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Berardi incapace di segnare a porta vuota: la mediocrità del calcio italiano in un’immagine

L’inconsistenza offensiva azzurra è stata determinate per la sconfitta contro la Macedonia e l’esclusione ai Mondiali in Qatar: 35 tiri in 90 minuti, 5 nello specchio, zero gol.
A cura di Alessio Pediglieri
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Trentacinque tiri, zero gol. La partita contro la Macedonia si può tristemente racchiudere in questa statistica che indica la oramai cronica incapacità degli azzurri a trovare la via del gol. Perduta, come i Mondiali in Qatar, un fallimento irrimediabilmente concretizzatosi al 92′ con il tiro a fil di palo di Trajkovski dove Donnarumma si è allungato, senza arrivarci. Così come l'Italia che non arriverà all'appuntamento che già quattro anni fa svanì sotto la gestione di Ventura, crollata sotto i colpi svedesi e oggi, davanti alla mediocrità di una avversaria che di tiri in totale ne ha fatti solo 4, di cui uno, però, nel modo giusto.

Proprio questo è il motivo per cui oggi l'Italia intera piange un secondo Mondiale consecutivo da esclusi e, forse, ancor più doloroso non solamente perché non ci saremo da campioni d'Europa in carica, ma anche perché nella kermesse qatariota del prossimo dicembre, tutto si fermerà e con la distrazione del campionato che non c'è, sarà ancora più drammatico dover assistere in poltrona le avventure altrui. Demerito di un gruppo che si è piano piano – ma inesorabilmente – consumato dalla notte di Wembley fino ad arrivare a quella di Palermo in preda ai propri fantasmi.

Inutile girarci intorno, l'Italia è stata eliminata perché non sa più segnare: onore alla Macedonia che ha svolto una gara di lotta e governo, sfruttando l'occasione giusta al momento giusto e che adesso ha il legittimo sogno da cullare per beffare un'altra grande, il Portogallo di Ronaldo che ha pur stentato con la Turchia. Gli azzurri possono e devono recriminare solamente nei confronti di sè stessi e per avere palesato in oltre 90 minuti una evidente incapacità di andare in gol. La fotografia è quella di Domenico Berardi che a porta vuota accompagna il pallone tra le braccia di Dimitrievski al 30′, dopo che lo stesso portiere macedone aveva a suo modo imitato Donnarumma in Real Madrid-Psg regalando il pallone agli avversari e consegnandosi alla sconfitta.

Le amare stats che evidenziano l'incapacità azzurra in attacco
Le amare stats che evidenziano l'incapacità azzurra in attacco

Il bomber del Sassuolo, che in campionato sta facendo faville con 14 gol all'attivo e ben 10 assist che ne fanno tra i più prolifici attaccanti italiani del momento, dietro al solito Immobile, è la cartina tornasole della nostra qualità in campo internazionale: quando si tratta di giocare in Serie A fenomeni, poi assoluti comprimari oltre i confini. Berardi, insieme a Immobile e a Insigne, a Jorginho e Verratti, non è mai riuscito a scardinare la difesa macedone creando vere occasioni pericolose, con l'Italia che ha sempre tenuto il colpo in canna, inceppandosi puntualmente davanti ad un bersaglio mai mirato con convinzione. Probabilmente sono state determinanti anche le scelte di un Mancini in balìa di se stesso, con 10 esclusioni dal novero dei 23 che avevano fatto (e faranno ancora) discutere.

Una disfatta che ha il sapore di un viaggio senza ritorno: è caduta anche l'ultima roccaforte azzurra, quel ‘Barbera' che tanto aveva fatto sperare i tifosi, accorsi a occupare, per la prima volta dopo l'inizio della pandemia, uno stadio al 100% della sua capienza. E che parte da lontano: senza contare la ‘bolla' degli Europei vinti, lo scenario azzurro era desolato e desolante ancor prima della sfida alla Macedonia. Si arrivava con i quattro miseri pareggi nelle ultime cinque uscite nel girone delle Qualificazioni contro Bulgaria, Svizzera e Irlanda e quei due miseri gol (Di Lorenzo e Chiesa), con un'Italia che ha annoverato sempre al 90′ il totale dei tiri in porta in doppia cifra (fino ai 27 nell'1-1 con i bulgari) senza mai raccogliere (quasi) nulla.

Il punto non è che l'Italia non ci abbia provato nella notte del ‘Barbera', anzi. È proprio questo il discorso (e il problema): i 35 colpi (a vuoto) ne sono testimonianza e nel quarto d'ora decisivo, e in vista dei supplementari, abbiamo finito con tutte le armi da fuoco in campo, cambiando gli attori, inserendo Raspadori e Joao Pedro, Lorenzo Pellegrini e Tonali, in cerca del gesto risolutore. Nulla di tutto ciò è arrivato e se si pensa che in tribuna sono rimasti a guardare allibiti i vari Belotti, Zaniolo, Scamacca, che il gruppo in campo (tolta una difesa dimezzata) era lo scheletro della cavalcata europea, l'amarezza e la convinzione che qualcosa di più e meglio si sarebbe potuto (e dovuto) fare, resta. Perché a volte provarci non basta, bisogna riuscirci.

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