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Beppe Signori a Fanpage: “L’arresto il momento più brutto, ora vorrei allenare nel segno di Zeman”

Beppe Signori a Fanpage.it ha raccontato la sua vicenda giudiziaria e in che modo vuole riannodare adesso la sua vita con il passato, ripartendo proprio dal calcio.
A cura di Vito Lamorte
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La seconda vita di Beppe Signori. Potremmo definirla così quella che è iniziata la scorsa estate per l’ex attaccante della Nazionale Italiana che, dopo dieci anni di processi istituiti dai tribunali di Cremona, Bologna, Piacenza e Modena, è stato assolto da tutti i capi di accusa per reati legati ad un’inchiesta sul calcioscommesse del 2011. Il primo giugno 2021 è stato riabilitato dalla FIGC dopo essere stato radiato a vita e ora Beppe-gol può riprendere la sua vita dove l’aveva lasciata: il nono marcatore di sempre della storia della Serie A (188 gol) aveva conseguito il patentino da allenatore e adesso vorrebbe riannodare i fili della sua vita calcistica dopo questa parentesi dolorosa e molto complicata.

L'ex calciatore di Foggia, Lazio e Bologna è stato uno dei simboli del ‘pallone' italiano degli anni '90 e la sua vicenda giudiziaria ha creato grande dibattito tra i tifosi e nell'opinione pubblica. L’inchiesta di Cremona sul calcioscommesse ha scombussolato la sua vita ma lui ha combattuto ed è arrivato all’assoluzione piena, che è sempre stato il suo obiettivo. Signori ha raccontato la sua vicenda in ‘Fuorigioco – Perde solo chi si arrende', l'autobiografia da poco uscita per Sperling & Kupfer, in cui alterna la sua storia calcistica con i momenti più delicati degli ultimi dieci anni.

A Fanpage.it Beppe-gol ha parlato della sua vicenda giudiziaria, del suo passato da calciatore e del suo futuro, oltre ad analizzare alcune tematiche del presente come il rush finale di campionato e il momento della Nazionale Italiana.

Dopo dieci anni vissuti in un incubo, come sta oggi Beppe Signori?
"Sicuramente sto molto meglio, in ripresa dopo dieci anni difficili. Credo che bisogna sempre guardare avanti e che il futuro sarà più roseo del passato".

Qual è stato il momento che l’ha più toccata della sua vicenda giudiziaria?
"Sicuramente il giorno dell’arresto. Quando ti ritrovi con due poliziotti, portato in questura, ti fanno la foto segnaletica, ti fanno l’impronta digitale… sono cose che hai visto soltanto nei film".

Ha dedicato ai suoi figli il libro in cui ripercorre tutta la sua vicenda: ci spiega il motivo?
"Perché in quel momento si sono trovati, forse più di me, coinvolti in questa situazione e io come padre non sono stato così vicino a loro come tutti i papà dovrebbero essere. È stata una dedica di scuse, era doveroso per me. Il libro l’ho scritto perché volevo raccontare quello che ho vissuto e quello che ho passato, non solo la mia carriera sportiva, che era più conosciuta; ma anche quella giudiziaria, che tanti non conoscevano".

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C’è qualcosa che avrebbe voluto fare nella sua carriera, e non ha fatto; e qualcosa di cui si pente? 
"L’unica cosa di cui mi pento è il fatto di aver rinunciato a giocare una finale del Mondiale perché volevo fare l'attaccante, se avessi accettato un ruolo come il resto del torneo probabilmente l’avrei disputata. Con l’esperienza di oggi giocherei anche al posto di Pagliuca. Per il resto sono soddisfatto di tutto: ho vinto tre volte la classifica cannonieri e sono stato due volte miglior marcatore della Coppa Italia. Sono andato oltre le aspettative che avevo".

Ha ricordato spesso la protesta dei tifosi della Lazio quando Cragnotti aveva deciso di venderla al Parma: qual è il suo legame con la piazza biancoceleste? 
"È sempre stato un rapporto di amore, per la maglia della Lazio avrei fatto qualsiasi cosa. Era la mia seconda pelle. È ovvio che questo attestato di stima mi ha reso orgoglioso di aver difeso per cinque anni quei colori".

Ancora oggi a Foggia ricordano Zemanlandia con gli occhi lucidi e qualche settimana fa è tornato allo Zaccheria: ci racconta il suo rapporto con Zeman, come si è evoluto dagli inizi a oggi?
"È rimasto sempre simile. Ho avuto la fortuna di averlo per sette anni, è un rapporto che va oltre quello normale tra allenatore e giocatore. Ho un forte legame con la città e con i tifosi. Ci siamo regalati delle grossissime soddisfazioni e per questo Zemanlandia è ancora nel cuore di tante persone".

