Caso tamponi-Lazio, le motivazioni della sentenza: “Mancata comunicazione tempestiva all’Asl”

Dopo la sentenza che ha obbligato la Lazio di Claudio Lotito a pagare una multa da 150 mila euro, ha inibito il presidente Lotito per 7 mesi e i medici del club capitolino per un anno, il Tribunale Federale della Figc ha pubblicato anche lo motivazioni relative alle decisioni prese sul caso tamponi. Nel ‘processo tamponi‘ la colpa principale della società è stata quella di non aver comunicato all'Asl in modo tempestivo, sulla positività di alcuni giocatori. Colpa ricaduta principalmente sullo staff medico laziale, il più punito dalla sentenza. Dal processo, la responsabilità di Lotito viene ridimensionata facendo cadere le accuse di responsabilità oggettiva da parte del patron del club.
Dunque, ecco la spiegazione della sentenza sul famoso allenamento ‘proibito' dello scorso 3 novembre, prima del match contro lo Zenit cui avevano partecipato i tre giocatori Immobile, Strakosha e Lucas Leiva: la Lazio non avrebbe comunicato la positività dei giocatori, senza produrre le "conseguenti misure di comunicazione idonee ad attivare le conseguenti attività da svolgere in stretta interlocuzione con l’autorità sanitaria". In pratica, ci sarebbe stata una leggerezza grave da parte dei medici sociali, Fabio Rodia e Ivo Pulcini che sono stati inibiti per un anno.
Cade invece l'accusa di responsabilità oggettiva da parte di Claudio Lotito, in qualità di presidente della società. Inizialmente per lui l'accusa aveva richiesto un'inibizione di 13 mesi e 10 giorni, poi ridimensionata in soli 7 mesi. In caso di positività dei tesserati, infatti, si legge nelle motivazioni della sentenza, non è il presidente del club a dover intraprendere particolari procedure ma ciò spetta allo staff medico per la natura sanitaria del problema. Da qui, la conclusione secondo cui "non sembra possa imputarsi al Lotito quanto espressamente contestato in deferimento".
A carico di Claudio Lotito restano però sempre 7 mesi di inibizione perché il tribunale ha comunque ravvisato la mancanza di "un comportamento idoneo a vietare ai positivi di poter rientrare nei ranghi della squadra ed imporre loro l’isolamento previsto".