Champions League: la dura legge del gol condanna la prima Juve davvero sarriana
Dopo i novanta minuti del Wanda Metropolitano, a molti nella Juve tornerà in mente una canzone dell'interista Max Pezzali. Perché la Juve, la prima Juve compiutamente sarriana della stagione, fa un gran gioco ma non ha difesa, non sui calci da fermo almeno. E' la dura legge del gol, che condanna i bianconeri a un pareggio che sa di incompiutezza, e salva il record casalingo dell'Atletico: una sconfitta in 23 partite in Europa.
Cuadrado scelta a sorpresa di Sarri
Sarri aveva fatto capire di voler schierare Khedira e Matuidi ai lati di Pjanic a centrocampo. Si concede una sola variazione, Cuadrado per Douglas Costa nel tridente anche per offrire una seconda possibilità, ovvero allinearsi secondo il 4-4-2 in fase di non possesso. Simeone disegna l'Atletico Madrid con il suo consueto 4-4-2. Visto l'infortunio di Morata, scontata la coppia d'attacco João Felix-Diego Costa.
Pronti via e la Juve dà subito palla a Cristiano Ronaldo, il più fischiato dei quattro ex Real Madrid negli undici titolari di Sarri, insieme a Khedira, Danilo e Higuain. L'Atletico mantiene il centrocampo nella configurazione attesa, con Koke che accorcia e taglia verso il centro quando i compagni gestiscono palla a sinistra così da infittire la zona tra le linee e lasciare Trippier libero di scattare sulla corsia. Simeone chiede alle due punte di restare alte e strette, sui due centrali della Juve, in transizione. Sarri vuole linee alte, anche per contenere la catena sinistra, più tecnica dei Colchoneros con Lodi e Lemar. Proprio in quella zona Cuadrado, particolarmente propositivo anche in fase di riaggressione e recupero palla, rimane più interno rispetto a Danilo.
Si gioca a ritmi altissimi, la Juve si addensa nello spazio di mezzo di centro-sinistra, la zona di Cristiano Ronaldo. Ma è un rischio portare sopra palla tanti uomini contro una squadra come l'Atletico che difende nella porzione di campo tra limite dell'area e linea di centrocampo, riparte veloce e può esaltare le fluttuazioni leggere di Joao Felix, stimolato dal confronto con CR7 di cui si manifesta come erede.
Juve, terzini stretti ma grande ampiezza
Nel primo quarto d'ora, Danilo e Alex Sandro toccano più palloni di tutti. Non stupisce, considerato che nel primo sesto di partita la Juve completa il triplo di passaggi dell'Atletico, che aspetta di riconquistare il pallone per affondare: non a caso, bastano i primi 46 passaggi per creare tre occasioni da gol.
Matuidi riesce a rimanere sufficientemente stretto da proteggere Pjanic dall'imbucata nel corridoio e consentire ad Alex Sandro di spingere sulla fascia. In quel settore si viene a creare anche una seconda opportunità perché Koke non sempre ripiega con efficacia e Savic preferisce rimanere nella zona di Higuain per neutralizzare l'eventuale appoggio verso l'area.
Sarri chiede alla Juve di difendere con i terzini stretti, e questo significa accettare i cross dentro degli spagnoli che nella parte centrale del primo tempo intensificano i cambi di gioco: in queste situazioni, i bianconeri faticano a lasciare le posizioni e andare a contrasto, ma in si erge Bonucci a protettore della difesa.
I numeri del primo tempo
Sono gli interventi difensivi all'interno o nei pressi dell'area a mantenere l'equilibrio nel primo tempo. La Juve si vede soprattutto con una conclusione da fuori di Pjanic e un debole colpo di testa di Ronaldo che non preoccupa Oblak, il re dei "cleansheet" dell'Atletico Madrid. Ma sono tutti segnali per una Juve che attacca con tanti uomini, in cui Khedira accompagna via via con più insistenza negli half-spaces. La somma delle spinte contrapposte, alla fine del primo tempo, produce uno 0-0 giusto, risultato di cinque tiri in porta complessivi, in cui l'Atletico ha prodotto leggermente di più (0.67 contro 0.17 il bilancio degli expected goals).
La Juve porta tre giocatori sopra i 40 passaggi riusciti nel primo tempo: Danilo (43), Alex Sandro (42) e Pjanic (40) che non ne sbaglia nemmeno uno. L'Atletico lascia ai bianconeri la quantità di possesso, 293 passaggi a 219, ma non la qualità. Infatti gli spagnoli completano venti passaggi in più nella trequarti offensiva (70 a 50), e concedono agli avversari solo un tocco riuscito in area su sette.
Juve, uno-due da quasi ko
I tre protagonisti della Juve costruiscono l'azione più importante della partita. Bonucci ravviva palla per Higuain, che la protegge a sinistra, sfida la difesa e intanto temporeggia a testa alta. Osserva Cuadrado che intanto scatta sul lato opposto, lo serve con un rasoterra morbido, letale, mentre la linea arretrata dei Colchoneros ripiega unita verso la porta. Ma la linea unita stavolta viene vinta dal pallone più insidioso e più semplice, orizzontale: Cuadrado rientra, controlla e spacca la partita.
Gli spagnoli sollevano castelli di rabbia, la Juve raffredda la temperatura del match. Riposa col pallone tra i piedi. I Colchoneros devono abbassarsi, la Juve ondeggia da destra a sinistra, allora Simeone cambia: fuori Lemar, dentro Correa. Ma la Juve, col vantaggio acquisito, gioca un secondo tempo di autorevole completezza, di dominio quasi comodo. I terzini spingono, gli attaccanti accorciano e aiutano, le mezzali vanno dentro a coprire gli spazi. Il terzo tempo di Matuidi sul primo palo che vale il raddoppio produce un abbraccio collettivo. Perché è il risultato di un'operazione collettiva di ripensamento della squadra, di riallineamento del gioco attraverso prevalentemente la catena di sinistra.
L'Atletico accorcia, entrano Vitolo e Dybala
La Juve, che marca a zona sui calci di punizione, concede a Gimenez la possibilità di sovrastare Danilo sul secondo palo e far da torre per Savic. De Ligt, leggermente troppo alto, non copre e l'ex Fiorentina, di testa a porta vuota, non sbaglia.
Sarri, che aveva appena fatto entrare Bentancur come incursore per Khedira, non può essere soddisfatto del gol subito. Ma della reazione della Juve, sì. I bianconeri, in maglia blu, si rimettono a verticalizzare negli spazi di mezzo e solo la combinazione parata di Oblak-salvataggio sulla linea di Trippier evitano alla Juve il 3-1. Per evitare la seconda sconfitta in 23 partite in casa in Europa, Simeone sceglie Herrera per Thomas e mette dentro Vitolo, un jolly più volte decisivo a gara in corso in questo avvio di stagione.
Ma la Juve, in cui si vede anche Dybala nell'ultimo quarto d'ora per Higuain, subisce il giusto senza mai rinunciare alla vocazione offensiva, a una cifra stilistica che si affina e si perfeziona nelle difficoltà.
Ancora su calcio da fermo, ancora con De Ligt non preciso nella lettura preventiva, l'Atletico pareggia. Il finale è tutto per lo slalom di Cristiano Ronaldo, che sembra volersi sostituire al Marcel Hirscher leggenda dello sci fresco di annuncio di ritiro: calamita gli sguardi, i timori e i tremori, scarica un diagonale appena largo. La distanza dal palo è sottile, la quota dei rimpianti bianconeri si fa spessa. E' la dura legge del gol.