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Carletto Mazzone fa stringere il cuore: “Mi volete ancora bene, non smetterò di ringraziarvi”

Carlo Mazzone ha condiviso sui social network un messaggio di ringraziamento per quanti hanno ricordato quel folle pomeriggio del settembre 2001 quando il Brescia pareggiò con Baggio il derby contro l’Atalanta. La furia del tecnico si scatenò dopo la rete del 3-3 di ‘codino’: scattò dalla panchina per correre verso la curva dei tifosi orobici che lo offesero con insulti pesanti.
A cura di Maurizio De Santis
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"Se famo er tre pari vengo lì sotto". È il 30 settembre del 2001. Carletto Mazzone siede sulla panchina del Brescia. Alla fine del primo tempo l'Atalanta è in vantaggio nel derby giocato al Rigamonti: 1-3, sembra quasi una sentenza. Il tecnico romanista bofonchia, impreca, cerca stratagemmi, rimugina e incassa gli sfotto' che diventano insulti e poi ancora offese gravissime. Gli piovono addosso dalla curva che ospita i tifosi della ‘dea'. Gli dicono di tutto, "frasi inaudite e di una cattiveria gratuita" che prendono di mira anche sua madre deceduta dopo una lunga malattia quando era ancora giovane. Mazzone racconta quegli istanti con rabbia e dolore: "Mi è morta tra le braccia ed è il dolore più grande della mia vita".

A tutto c'è un limite. Si sente scoppiare dentro. È un vulcano che ribolle e sbuffa. "Quegli insulti mi fecero uscire di testa, non potevo giustificarli", ancora un po' e il tappo sarebbe saltato. Il Brescia accorcia le distanze (2-3), sor Carletto fiuta nell'aria che se ‘codino' fa il miracolo e ancora centro la rimonta è possibile. Sente che può farcela e allora si volta verso il settore atalantino, mugugna qualcosa. Molto più che un messaggio di sfida, è una promessa che fa a se stetto, è questione di orgoglio, di onore e di rispetto. "Se famo er tre pari vengo lì sotto" nasce con un sussurro e diventa un grido di battaglia quando Roby la butta dentro: tripletta, 3-3 al 90′.

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Mazzone è una furia, tracima dalla panchina. Ha rotto gli argini, travolge ogni cosa. Provano a fermarlo e lui sgomita. Gli si parano davanti e lui li scaccia via con un gesto della mano. Sfugge alla presa, corre come un matto, avanza verso la curva dell'Atalanta e stringe il pugno. Uno contro tutti. Senza paura. L'uomo contro il branco "perché non si può sempre accettare tutto, è sempre la stessa storia: insulti pesanti, offese, pure sui miei genitori morti".

Lo sfogo e la corsa diverranno iconici, una di quelle storie da raccontare ai ragazzi in questo mondo del calcio che è come un tritacarne nel quale finisce di tutto. A distanza di vent'anni da quel folle pomeriggio è stato lo stesso Mazzone a condividere un messaggio speciale per la ricorrenza dell'episodio. "20 anni fa… ne è passato di tempo! Non smetterò mai di ringraziarvi che a distanza di tanti anni vi ricordate di me e che mi volete bene! Vi voglio bene". E noi a te, Carletto. Uomo di altri tempi.

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