo questi mezzucci non sono sempre vincenti, perché dipende sempre chi si ha di fronte, ma nella maggior parte delle occasioni invece sì: "A volte questo genere di cose non ha alcun effetto sul tuo avversario perché è semplicemente troppo forte, ma questo aspetto, quello psicologico, è importante in ogni duello tra un difensore e un attaccante. Questo non riguarda solo i difensori, perché un attaccante che ti vede in difficoltà è pronto a morderti, a mangiarti. Chiedi a Cristiano Ronaldo, ti dirà la stessa cosa. Alcuni attaccanti guardano per vedere chi è il difensore più stanco o in difficoltà".

Nel calcio di oggi con un numero enorme di telecamere e l'occhio indiscreto del VAR questo tipo di comportamento al limite sembra molto più difficile da attuare, ma il capitano dell'Italia vincitrice degli Europei dice che naturalmente alcune cose con il tempo scompariranno, ma non tutto sarà cancellato, perché ci sarà sempre il modo di usare qualche trucchetto: "Comportarsi male non significa solo alzare il gomito. Ci possono essere cose piccole, molto più sottili, cose che non necessariamente vedi se non sei in campo. Chi non ha mai giocato a calcio può avere difficoltà a capirlo, ma altri conoscono il disagio che causa ciò e l'importanza che possono avere. I miei primi compagni di squadra a Livorno mi raccontavano che ai loro tempi c'era che si schiacciava i piedi sull'avversario, e c'era chi si metteva olio o balsamo sulle mani e poi con quelle mani toccavano la faccia degli attaccanti. Sono cose che non esistono più. Tutto cambia, anche il calcio, ma alcune cose esisteranno sempre".

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