Il ‘rigore alla Signori’ è nella storia del calcio italiano: come nacque quel modo di battere dal dischetto?
"È nato guardando un campionato mondiale di freccette e da lì è venuta l’idea di calciare il rigore da fermo. Non serve tanta potenza ma serve precisione, come fanno con le freccette. Così ho provato, affinando la tecnica. Ho notato che il portiere, non prendendo la rincorsa, aveva una postura diversa e aveva un ginocchio più basso, questo significava che stava spingendo per andare dalla parte opposta. Capito anche questo trucchetto è stato tutto più semplice. In allenamento ne ho sbagliato qualcuno in più, ma in partita forse 5-6. Una buona media, comunque".

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A Bologna ha vissuto una seconda giovinezza: quel periodo fu una rivincita verso chi l’aveva messo un po’ in secondo piano? 
"Più che una rivincita Bologna per me è stata una rinascita. Arrivavo 30enne con un problema fisico importante, ero stato operato all’ernia del disco, e ho trovato un centro come l’Isokinetic che mi ha riabilitato al 100%. Devo dire grazie a loro e al Bologna, che ha creduto in me al 100%. Credo che ci siamo tolti subito delle soddisfazioni vincendo l’Intertoto e arrivando in semifinale di Coppa UEFA e Coppa Italia. Erano bei momenti, si girava l’Europa e abbiamo lasciato anche lì un grande ricordo. Poi sono rimasto qui anche per i figli: è una grande città ma a dimensione d’uomo, è bella e si vive tranquillamente. Per il dopo calcio è l’ideale".

Lei ha fatto un percorso vero tra le varie categorie, prima di approdare ai massimi livelli ma si è mai chiesto in che modo sarebbe cambiata la sua carriera se nelle giovanili dell’Inter, a 15 anni, l’avessero scelta al posto di Pizzi?
"Sì, probabilmente non avrei fatto la stessa carriera. È vero che lì si prendeva una specie di scorciatoia però è difficile uscire e debuttare in Serie A con la squadra delle giovanili. Sono molto contento del mio percorso. Insieme a Inzaghi sono l’unico calciatore che dall’Interregionale è arrivato a giocare un Mondiale e questo è motivo di grande soddisfazione".

Il campionato si sta per concludere e c’è grande equilibrio in vetta: che idea si è fatto?
"Dopo anni in cui vinceva la Juve e dopo che l’Inter ha vinto con un certo distacco, finalmente nel campionato italiano mi sembra ritornato un certo equilibrio in tutte le fasce. Sia per lo Scudetto che per la Champions e per chi lotta per non retrocedere, finalmente un campionato equilibrato e anche chi lo vive da fuori lo fa con maggiore entusiasmo perché fino alla fine c’è suspence. Il Milan è favorito ma mancano ancora diverse giornate".

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La Juve è tornata in corsa?
"Dipende molto dalle prime tre, perché è difficile che tutte possano avere una flessione. La Juve ha perso troppi punti nel girone d’andata e adesso è in netto recupero, ma la vedo dura".

Cosa pensa delle difficoltà della Nazionale dopo la vittoria di EURO 2020: come arriviamo ai play-off per Qatar 2022?
"Arriviamo consapevoli che è un traguardo da raggiungere a tutti i costi. Ci può essere un po’ di flessione dopo la vittoria dell’Europeo, soprattutto mentalmente, ma io credo che l’Italia abbia tutte le qualità per poter andare ai Mondiali".

Lei era convinto di giocare titolare la finale di USA ’94 dopo l’infortunio di Baggio: cosa accadde nei giorni precedenti alla partita di Pasadena? 
"Io fui provato da titolare perché Roby non si allenò nei tre giorni prima ed ero convinto di giocare. È ovvio che se fossi stato nei suoi panni avrei fatto la stessa scelta, visto che si giocava una finale. Se giocava lui io sarei stato fuori, visto che avevo chiesto a Sacchi di farmi giocare solo da attaccante, quindi mi sono giocato la mia possibilità".

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Ci sono dei calciatori che l’hanno impressionata più di altri nella sua carriera, sia tra i compagni che tra gli avversari?
"Sicuramente sì. Da Boksic a Baggio, da Riedle a Batistuta, da van Basten a Batistuta fino a Zidane e Ronaldo il Fenomeno. Sono tanti i calciatori che mi hanno impressionato e sono orgoglioso di aver condiviso dei momenti con dei campioni di questo calibro".

Non ha mai nascosto la sua voglia di allenare: che tipo di allenatore è Beppe Signori?
"Nel 2010 il mio sogno, dopo la carriera calcistica, era quello di allenare. Ho conseguito a Coverciano il patentino UEFA Pro A che mi permette di allenare qualsiasi squadra e nazionale. Ad oggi so di aver perso dieci anni, forse i più importanti per un allenatore, perché comunque appena finisci di giocare sei ancora in attività. Adesso mi piacerebbe rientrare magari allenando la squadra di un settore giovanile, credo di avere l’esperienza per insegnare ai ragazzi e la mentalità è quella di un maestro come Zeman: 4-3-3, mi difendo attaccando".

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