Arrivabene nuovo centro del potere nella Juve: il braccio di ferro con Nedved per Allegri
Tre frasi che hanno un comune denominatore: il ruolo strategico di Maurizio Arrivabene nella Juventus in queste settimane difficili per l'avvio di stagione tremendo e il futuro del tecnico, Massimiliano Allegri. Il botta e risposta con un tifoso che chiedeva l'esonero ("lo paghi tu quello dopo?") e quel "sarebbe una follia" pronunciato per escludere al momento il licenziamento dell'allenatore fanno parte del corredo accessorio del manager che in bianconero è arrivato con il compito di rimettere un po' d'ordine in un club provato dall'operazione CR7 (a fronte di risultati sportivi al di sotto delle attese in Europa), dal ciclone pandemia e dal crollo dei ricavi.
Ma c'è dell'altro che testimonia quanto sia influente nel processo decisionale. "Se c'è da cercare un colpevole allora quel colpevole sono io". E ancora: "L'amministratore delegato è al vertice della società, sta a me farla funzionare". Infine, il riferimento alla necessità di riflettere sulle scelte più sagge da fare per coniugare esigenze sportive e di bilancio: "Siamo usciti da anni difficili che hanno pesato, non solo nel calcio. Fare processi sommari non aiuta una società come la Juventus a lavorare sulla disciplina".
Un nuova leadership rispetto al recente passato, molto vicina al presidente Andrea Agnelli, e che ha un'influenza particolare in virtù del percorso intrapreso. Ecco perché non stupisce come il retroscena della telefonata tra il massimo dirigente e l'allenatore (al quale è stata sì ribadita fiducia, sia pure con una data di scadenza dettata dai prossimi risultati) comprovi come il filo conduttore tessuto dall'alto (e lasciato nelle mani di Arrivabene) abbia preso il sopravvento, sia altro in alternativa all'ipotesi (caldeggiata da Nedved e da una parte dello spogliatoio) di approfittare della sosta per cambiare guida alla squadra.
No money, no honey. L'espressione colorita, ma molto efficace, che il dirigente utilizzò in Ferrari per spiegare ai team clienti (la Marussia-Manor) che andavano onorati gli impegni economici sulla fornitura di motori dice molto sull'approccio manageriale e si riverbera sul mandato ricevuto.
Gli è stato affidato il timone prima che la nave facesse naufragio. L'esperienza manageriale e la forte fiducia che la proprietà nutre nei suoi confronti lo accompagnano in un compito delicato: risanare e ripartire, possibilmente restando su livelli di competitività alti. Costi quel che costi. Anche al netto di sacrifici dolorosi e difficili da spiegare al tifoso, ma di una lucidità estrema sotto il profilo gestionale quando chiarì le ragioni del mancato rinnovo di Paulo Dybala: "L'arrivo di Dusan ha cambiato l'assetto tecnico della squadra e il progetto Juventus ha subito dei cambiamenti. Nessuno ha mai messo in discussione il suo valore tecnico, ma non era più al centro dei nostri piani e sarebbe stato difficile fargli un'offerta al ribasso".
No money, no honey. Un rosso a bilancio stimato in 250 milioni di euro non permette (altre) "follie" ma esige "disciplina" e scelte sagge, compreso quel male minore che per adesso è continuare con Allegri in panchina.