Check up Juventus: tutti i problemi che Sarri deve risolvere
La sconfitta di Champions col Lione, ormai datata dieci giorni, potrebbe essere l’inizio della fine. O, per i più ottimisti, l’inizio di una lenta risalita necessaria per tentare di vincere quella coppa dalle grandi orecchie che manca da 25 anni in città. Eppure il tempo stringe e i correttivi da adottare devono arrivare in fretta. Anche perché la vena delle punte – nello specifico quella di Cristiano Ronaldo – potrebbe non bastare. Ai ragazzi e in maggior misura ad un allenatore come Sarri chiamato dalla dirigenza bianconera non tanto e non solo per vincere ma anche per convincere e replicare un calcio – quello visto a Napoli – esteticamente ricercato, raffinato. Un gioco che ora latita e che, per la verità, poche volte s'è visto. Qui, dunque, nell’immediata vigilia del big match scudetto con l’Inter, tutti i mali, tutti i nodi che l’ex manager del Chelsea deve assolutamente sciogliere.
Chi ha visto il Sarri-ball? Quante difficoltà per esprimere calcio
Se si eccettuano pochissime occasioni, il Sarri-ball, il sarrismo, non s’è quasi mai visto in casa Juventus. E lo stesso ex tecnico del Napoli ha rivelato urbi et orbi al termine della sconfitta col Lione, l’ultimo match ufficiale disputato dai piemontesi prima delle bagarre sul calendario e sugli stravolgimenti del coronavirus, le sue difficoltà a trasferire il principio della rapida trasmissione del pallone alla squadra. Una difficoltà, questa, ben evidente per una Vecchia Signora che somiglia più alla versione pragmatica ed efficace di Allegri in campionato che ad una creatura a immagine e somiglianza di mister Sarri. Ben 13 successi di fila con un solo gol di scarto in campionato, il quarto attacco della Serie A a quota 48 gol segnati e la quinta piazza nel torneo per tiri tentati (12.2 per match) dimostrano una tutt'altro che straripante ondata di gioco.
Insomma, la squadra non sembra credere troppo nel progetto tecnico del proprio allenatore per una Juve che resta, nel suo sviluppo, a metà del guado fra il presente – con vista al futuro – ed il recente passato. Motivo per cui, se si eccettuano rare occasioni, quando le fitte trame, il pressing alto, il dominio del gioco e la qualità del fraseggio non riescono, la Vecchia Signora si adagia e diventa lenta, compassata. A tratti brutta in attesa – specie in Italia – del guizzo dei tanti campioni in rosa. Sarri ball? No, un mix, talvolta molto lento malgrado i 15’ e 27’’ di possesso medio nella metà campo avversaria, che potrebbe non bastare.
Centrocampo cercasi, molti protagonisti in tono minore
Il centrocampo è un’altra nota dolente dell’ultima Juventus di Sarri. Quando la squadra non gira, a finire sul banco degli imputati sono spesso le risorse della mediana. Con un Pjanic sempre più involuto, stante i problemi fisici sofferti, un Matuidi scivolato dietro nelle gerarchie dell’allenatore toscano, un Ramsey discontinuo e a tratti inadatto al ruolo di mezzala pura (e in qualche occasione anche da trequartista), un Rabiot a sprazzi fra più bassi che alti ed un Bentancur presente, vivace ma che di frequente, in tandem col regista bosniaco, non sembra trovare la quadra. In attesa dell’infortunato Khedira questa versione dei piemontesi può riuscire a fare bene in campionato, dove l’attuale scarsa organizzazione di reparto viene spesso nascosta dagli spunti, dai guizzi e dall’estro dei talenti davanti, ma non certo in Europa dove ogni piccola lacuna viene punita. Lacune strutturali e che ballano sul peso delle incertezze – tattiche s’intende – fra un 4-3-1-2 (impiegato 20 volte in questo 2019/20) ed un 4-3-3 (impiegato in 16 occasioni in stagione) che fa, negli uomini, tutta la differenza del mondo.
