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Chevanton oggi vive a Lecce e ama la campagna: “Ho giocato per comprare una casa ai miei genitori”

Ernesto Javier Chevanton a Fanpage.it ha ripercorso tutta la sua carriera, partendo dagli inizi in Uruguay e passando per le parentesi europee con Siviglia e Monaco fino al legame speciale con Lecce.
A cura di Vito Lamorte
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"Din don, intervengo qui da Lecce ha segnato Chevanton". Un coro che ha fatto per anni la storia della città pugliese e ha legato in maniera definitiva un ragazzo dell'Uruguay che in Salento si è sentito subito a casa. Ernesto Javier Chevanton arriva in Italia nell'estate del 2001 e diventa immediatamente un idolo per i tifosi del Lecce. Oggi l'ex attaccante uruguaiano lavora nel settore giovanile del club pugliese e il suo legame con la città salentina è sempre più forte, giorno dopo giorno.

Un legame che è cresciuto negli anni ed è iniziato a sbocciare il 26 agosto 2001, giorno del suo debutto in Serie A contro il Parma: Chevanton segnò il primo gol nel campionato italiano rubando il pallone a Frey, impegnato in un rinvio con le mani nella sua area dopo due minuti dall'inizio dell'incontro. Da quel momento, nulla è stato più come prima. Chevanton è stato un attaccante con un grande fiuto del gol ma che era in grado di tirarti fuori il coniglio dal cilindro anche con conclusioni da lontano o in maniera acrobatica grazie alla sua ottima tecnica di base. Carattere fumantino, spesso veniva sanzionato dagli arbitri, ma con quel carattere capace di scuotere una squadra sempre appesa ad un filo.

Oggi Ernesto si dedica alla crescita dei ragazzi del Lecce e ama più la tranquillità che la confusione: "Mi piace molto la campagna, io vivo in centro storico ma ho una casa a 16 km da Lecce dove mi piace andare. Amo il contatto con la natura perché sono cresciuto così, vengono da una cittadina che si chiama Juan Lacaze e mi è sempre piaciuto vivere così". A Fanpage.it, Chevanton ha ripercorso tutta la sua carriera, partendo dagli inizi in Uruguay e passando per le parentesi europee con Siviglia e Monaco fino al legame speciale con Lecce.

Cosa fa oggi Javier Chevanton?
"Da quattro anni lavoro nel settore giovanile del Lecce, quest’anno curo l'Under 15. È una cosa che mi piace, cercare di trasmettere dei valori e a far l’importanza di portare questa maglia, oltre a migliorare i ragazzi dal punto di vista tecnico e insegnargli il sacrificio, il lavoro e la voglia di migliorarsi giorno dopo giorno".

Lei è cresciuto nel Danubio, grande scuola di calcio uruguaiana: tramanda anche quei valori lì.
"All’epoca veniva chiamata ‘La Universidad del Fútbol Uruguayo’ perché ogni anno tirava fuori calciatori importanti: da Ruben Sosa a Zalayeta, da Rivas a Cavani, sono tutti usciti da lì. Il Danubio mi ha dato la possibilità di entrare nel mondo del calcio, perché io sono andato via di casa a 12 anni e trovarmi in una casa da solo è stato impegnativo ma mi è servito per crescere".

Chevanton esulta con la maglia del Lecce.
Chevanton esulta con la maglia del Lecce.

Arriva in Italia grazie al maestro Pantaleo Corvino.
"Sì, proprio così. Nella Copa America 2001 il direttore mi visionò e il presidente Semeraro avallò il mio arrivo. Mi diedero la possibilità di venire in Europa, obiettivo per tutti i sudamericani, e soprattutto all’epoca, quando in Italia c’era il campionato più bello del mondo".

Cosa rappresenta Lecce per lei?
"Sono undici anni che vivo qui ed è un legame incredibile. Io ho sempre detto che in un’altra vita sono nato qua. Arrivai in un giorno di luglio e non sapevo una parola di italiano ma è stato amore a prima vista. La mia prima partita l’ho giocata nel giorno che si festeggia il patrono, Sant’Oronzo, e feci gol dopo due minuti sotto la curva rubando la palla a Frey. Da lì è nato un amore che va avanti ancora oggi e non posso che ringraziare la gente di Lecce. C’è un legame che va anche oltre il calcio".

