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Bruno Longhi: “Pizzul scriveva numeri di maglia e nomi su un foglietto, non aveva bisogno d’altro”

Telecronista a MonteCarlo e poi a Mediaset, il giornalista ha sintetizzato cosa ha rappresenta (e rappresenta) Pizzul per il mondo delle telecronache. “Competenza tecnica, padronanza lessicale, umiltà. Era la voce del calcio ma il successo non l’ha mai cambiato”.
A cura di Maurizio De Santis
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La morte di Bruno Pizzul chiude l'ultima pagina del grande racconto sportivo che fa parte di un'epoca, di un calcio e di una narrazione virate seppia rispetto all'esperienza attuale. Diversa in tutto, figlia dei tempi moderni. C'è una cosa, però, a rendere unico il telecronista che con la sua voce ha scandito tanto l'enfasi dei momenti più belli legati a Baggio, Schillaci e alle notti magiche di Italia 90 quanto il dolore e lo sgomento per la tragedia dell'Heysel. Ne parla Bruno Longhi, telecronista prima a TMC (Tele MonteCarlo) che sintetizza così cosa ha rappresentato (e rappresenta) Pizzul per quella fetta di mondo dell'informazione che arrivava nelle case degli italiani con garbo e sobrietà. "Bruno si distingueva per umiltà, competenza tecnica, padronanza lessicale. E poi aveva la voce di uno di famiglia. Gli bastava scrivere dietro un foglietto numeri di maglia e nomi corrispondenti e aveva tutto quel che gli serviva".

Tutto molto bello. Ed è gol. Le sue frasi celebri, quelle che ti restano scolpite nella memoria anche se sussurrate. "La prima cosa che mi viene in mente parlando di Pizzul – ha aggiunto – è che il successo, il fatto che fosse la voce del calcio italiano, non lo hanno mai cambiato. È sempre rimasto lo stesso. Una persona eccezionale, disponibile, grande nella sua semplicità, che ti dava amicizia sincera".

Il resto faceva parte di un copione recitato a braccio, caratterizzato dalla capacità di raccontare senza impressionare per forza. "Non ne aveva bisogno, perché avrebbe dovuto? Non sarebbe stato lui se l'avesse fatto. Grazie alla padronanza di linguaggio non s'è mai trovato in difficoltà, forte di una chiarezza d'esposizione che gli derivava anche dall'esperienza di docente di lettere. Pizzul è stato il primo telecronista che ha portato un certo tipo di conoscenza diretta del mondo del calcio perché lui stesso era stato calciatore (ha giocato con Pro Gorizia, Catania, Ischia e Udinese, ndr). Quando raccontava la partita non si limitava a enunciare i nomi dei giocatori ma spiegava anche il gesto tecnico, la giocata. Tutto questo lo rendeva unico nel suo genere anche se non disponeva dei mezzi di oggi".

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Internet, il web, i social. I tempi della comunicazione sono cambiati in maniera vorticosa e con essi anche il modo di recepire/fornire informazioni agli utenti/spettatori, al pubblico che adesso può scegliere rispetto al passato l'interpretazione che maggiormente lo soddisfa. Migliore o peggiore se messa in controluce con Pizzul?

"Sicuramente diversa perché diverso è il contesto e perché adesso il livello s'è alzato molto. Com'è naturale che sia perché ora il mondo delle telecronache s'è allargato, è divenuto più variegato. E da un certo punto di vista questo è anche un bene perché spinge tutti a migliorarsi. Al di là della competizione e degli eccessi di alcuni, che pure possono piacere perché una valutazione del genere attiene sempre alla sfera personale dello spettatore, credo sia giusto dire che ogni epoca ha i suoi interpreti. Ma Bruno resta indimenticabile e un esempio per tutti".

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