Incertezza tattica: tridente o trequartista? Il gioco langue
E in questo dualismo sul sistema di gioco che inevitabilmente condiziona i movimenti e lo spartito del troppo compassato ritmo bianconero, c’è una delle spiegazioni dei mali dei centrocampisti e di alcuni degli uomini più attesi. Rabiot, ad esempio, nel 4-3-3 visto a Lione si apriva spesso sulla fascia per poi buttarsi negli spazi senza palla smarrendo le sue doti e le sue caratteristiche di palleggio mentre un Cuadrado, da mesi ormai terzino destro (18 volte da fluidificante su 22 partite totali), s’è visto catapultato davanti nel tridente d’attacco senza trovare mai posizione e riferimenti.
Dybala dalla panchina e poi da titolare, trequartista e poi seconda punta, per un undici prima col #10 alle spalle degli attaccanti e poi assente a favore di tridente; Matuidi sì e poi bocciatura, per un gioco delle parti che ci sta me che, al tempo stesso, evidenzia una certa difficoltà nel trovare la fisionomia giusta da adattare intorno all’individualità principe, intorno al fenomeno Cristiano Ronaldo (21 gol in stagione). Per un trasformismo inedito per Sarri, specie a Napoli fisso, irremovibile sulle sue convinzioni, e che ha il sapore dell’improvvisazione.
L’approccio alla gara, bianconeri spesso molli…e non solo a inizio match
La sfida di Lione, prima del nulla e del ballo delle incertezze di calendario, ha confermato una certa tendenza continentale: la Juventus non sembra subito dentro la gara, da principio sul pezzo. Tanto che in Champions, in queste sette partite della coppa dalle grandi orecchie 2019/20, ha realizzato appena 2 gol sui 12 totali nei primi 45’ di gioco. Subendone, dall’altra parte, appena due. E con i transalpini, il canovaccio è stato simile, almeno per la prima parte di gara. Discreto fraseggio all’inizio, zero tiri verso la porta avversaria ed un progressivo abbandono del comando delle operazioni a vantaggio dei transalpini. Che poi sono stati capaci di passare in vantaggio e condurre in porto la gara.
Salvo soffrire negli ultimi 30’ di gioco, nel finale, quando i campioni d’Italia ci hanno messo un pizzico di maggiore intensità e voglia. Un altro dei problemi della squadra che in diverse circostanze – caratteristica quasi rara per una edizione della Juventus – non pare capace di mentalizzarsi sull’obiettivo, lottare e dare tutto per vincere. Una sorta di involuzione caratteriale, di nemesi della storia bianconera. Con una Vecchia Signora che in sette occasioni in campionato, ha rimontato in soli tre casi e con gli ultimi episodi, in ordine di tempo, fra Napoli, Verona e Lione in trasferta, con sette gol di fila subiti fuori dalle mura amiche, che preoccupano non poco ambiente e dirigenza.
Per una pigrizia che si riverbera anche nel fondamentale dei falli commessi con la Juve, sia pure spesso col possesso della sfera, rispettivamente 14esima e 23esima fra Serie A e Champions League per falli fatti, 13.7 e 10.4.
Problemi risolti? Lo ‘Stadium’ ci dirà
Problemi che, senza le evidenze del campo, potrebbero esser stati analizzati a fondo in questi giorni senza calcio, senza partite e senza un calendario fittissimo. Che poi, diventerà ancora più ingolfato, per recuperare quanto è andato disperso in questi giorni. Eppure, il bicchiere, da questo punto di vista, potrebbe essere mezzo pieno con Sarri ed il suo staff tecnico focalizzati sulle debolezze della squadra nell’ottica di rivoltare come un calzino, vista Inter e ritorno col Lione, la propria compagine. Lo Stadium, con i nerazzurri e poi con i transalpini, ci dirà.