Bastoni papà di Azzurra, se avrà un’altra figlia la chiamerà Nera: “Così avremo Nera-Azzurra”
La carriera del difensore interista Alessandro Bastoni è sicuramente in ascesa, ma ci sono state tappe e persone fondamentali che lo hanno portato a diventare, a soli 23 anni, titolare e campione d'Italia nell'Inter e campione d'Europa con la Nazionale. Alcune di queste sono sicuramente i suoi allenatori, come Antonio Conte e Gian Piero Gasperini, capaci di valorizzarlo e altre sono rappresentate dai suoi esordi, dagli aiuti della propria famiglia e da episodi di vita privata che lo hanno segnato. Il giovane difensore si è raccontato a 360 gradi in un'intervista ai microfoni di DAZN.
Bastoni ha voluto prima di tutto rivelare come ha dato i primi calci al pallone: "Ho iniziato a giocare all’oratorio con i miei compagni di scuola, anche perché – confessa – sono sempre stato un bambino molto timido e facevo fatica a relazionarmi con gli altri ragazzi della mia stessa età. Mi tornano alla mente tanti momenti positivi, se sono quello che sono adesso lo devo sicuramente anche a quelle persone che circondano questo ambiente. Sarò per sempre grato a loro”.
Dall'oratorio è poi partito però un percorso, grazie all'intuizione di una sua compagna di classe: "Al provino per l’Atalanta mi ha portato il papà di una mia compagna di classe. Lei gli ha detto che c’era un suo amico che era bravo e lui che era un osservatore del club è venuto in oratorio a vedermi. E’ stato così che sono arrivato all’Atalanta all’età di sette anni. Ci sono rimasto fino ai diciannove anni”.
Ma il talento del giovane difensore non sarebbe mai stato riconosciuto a questi livelli senza il prezioso aiuto della sua famiglia, senza la quale, secondo Bastoni "si fa fatica a raggiungere certi risultati". Il legame, in particolare, col suo fratello maggiore e con suo padre è molto forte. Lo dimostra il fatto stesso che il difensore porti il numero 95 sulle spalle: "È stata una promessa fatta a mio fratello perché è nato nel 1995 – racconta – Mio padre tutt’ora di dice che era più forte di me, ma che non aveva la mia testa. Abbiamo un grande rapporto”.
Dopo il prestito al Parma di D'Aversa, che lo ha fatto affermare dandogli continuità e mettendo in risalto tutte le sue qualità, Alessandro è tornato all'Inter che lo aveva acquistato già nel 2017 ma lasciandolo in prestito all'Atalanta. Qui ha trovato Conte, sempre pronto a dare occasioni ai giovani di talento, così come fece ad esempio a Bari con Ranocchia e Bonucci. "È stato lui che mi ha consacrato – ammette il classe 99 – A lui devo veramente il 90% di ciò che sono oggi. Mi ha trasmesso realmente tanto sia dal punto di vista tecnico che dal punto di vista della mentalità. Non è da tutti far giocare in una squadra come l’Inter un ragazzo di venti anni".
Ancor prima di lui, è stato però Gasperini a dargli fiducia, aggregandolo alla prima squadra della formazione orobica: "Gasperini è stato fondamentale per me. Avevo sedici o diciassette anni e mi ha subito chiamato in prima squadra. Quella era un’Atalanta che puntava già all’Europa ed era quindi una grande squadra. Lui ha avuto il merito di puntare su me fin da subito ed io sono stato bravo a ripagare la sua fiducia. E’ stata una persona fondamentale per il mio percorso".
Grazie ai due allenatori è così riuscito a realizzare il proprio sogno, cioè quello di giocare nella "Scala del calcio": "San Siro per me è sempre stato un sogno ed esserci arrivato a giocare è un motivo di grande orgoglio. Spero di farlo ancora per molti anni – prosegue – i risultati ottenuti fin ora spero siano solo l'inizio del mio percorso che spero possa ancora regalare a me e ai miei tifosi tante gioie”.
Oltre ai risultati sportivi, il 23enne è già padre di una bambina, di nome Azzurra Agnese. Per quanto riguarda il primo nome, Bastoni dice ridendo: "Se facciamo un'altra figlia, pensiamo di chiamarla ‘Nera', così avremo Nera e Azzurra".
Dietro il secondo, invece, c'è una storia molto particolare, che unisce la sua vita privata con quella professionale: "Agnese era una mia amica con la quale siamo stati insieme a scuola dall’asilo fino alla seconda superiore. Ero via in Norvegia con la Nazionale U16 e mio padre mi invia un messaggio con il quale mi ha avvertito che era morta. Non è stato facile, eravamo migliori amici, ma io cerco sempre di prendere la parte bella delle cose. Per me è come se non fosse mai andata via. Prima di entrare in campo faccio sempre un gesto per lei e prima di andare a letto la penso e le parlo. E’ stata una cosa forte che ti segna e che ti fa capire realmente quali sono le cose contano realmente”.