Caniggia rinviato a giudizio per abusi e violenza: “Se esci da quella porta per te è finita”

Una brutta vicenda familiare che risale cinque anni fa e oggi costringe Claudio Caniggia a difendersi in tribunale dalle accuse di abuso sessuale aggravato. L'ex calciatore argentino – in Italia ha indossato le maglie di Verona, Atalanta e Roma – è stato accusato dalla ex moglie, Marianna Nannis, ed è stato rinviato a giudizio. Nel procedimento a suo carico dovrà smentire la versione raccontata dalla ex consorte di quanto accadde nel cuore della notte di quel 6 maggio 2018.
A cinque anni di distanza da allora e dopo l'esposto presentato dalla donna nel 2020 all'Ufficio Violenza Domestica della Suprema Corte di Giustizia, il giudice ha deciso che l'ex attaccante va processato e rischia una condanna che va da un minimo di 6 a un massimo di 15 anni di reclusione. Nei suoi confronti non è stata presa alcuna misura cautelare (come la carcerazione preventiva) sia perché non è stato ravvisato alcun pericolo di fuga né c'è stato ostacolo alle indagini: resterà libero ma con delle limitazioni.

Il Tribunale ha messo sotto sequestro cinque milioni di pesos e spiccato un ordine restrittivo che gli impedisce di avvicinarsi alla ex moglie o comunicare con lei in qualsiasi modo, che sia di persona, attraverso intermediari oppure strumenti digitali. Tra i provvedimenti c'è anche l'obbligo di non lasciare il Paese e se lo fa per motivi di lavoro, deve informare le autorità competenti con sufficiente anticipo (5 giorni) prima della partenza.
Nel verbale della Corte sono riportate alcune delle frasi che Nannis ha riferito e gli inquirenti hanno tenuto in considerazione citandole tra i dettagli che hanno permesso di circostanziare il fatto "avvenuto il 6 maggio 2018, tra l'alba e le prime ore del mattino, all'interno dell'edificio sito in via Petrona Eyle 450, appartamento 221, della Città Autonoma di Buenos Aires, denominato Residencias del Hotel Faena".

Caniggia ha già smentito tutto, ribaltando la narrazione della ex consorte recepita dal giudice: "cercò di avere rapporti sessuali con la donna – si legge ancora nel rapporto del tribunale -, così quando lei si rifiutò, lui le disse ‘ti ammazzo figlia di p…… e, dopo, le diede un pugno in faccia che non la colpì, poiché si coprì con le mani, finché finalmente lui la colpì sulle braccia".
Del corredo accessorio di quella notte farebbero parte anche alcune minacce rivolte alla donna, alla quale Caniggia avrebbe intimato: "Sono un amico del questore, sono Caniggia. Se fai denuncia a me non succederà niente. Se esci da quella porta, per te è finita". Perizie, testimonianze e altri riscontri di entrambe le parti hanno spinto il giudice a deliberare che l'intera questione venga discussa in sede dibattimentale.