Calcio, Ciclismo e un cuore milanista: chi era Giorgio Squinzi, appassionato di sport
C'è una data scolpita indelebilmente nella storia del Sassuolo: il giorno della storica promozione in Serie A, il 18 maggio 2013. E c'è un nome che rimarrà nella memoria di ogni tifoso neroverde: quello di Giorgio Squinzi. Nato a Cisano Bergamasco, paese natale di Roberto Donadoni (uno dei tanti giocatori rossoneri per i quali ha sempre tifato), il patron di Mapei e presidente di Confindustria è stato l'artefice principale del miracolo Sassuolo. Città e tifosi devono infatti molto a questo lungimirante imprenditore. Soprattutto l'inizio della storica cavalcata del piccolo club neroverde, cominciata dai campi spelacchiati della Serie C2 fino a quelli della Serie A: campionato che il Sassuolo sta giocando per la settima annata consecutiva.
L'esempio da seguire
Lo sbarco nella massima serie, che allora era da molti considerato come una folle utopia, Giorgio Squinzi lo ha invece voluto, cercato ed infine ottenuto con caparbietà, con una perfetta gestione societaria e con un'invidiabile capacità di scegliere gli uomini giusti e di affidare a loro la parte prettamente sportiva del club. Insieme ai suoi allenatori (tra questi Massimiliano Allegri e ovviamente Eusebio Di Francesco) e al suo braccio destro Giovanni Carnevali, il patron emiliano è stato capace di fare di Sassuolo e del Sassuolo Calcio un modello invidiabile: un "format" di sana gestione sportiva, che ancora oggi in molti prendono ad esempio.
Dal Ciclismo al miracolo Europa League
Dopo una vita passata nel ciclismo, dove la sua Mapei riuscì a dominare a livello mondiale, Squinzi ha lasciato un'impronta importante anche nel calcio. In un mondo dove molti proprietari di club continuano ad aver grandi problemi economici, l'ex presidente del Sassuolo è invece riuscito a tenere i conti in ordine, a dotarsi di uno stadio di proprietà e a costruire, anno dopo anno, una squadra in grado di regalare soddisfazioni (memorabile quella della partecipazione all'Europa League del 2016/2017) e soprattutto di rimanere nel salotto buono del calcio italiano. A piangerlo sono in primis i suoi lavoratori, i tifosi della squadra neroverde e tutti quegli allenatori e giocatori che hanno avuto la fortuna di condividere insieme a lui il miracolo Sassuolo.