Cagliari in zona Europa, cinque ragioni per sognare in grande
Improvvisamente, ecco Cagliari. Ripida e dorata, fiera e sorpresa della sua diversità. Una città orgogliosa si specchia in una squadra che la rappresenta, che le somiglia, che fa sognare in grande. E nessuno, dopo due sconfitte nelle prime due partite, avrebbe pensato di vederla lì, ai margini della zona Champions League, a guardare l'Europa mentre si avvicina la notte delle streghe. Notte prima del prossimo esame, contro l'Atalanta quarta. Un bastione da scalare per disegnare un altro tempo, per orientare lo sguardo verso un altro percorso.
Il valore della difesa
Nell'anno dello scudetto, dopo dieci giornate il Cagliari aveva ottenuto sei successi e quattro pareggi: vuol dire 22 punti, assegnandone tre per vittoria. Il Cagliari di Maran viaggia sulle spalle dei giganti. Nel ricordo dello scudetto e di un'altra partenza da grande illusione, quella della stagione 1979-80, con Gigi Piras e il futuro campione del mondo Franco Selvaggi. Allora, i rossoblù avevano subito tre gol nelle prime nove partite, prima di cedere in casa della Juventus. Quest'anno, Olsen e Rafael ne avevano incassati otto prima delle due reti subite contro il Bologna: si trattava del miglior rendimento difensivo dei sardi, allo stesso punto della stagione in Serie A, da quel 1979. E in Serie A la difesa, più dell'attacco, è il segreto del successo. Maran ha trovato in Luca Ceppitelli la guida del reparto, anche nella sempre più ricercata fase di costruzione del gioco dal basso, è il giocatore di movimento con più di una presenza che effettua più lanci lunghi nella rosa. Ed è comunque il quarto in assoluto per media di passaggi tra i calciatori rossoblù, 33.8 a partita.
Cambio di mentalità
Dopo le prime due sconfitte, il Cagliari ha cambiato marcia. Ha cambiato testa. A Torino, contro i granata, si è vista bene la differenza rispetto al passato. La squadra di Maran anche in trasferta non si accontenta del pareggio. Aggredisce gli spazi, alza i centrocampisti, propone gioco fra le linee. Prova a vincere, contro tutti. La fiducia porta entusiasmo, i risultati garantiscono convinzione. I numeri premiano.
Terza miglior difesa, dieci gol subito come Inter e Lazio, il Cagliari ha il settimo miglior attacco della stagione. Non cerxa il fraseggio, è quartultima per possesso palla e terzultima per media tiri (10.8 a partita). E' una delle squadre che crossa di più in Italia, 19.6 tentativi di media secondo i dati Whoscored, anche se solo 4.2 finiscono a destinazione. Maran ha disegnato una formazione dal calcio veloce e verticale che preferisce il lancio lungo alla ricerxa dell'uno contro uno. Questa compattezza verticale si traduce nell'assenza di reti incassate finora nel primo quarto d'ora delle partite.
Nandez, che bella scoperta
Squadre così, che difendono con tanti uomini e si distendono velocemente nello spazio, hanno bisogno di centrocampisti che sappiano essere utili nelle due fasi. Meglio ancora se da un'area all'altra. Centrocampisti universali come Nahitan Nandez, che ha dimostrato subito di valerli tutti i 18 milioni investiti per portarlo in Italia dal Boca Juniors. L'uruguayano ha da subito superato i confini, un po' abusati, del centrocampista di quantità, e le ormai stantie associazioni con la garra. Certo, il suo lavoro di cucitura, contrasto, recupero del pallone restano elementi chiave nella costruzione tattica del Cagliari. Ma Nandez cambia passo quando la palla ce l'ha lui. Ha creato 13 occasioni e servito due assist finora.
Nandez è il jolly delle transizioni fulminee negli spazi di mezzo, perché gioca da mezzala ma si allarga presto, come in nazionale. Nella Celeste Oscar Tabarez, maestro che a Cagliari ha messo tasselli di storia calcistica difficilmente eliminabili dalla memoria, lo schiera ala pura nel 4-4-2. "C’è una particolarità, perché in tutti i club in cui sono stato c’è stato anche lui. Peñarol, Boca e Cagliari. Sembra uno scherzo ma è così. E io lavoro con lui anche in nazionale. Nell’ultima partita abbiamo parlato di quello che è il club, i tifosi e l’ambiente. È sempre utile ascoltare una persona come il Maestro" ha detto in un'intervista a DAZN.
Nainggolan, jolly di personalità
I 200 tifosi che l'avevano accolto all'aeroporto evidentemente avevano compreso il valore del suo arrivo, insieme alla scelta di un equilibratore come Marko Rog. Un valore che, nei fatti, ha contribuito a far risaltare anche l'acquisto da copertina dell'estate, il ritorno di Radja Nainggolan. "Tutti stanno dando tanto, ma Radja ci sta dando una personalità pazzesca" ha detto a Sky il presidente Giulini. "Somo contento per i ragazzi, visto che mi ero giocato il primo jolly bonus e se lo sono presi”.
Alle serate "alcooliche" ha detto di non rinunciare, non sarei me stesso. Ma la versione di Nainggolan in campo a Cagliari è quella dei giorni migliori. Tornare a casa gli ha fatto bene. E ha aggiunto un altro tassello alla sua lunga storia d'amore con l'isola che l'ha reso grande. Ha segnato infatti in tutti i quattro stadi che il Cagliari ha chiamato "casa" durante la sua permanenza: Sant'Elia, Is Arena, Sardegna Arena e anche il Rocco di Trieste dove i sardi hanno giocato le prime gare interne della stagione 2013-2014.
Joao Pedro e Simeone, coppia d'oro
Nainggolan ha servito anche un assist da campione al "Cholito" Simeone che ha completato l'opera col tocco sotto di destro sull'uscita di Skorupski. "Un grande assist da parte di un grande giocatore. Quando stava a Roma mio padre avrebbe voluto portarlo all’Atletico" ha detto Simeone che non segnava dal 20 settembre. Il nuovo avanza ma non cancella il valore di chi a Cagliari ha vissuto la retrocessione e il ritorno in alto, ha attraversato il buio anche personale per rivedere la luce. Joao Pedro, sempre in campo e mai sostituito quest'anno, è a Cagliari dal 2014.
Ha segnato cinque reti finora e si gode questo cambio di spirito, questo nuovo percorso, questo allargamento degli orizzonti. "E' cambiata la mentalità: il Cagliari negli ultimi anni ha sempre giocato per salvarsi. Ora, con questa rosa, si deve fare di più. Vogliamo dare fastidio a tutti. L’entusiasmo si sente ed è giusto che ci sia, ma solo per chi vive fuori dal campo". In campo, sottintende ma non troppo, la troppa soddisfazione rischia di diventare pericoloso appagamento. E senza la fame sportiva, la foga per conquistare un metro di campo di più e un secondo prima degli avversari, il Cagliari perderebbe l'orgoglio della sua diversità.