Bruno Neri, la storia del calciatore antifascista che non volle fare il saluto romano
Il saluto militare dei giocatori della Turchia, fatto dopo gli incontri con Albania e Francia, ha creato enormi polemiche, da più parti sono state chieste delle sanzioni alla nazionale turca, la Uefa deciderà più avanti, e ha riportato alla luce la storia di Bruno Neri, un calciatore, attivo in particolare negli anni ’30, che rifiutò di fare il saluto romano durante una partita a Firenze. Neri morì nel 1944 da un partigiano.
La carriera di Bruno Neri
Bruno Neri nacque a Faenza in Emilia Romagna, dopo aver giocato con la squadra della sua città passò al Livorno e poi alla Fiorentina, di cui divenne una bandiera, conquistò una promozione in Serie A e vestì la maglia viola per sette stagioni, giocò anche per Lucchese e Torino. Disputò anche tre partite con l’Italia.
Quando Neri si rifiutò di fare il saluto romano
Nel 1931 la Fiorentina inaugura la stadio Giovanni Berta, l’attuale Franchi. Ci sono tutti gli stati maggiori del fascismo della Toscana e del governo, anche se manca Mussolini. Ovviamente tutte le attive contrarie o di protesta al regime sono viste malissimo. Quando le squadre entrano in campo tutti i calciatori fanno il saluto romano, meno uno: Bruno Neri, che rimane con entrambe le braccia lunghe sui fianchi. Un gesto estremamente significativo quello di Neri, che era un’antifascista.
La morte di Neri da partigiano nel 1944
In pochi si comportarono così in quegli anni, molti dei calciatori più noti erano a favore del fascismo. Neri no, Vittorio Pozzo lo convocò in nazionale, con cui giocò tre partite tra il ’36 e il ’37. Quando iniziò la guerra terminò la sua carriera da calciatore, qualche anno dopo Neri entrò nella resistenza, lottò con i partigiani fino al 10 luglio del 1944 quando viene sorpreso, con Vittorio Bellenghi, a Marrodi nei pressi dell’eremo di Gamogna. I due partigiani vennero uccisi da una raffica di mitragliate. A nemmeno 34 anni morì Bruno Neri.