Ascesa e caduta di Adriano, il calciatore più forte al mondo per una notte
Il 29 giugno 2005 Adriano è il miglior calciatore del mondo. E per distacco anche. Nonostante su quel campo di gioco ci siano pure Ronaldo il Fenomeno, l’altro Ronaldo, non Cristiano il portoghese, e un giovane Lionel Messi, e pure Kakà e Ronaldinho, quel giorno il brasiliano con il 9 sulle spalle è nettamente il migliore.
Quel giorno si gioca la finale di Confederations Cup fra il suo Brasile e l’Argentina di Zanetti, Cambiasso, Riquelme e Pekerman allenatore. Contro la Germania in semifinale aveva segnato su punizione con un tiro da 45 metri. Esatto, 45 metri. E sul 2-2 ha deciso quella partita rimbambendo Roberto Huth con un dribbling di potenza e freddando Jens Leahmann di sinistro. In finale questo strapotere si ripete tale e quale. Al 10’ dribbla un difensore e scarica in porta un collo sinistro che fa paura a tutti. Pensare di pararla ti faceva avere dei dubbi sulla tua stabilità mentale. E poi chiude con il 4-1 di testa, come se l’agilità vista fino a quel momento fosse solo una bazzecola rispetto alla potenza che poteva sprigionare.
Nel settembre del 2007, due anni dopo rispetto a questa giornata trionfale, l’Inter lo escludeva dalla lista Champions. Cos’era successo in 24 mesi?
“Ti rendi conto? Sei un misto di Ronaldo e Ibrahimović, puoi diventare più bravo di loro, hai tutto” – Ivàn Cordoba
Era successo che il calcio è tante cose per un ragazzo che cresce in una favela brasiliana, è il riscatto possibile, il sogno di diventare grande, il miraggio di uscire da quel posto che, anche se è la tua casa e la tua terra, lo odi, perché ti costringe a essere piccolo e povero, anche se sei un gigante e porti il nome di uno dei più grandi imperatori romani. Con il calcio puoi avere e forse essere tutto quello che vuoi, di sicuro puoi avere il rispetto di quelli che fino al giorno prima ti guardavano come un rifiuto, un altro rifiuto da scartare che veniva da Vila Cruzeiro.
“L'Adriano dell'Inter: era indescrivibile. Si è perso perché era troppo buono” – Nicolás Burdisso
Non è credibile il proverbio ormai consolidato e dato per assodato “Tu puoi uscire dalla favela, ma la favela non può mai uscire da te”. Anche questo sembra un marchio dialettico di chi guarda a questi posti con lo schifo fra le labbra. Il problema è che sia quando sei dentro che quando sei fuori hai bisogno di esempi, soprattutto se sei un ragazzo. Un esempio era il padre Almir per Adriano, il quale morì il 4 agosto 2004, momento spartiacque della sua vita.
“Ricordo che siamo al Trofeo Tim, d'estate, quando il calcio in notturna è passatempo per chi torna dalla spiaggia. Gli telefonano per dirgli: «Adriano, papà è morto». Singhiozza, non si riprende. Io, la squadra, il presidente Moratti, gli stiamo vicino come a un fratellino. Lui dedica i gol al padre, alza occhi e mani in preghiera al cielo” – Javier Zanetti
Da quel momento Adriano non ha una strada da seguire e allora si perde, ma la favela da cui viene non c’entra nulla. Ci si perde perché si cerca, si cerca sempre, mentre con quella figura di riferimento accanto si era in pace con se stessi. E allora sono arrivate la depressione, l’alcol, le donne che vogliono buttarsi via, la droga, la voglia di non giocare a calcio, forse la cosa peggiore di tutte, perché è quello che a un calciatore crea la distanza dalla realtà e dalla vita.
A nulla valgono gli altri intorno che cercano di farti tornare in scia. Tutti gli ricordano di quando sempre d’estate, il 14 agosto 2001, lui è apparso al mondo come un fulmine. Al Bernabeu, con il miedo escenico che aveva paura di lui, disintegra la rete della porta blanca con un sinistro a cui i compagni non credono. Immaginate gli avversari.
“Appena arrivato all'Inter, segna in amichevole con il Real Madrid un gol di una potenza impressionante. Mi sono detto: questo è il nuovo Ronaldo” – Javier Zanetti
Non resta isolato quel fulmine, ma non si trasforma in energia positiva perché la vita spesso ti porta dove vuole e non puoi farci mica niente. Restano le parole di chi lo ha visto e adesso può dire:
“Il talento non basta senza forza mentale” – Javier Zanetti
E di chi lo sognato, pensando in grande grazie a lui:
“Molti son nati poveri, molti son belli, forti, leali; pochi (eppur ci sono) sanno farsi il campo da soli e poi segnare, ma soltanto lui, Adriano, è una forza della natura, quella forza della natura” – Roberto Vecchioni
All’Adriano di oggi non gli si può che augurare la serenità, parola facile solo a scriversi.