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Carlo Ancelotti esonerato: i 5 errori che gli sono costati il Napoli

Carlo Ancelotti è stato esonerato dal Napoli: non è il solo responsabile della crisi che ha portato gli azzurri a diventare la settima squadra in Italia per rendimento, ma come sempre nel calcio l’allenatore è il primo a pagare. E di errori importanti, nel corso di questi ultimi mesi, ne ha commessi.
A cura di Sergio Chesi
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E' una delle leggi più antiche del calcio: quando le cose vanno male, il primo a pagare è sempre l'allenatore. La storia di Carlo Ancelotti al Napoli si è chiusa seguendo esattamente questo copione. L'esonero, arrivato una manciata di ore dopo la qualificazione agli ottavi di Champions League, sembrava da giorni l'unico epilogo possibile per una storia breve – rispetto a quanto preventivato al momento della firma – ma intensa. Specialmente nelle ultime, convulse settimane. A scanso di equivoci: Ancelotti non è l'unico responsabile dell'attuale situazione del Napoli. Società e calciatori hanno contribuito a modo loro e ne pagheranno le conseguenze, con forme e tempi differenti. Ma nella valigia che porterà via da Napoli, citata nell'ultima conferenza pre-partita, non mancheranno errori e responsabilità ben definite.

La valutazione della rosa

Il ritornello dei suoi primi mesi a Napoli è stato un continuo elogio delle qualità del gruppo, reduce da un campionato da 91 punti e un triennio su livelli altissimi. L'errore di valutazione Ancelotti non l'ha commesso nel ritenere questa squadra forte – perchè forte lo è, anche se distante dagli standard dei club allenati in passato – ma nel non comprendere quanto fosse necessario un cambio radicale per chiudere un ciclo e avviarne un altro. Il Napoli ereditato da ‘Carletto' è stato costruito su più di un calciatore che in azzurro aveva già dato tutto quello che poteva dare. E' mancato il coraggio di operare scelte sicuramente difficili, ma necessarie.

L'anti-identità tattica

L'iper-valutazione della cifra tecnica del gruppo ha avuto un riflesso evidente nelle scelte tattiche e in quello che si è visto sul campo. Il Napoli è passato da un'impostazione tattica molto rigida, cucita quasi su misura alle caratteristiche dei giocatori, ad un sistema di gioco meno codificato con maggiore libertà (e responsabilità) per i singoli. Da un'identità ad una sorta di anti-identità. Un progetto ambizioso che sul lungo termine ha tolto certezze alla squadra, composta da tanti ottimi giocatori ‘di sistema', bisognosi di uno spartito tattico chiaro per esaltarsi. Con evidenti risvolti nel rendimento generale.

Sottovalutati i campanelli d'allarme

La decomposizione del Napoli di Ancelotti non è cominciata la notte dell'ammutinamento post Napoli-Salisburgo, o nella turbolenta serata di Napoli-Atalanta. Il calo di rendimento generale era visibile già da mesi. Nel girone di ritorno dello scorso campionato il Napoli ha chiuso al sesto posto, da gennaio ad oggi è settimo per punti conquistati nell'anno solare. L'attuale settimo posto in Serie A è assolutamente in linea con il cammino cominciato all'inizio di quest'anno, un trend erroneamente sottovalutato – insieme alle sue cause – nella fase di pianificazione della nuova stagione.

La strategia dell'ultimo mercato

La campagna acquisti che avrebbe dovuto rendere a tutti gli effetti il Napoli la squadra di Carlo Ancelotti ha finito per generare più di un'incognita, anche in virtù delle sue indicazioni. In cima alla lista dei desideri è stato messo un profilo tecnico, inseguito vanamente per mesi nella persona di James Rodriguez, senza che ci fosse un piano B assimilabile al colombiano per caratteristiche. Nella costruzione del centrocampo si è sottovalutata la necessità di dover fornire un'alternativa concreta ad Allan, fondamentale per dare equilibrio, e non è mai stata contemplata la possibilità di avere in rosa un giocatore più votato alla distribuzione del pallone. Le condizioni di Ghoulam, da settimane fuori dai convocati, sono state ignorate lasciando il solo Mario Rui a presidiare la fascia sinistra. Un mercato con troppe ombre.

L'impatto sulla mentalità

Carlo Ancelotti è uno degli allenatori più vincenti della storia. Più di qualsiasi altra cosa, da lui ci si aspettava quel salto di qualità in termini di mentalità che a Napoli si invoca da anni. Il fatidico ultimo passo che era mancato al Napoli di Sarri si pensava potesse garantirlo lui, in virtù della sua esperienza e delle sue abilità gestionali. E invece Ancelotti non è riuscito a far presa sul gruppo anche su questo piano. Non solo la squadra non ha fatto passi avanti, ma è persino regredita nell'approccio alle partite, nella capacità di reagire alle difficoltà e nell'abitudine alla vittoria. Quel ‘clic' nella testa del gruppo, da cui tutto sarebbe dovuto partire, non è mai scattato.

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