La sua stagione migliore in giallorosso è la 2003-2004 con Delio Rossi in panchina.
“Quello è stato un anno positivo da punto di vista dei gol ma i primi mesi siamo stati sempre in zona retrocessione: dopo dicembre arrivarono un paio di calciatori importanti che contribuirono alla salvezza. Ma se dovessi scegliere io la mia migliore annata, forse preferisco il 2001-2002. In quel campionato lì, anche se siamo retrocessi, feci 11 gol e per me fu positivo a livello personale. Il 2004 è stato fantastico perché feci 19 gol, rimanendo a pochi gol dal capocannoniere, e ci salvammo".

Chevanton durante gli anni all'Atalanta.
Chevanton durante gli anni all'Atalanta.

In Italia ha vestito anche la maglia dell'Atalanta.
“Mister Conte mi voleva a Bergamo e io a Siviglia non stavo giocando. Volevo rimettermi in gioco ma arrivai a dicembre e il mister andò via a gennaio dopo poche partite: sono stati mesi non semplici a livello personale perché giocavo poco e c’era un ambiente molto pesante all’interno del gruppo. Feci un paio di gol, uno all’esordio col Bologna, e poi andò man mano scemando“.

È vero che finì al Monaco dopo un intreccio di mercato che non si concretizzò?
"Io dovevo andare all’Inter, per poi essere girato alla Fiorentina, ma in poche ore chiudemmo col Monaco. Mi diede l’opportunità di giocare la Champions League e l’anno prima avevano giocato la finale. Squadra forte, bell’ambiente, calcio fisico e competitivo".

A Siviglia ha vissuto stagioni strepitose e si è tolto la soddisfazione di punire per due volte il Real.
"Esperienza bellissima quella di Siviglia ma se vogliamo parlare dei gol al Real, beh… allora stiamo parlando di emozioni fortissime. In casa segnai in rovesciata, ma quello su punizione nei minuti finali al Bernabeu fu una sensazione incredibile. A volte ho ancora i brividi quando ne parlo".

Chevanton con la Coppa del Re vinta con il Siviglia.
Chevanton con la Coppa del Re vinta con il Siviglia.

Lei è molto legato alla maglia della Celeste ma non è riuscito a giocare neanche un Mondiale.
"Io penso che qualsiasi giocatore tiene alla maglia della sua nazionale. La mia generazione non è stata molto fortunata. Ho giocato la qualificazione per 2002 ma ero troppo giovane e non mi convocarono. Nel 2006 perdemmo lo spareggio con l’Australia mentre nelle qualificazioni per il Sudafrica venni chiamato poche volte e alla fine non entrai nei convocati. Sono stati dieci anni intensi ma mi è dispiaciuto non andare mai al Mondiale".

Quale è il gol più bello e quello che ha più significato per lei.
"Sicuramente il primo, contro il Parma, ma ce ne sono anche altri come quello al Bari in Serie B oppure quello al Napoli nel 2010, a cui sono molto legato perché fu un anno difficile a livello personale. C’è anche la punizione al Milan. Io non ero molto fantasioso e nell’uno contro uno non ero molto forte, ma spesso mi facevo trovare al posto giusto".

Chevanton in una delle presenze con l'Uruguay.
Chevanton in una delle presenze con l'Uruguay.

Il giocatore più forte con cui ha giocato?
“Il Chino Recoba".

Gli avversari più difficili? Nei suoi anni i difensori erano di un'altra pasta.
"Difficile scegliere un calciatore forte contro cui ho giocato. Posso fare un elenco e dire Maldini, Cannavaro, Stam, Nesta, Montero, Samuel, Cordoba, Materazzi…".

170 gol in carriera: Ernesto Javier Chevanton che sogno aveva quando ha cominciato?
"Quando ho iniziato a capire che potevo diventare un calciatore vero il mio sogno è sempre stato quello di poter acquistare una casa ai miei genitori: quell'obiettivo non mi ha mai fatto mollare anche nei momenti di difficoltà, mi ha portato a rinunciare a tante cose ma non ho mai smesso di poterci riuscire".

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