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Camacho si ritira a 30 anni dopo cinque operazioni: “In allenamento mi vergognavo”

Negli ultimi cinque anni, altrettante operazioni hanno obbligato Ignacio Camacho a non riuscire più ad allenarsi e giocare a certi livelli: “Assumevo sempre antidolorifici, ma non ero più in grado di giocare. In allenamento mi vergognavo davanti ai miei compagni. E’ stato un calvario lungo tre anni”
A cura di Alessio Pediglieri
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Non essere più all'altezza delle proprie aspettative e di quelle altrui. E' per questo che molto spesso un campione decide che è arrivato il momento di ritirarsi, quando non ci si sente più performanti, non si rimane al passo con gli altri e si rischia di diventare un ‘peso'.  E anche per amor proprio. E' quanto accaduto a Ignacio Camacho che a settembre ha deciso di chiudere la propria avventura con il mondo del calcio giocato. A soli 30 anni ha chiuso, ha detto basta. Il motivo? Semplice: "Quando mi allenavo mi rendevo conto di essere solamente al 30%, mi vergognavo".

Nessun crollo psicologico o problemi con la vita da professionista. Camacho ha avuto una carriera esemplare tra Atletico Madrid, Malaga, Wolfsnurg e nazionale spagnola. Il motivo sono stati i tantissimi interventi chirurgici cui si è dovuto sottoporre ultimamente. Gli infortuni degli ultimi anni lo hanno costretto ad altrettante operazioni per i problemi alla caviglia. L’ultima partita l'ha disputata il 29 settembre 2018 con la maglia del Wolfsburg, contro il Borussia Monchengladbach, poi la decisione finale che lo ha portato a dire addio al calcio.

Il racconto dei suoi ultimi mesi nel calcio dei professionisti li ha voluti raccontare a "Movistar Tv" dove ha spiegato in modo preciso le motivazioni del ritiro: "La realtà è che ogni allenamento, ogni partita è stato un calvario negli ultimi tre anni. Dopo ogni operazione mi rendevo conto di non essere più come prima, ma la voglia di giocare ha fatto il resto. Ho preso antinfiammatori, ma non rendevo più come desideravo"

Alla fine, la drastica decisione: "Da tempo mi vergognavo ad allenarmi con i miei compagni perché ero al 30% della mia condizione ma alla fine sono sempre andato avanti e quando arrivava la partita, grazie all’adrenalina giocavo i miei 90 minuti, ma prendevo in giro tutti, me compreso"

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