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Bonucci smaschera Allegri: “Sono scappato dalla Juve, ho vissuto mobbing per un gioco di potere”

L’ex difensore bianconero e della Nazionale ha parlato di com’è andata a finire con la Juve e perché, quale ruolo ha avuto Allegri e il rapporto compromesso con il tecnico. “Qualcuno aveva deciso che doveva andare per forza così”.
A cura di Maurizio De Santis
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Un grande amore e un grande dolore. Ecco cosa è stata la Juventus per Leonardo Bonucci. A 37 anni, dopo il ritiro e aver messo il cuore in pace giocando scampoli di carriera a Berlino e in Turchia, ne parla con l'animo gonfio dei ricordi belli e graffiato da quelli brutti. I più recenti gli hanno lasciato un retrogusto amaro per com'è finita con il club e il trattamento ricevuto (ha parlato anche di mobbing per il periodo trascorso fuori rosa), per il rapporto controverso e per la diatriba con Massimiliano Allegri.

Nella lunga chiacchierata con Gianluca Gazzoli a Passa dal BSMT l'ex difensore bianconero e della Nazionale parla senza filtri e senza "maschere" che – dice fiero – non ha mai indossato. Nel bene e nel male è sempre stato se stesso. Alla ‘vecchia signora' ha dato e anche di più, ha ricevuto moltissimo ma c'è una cosa che resta cicatrice aperta.

Il mio sogno era chiudere con la maglia della Juve, ma dopo più di 500 partite non ho avuto nemmeno il saluto che meritavo e merito per tutto quello ho dato. È un colpo che non mi sarei mai aspettato. Altri, che hanno fatto meno di me, hanno ricevuto riconoscimenti. Io, invece, mi sono sentito come se stessi scappando. Avevo rabbia dentro di me perché avevo comunque vissuto il mobbing, era rabbia verso chi aveva preso quella decisione di mettermi fuori rosa e non verso la Juventus perché per me è sempre stata tutto.

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Non aveva provato sensazioni del genere nemmeno quando lasciò la Continassa alle spalle per andare al Milan. Allora era diverso, non c'erano più i presupposti in quel momento per restare a Torino (il riferimento è al rapporto incrinato con Allegri). E San Siro rappresentava il giusto palcoscenico dal quale ripartire.

Anche quando sono andato via è perché non volevo rappresentare un problema all’interno dello spogliatoio. Al presidente lo avevo detto: devo andare via da qua per tutto quello che è successo, qua non posso stare. Per come sono fatto, sarei deleterio per lo spogliatoio. E mi hanno anche venduto poco rispetto al vero valore del calciatore di quel momento.

Tanta inquietudine ha un nome e un cognome: Massimiliano Allegri. La figura che al centro della sua storia è come il diavolo che ci mette la coda e ti fa inciampare, ma resti in piedi perché in fondo quello è il tuo mondo. Crollato anche quello, per il ciclone delle inchieste che portò all'azzeramento dell'intero CdA made in Agnelli, è rimasto tremendamente solo, abbandonato a se stesso, lasciato al suo destino, messo da parte senza alcun rispetto per i migliori anni della sua vita dati alla Juve.

Il direttore Giuntoli mi disse: non rientri più nei nostri piani, sei fuori rosa. Mi sembrava uno scherzo… dopo 500 partite ricevere il benservito così. Invece era tutto reale, mi allenavo alla sera o alla mattina quando la squadra non c’era. Se me lo avessero detto l'anno prima, lo avrei anche accettato. A me invece dissero che, sì, avevano altre priorità ma che avermi nel gruppo era importante. Io, però, lo so che è stato un gioco di potere, ma avrei preferito una conclusione diversa. Qualcuno aveva deciso che doveva andare per forza così.

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Qualcosa aveva annusato nell'aria. Articoli di giornale, servizi, titoli su "Bonucci fuori dal progetto" e altre voci sul futuro erano stati un segnale chiaro. L'ex centrale tira in ballo anche questa argomentazione come pezzo di un puzzle.

Quelle cose a qualche parte arrivavano. Qualcuno diceva di scrivere in quella maniera per dare segnali. E io avevo già capito… anche se non sei mai preparato a certe cose, soprattutto dopo una carriera importante come la mia alla Juve.

Cosa è successo con Allegri? Perché si è arrivati a una rottura insanabile. mai ricomposta nemmeno con il suo ritorno a Torino dopo un solo anno a Milano? Poco alla volta, Bonucci mette a posto tutti i tasselli del mosaico. A cominciare da quello che in gergo si usa dire ‘due persone che non si prendono'. Incompatibilità caratteriale tra personalità forti, certo. Ma c'è stato anche dell'altro che ha fatto la differenza in negativo: quella chiarezza nei rapporti, quel dirsi tutto in faccia che in altri allenatori ha trovato e in Allegri no.

La discussione era nata perché io dicevo dal campo di sostituire Claudio Marchisio che era rientrato dall'infortunio al ginocchio e andava tolto in previsione dell'ottavo di Champions. Per noi Claudio era un giocatore fondamentale e quindi urlavo dal campo di cambiarlo anche se lui non voleva uscire. E Allegri cambiò Rincon con Sturaro… A quel punto io urlai: ma devi cambiare Claudio perché non ce la fa più, è morto! Giochiamo fra tre giorni! Non so se Allegri ha capito qualcosa di diverso… ci furono urla pesanti in campo e poi tutto si trasferì nello spogliatoio.

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La conseguenza fu l'esclusione dalla partita di Champions e lo sgabello in tribuna a Oporto. La mediazione delle altre figure di spicco dello spogliatoio (Buffon, Chiellini, Barzagli) fu decisiva per smussare le asperità e far sì che il caso rientrasse.

Gigi, Giorgio e Andrea insieme ai dirigenti hanno mediato sia da una parte che dall'altra e alla fine da quando sono rientrato nella partita di campionato successiva ho sempre giocato. Ma tutto questo poi ha contribuito al motivo per cui poi nell'estate ha deciso di andare. Dissero anche che io avevo litigato con con tutti praticamente tra il primo e il secondo tempo di Cardiff e non era assolutamente vero io non avevo litigato con nessuno.

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Milan, di nuovo la Juve poi la parla fine. Questa volta senza appelli né opere di diplomazia anche perché il vento era cambiato.

L'ultimo rapporto che ho avuto è stato dopo la partita a Udine – haa ggiunto Bonucci -. Ci siamo salutati dopo essere rientrati dalla trasferta, come sempre a fine stagione. L'addio alla Juventus a me è stato comunicato dal direttore. Ma se c'era una persona che poteva farlo doveva essere lui dopo aver fatto 8 anni assieme. In un rapporto umano un minimo di rispetto e di riconoscenza ci debba essere. La decisione di farmi fuori poteva benissimo comunicarmela la società, ma un confronto dopo tutti gli anni insieme sarebbe stato il minimo.

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