Balotelli e il rapporto con gli allenatori: “Mancini come un papà ma il migliore è un altro”
Mario Balotelli ne ha per tutti. E quando parla, nel bene e nel male, è destinato sempre a finire sotto i riflettori. Ha (ri)trovato squadra da poco: l'Adana Demirspor che aveva lasciato alla fine dell'estate 2022, giocherà lì almeno fino al termine della stagione poi si vedrà. La Serie A la osserva da lontano, un po' gli manca e arriva perfino a lanciare la più classica delle proposte indecenti quando dice che se il "Milan ha bisogno di un vice Giroud io sono qua". Pronuncia la cosa col sorriso sulle labbra, per la serie: non è vero ma ci credo.
Fa sul serio, invece, quando sostiene che l'Inter è la favorita per la vittoria dello scudetto; che Pioli gli piace ma la sua squadra è troppo "Leao dipendente"; che la Juve è in una situazione complessa e gli fa "male al cuore vederla così"; che Vlahovic è un attaccante fortissimo ma la situazione attuale della squadra non lo aiuta; che "Garcia è una brava persona" e gli va dato il tempo necessario per lavorare sul Napoli; che, da attaccante e calciatore, comprende benissimo lo stato d'animo di Osimhen e Kvara ("se escono arrabbiati, significa che hanno ancora voglia").
La riflessione durante l'intervista a Tv Play cade anche sugli allenatori, due in particolare. Il primo è Roberto Mancini, che lo ha avuto con sé tanto all'Inter quanto al Manchester City, gli aperto (e chiuso) le porte della Nazionale. Lo definisce un "papà", al quale "devo tanto per la mia carriera" però c'è una cosa che gli rimprovera: "Ha sbagliato nell'ultima convocazione contro la Macedonia del Nord perché avrebbe dovuto chiamarmi. Però capisco che quando entri nel giro della Nazionale, da allenatore, non puoi ottenere tutto ciò che vorresti".
Poi il discorso scivola su José Mourinho e nel suo caso Balotelli si lascia andare a una frase che non ti aspetti, di quelle che ti lasciano spiazzato ma comprendi sono nel pieno stile Super Mario. Dice lo faceva "morire dal ridere" poi, però, gli passano davanti agli occhi altri esempi e spiega meglio il concetto mostrando una certa venerazione nei confronti dello Special One per quello che era capace di trarre dai calciatori.
"Non è mai stato un allenatore dal grande gioco – ha aggiunto Balotelli -. È più carismatico, ti infonde grinta e cattiveria agonistica. È arrivato alla Roma e ha vinto la Conference League, lui vince sempre. È inattaccabile. Anche Mancini all’Inter aveva la rosa, però non ha vinto come Mou".